Il 28 Ottobre scorso Marcello Veneziani ha scritto un “taglio basso” de “Il Giornale”, all’interno della rubrica “Cucù”, intitolato “Necrologio onesto del fascismo”. Gli ho inviato all’indirizzo e-mail del quotidiano una breve missiva in cui esaminavo il suo pezzo e muovevo alcune riserve, lui mi ha cortesemente risposto subito, facendomi tra l’altro osservare che nelle 1500 battute a sua disposizione non poteva dilungarsi troppo, a mia volta io gli ho risposto dicendogli che avrei voluto riprodurre nel Blog il breve carteggio di cui ci stiamo occupando e Veneziani mi ha scritto dicendomi che se lo ritenevo utile lo facessi pure.
Vorrei riprodurre qui il brano originale e il nostro breve frammento di corrispondenza, chiudendo il tutto con una mia nota che mi auguro possa interessare qualche lettore (e perfino lo stesso Veneziani). E’ evidente che la pubblicazione è avvenuta, come dice lo stesso autore all’inizio, in occasione dell’anniversario della cosiddetta “Marcia su Roma”. La quale , appunto il 28 ottobre 1922 portò gli squadristi nella Capitale a festeggiare l’annuncio del ministero Mussolini che doveva sostituire quello di Facta. Gli squadristi erano giunti o a piedi o a bordo dei 18 BL, un camion Fiat prodotto in circa 20.000 esemplari che restò in servizio sino all’inizio degli anni ’40 e che fece parte della retorica automobilistica legata alla prima guerra mondiale e al dopoguerra fascista. Mussolini, su invito del generale Cittadini, aiutante di campo di S.M. il Re, aveva preso più saggiamente un vagone letto, inaugurando una sorta di versione morbida del colpo di stato. Sotto il fascismo il 28 ottobre era il giorno della festa nazionale forse più importante dell’anno. Come Figlio della Lupa, prima, e come Balilla Marinaretto, poi , festeggiai anche io ogni volta l’anniversario della Marcia su Roma con quella naturale inclinazione al rispetto che si respirava ovunque all’epoca. E conservai, senza assolutamente volerlo, il vago ma fermo ricordo di quella data, che mi è rimasta infitta nella memoria a dispetto di ogni sentimento d’ironia o di distacco, così come mi è accadute con altre di quel tempo. Ad esempio il 23 Marzo (fondazione dei Fasi di Combattimento) altra data sistematicamente celebrata e consacrata con l’istituzione di una divisione di camice nere che, nel 1935/36 partecipò alla conquista dell’Impero e fu poi distrutta in Libia nei primi mesi del 1941. Tralascio le altre date (compreso il 28 ottobre) a cui furono consacrate divisioni di Camice Nere e vengo immediatamente al breve ma significativo testo di Veneziani di cui fornisco sia la sia la riproduzione de “Il Giornale” che il testo molto più leggibile (qui sotto in corsivo) ricavato dal sito del quotidiano.
M.Veneziani In Rubrica "Cucù"; "Il Giornale" 28/10/11 |
“Il 28 ottobre del 1922 il fascismo marciava su Roma e io vorrei tentare in poche righe un necrologio onesto che scandalizzerà molti e scontenterà tanti. Tenetevi forte. Nei 150 anni di Italia unita il fascismo resta insuperato sul piano delle realizzazioni e delle riforme, del consenso popolare e del prestigio mondiale, dell'integrazione nazionale e sociale delle masse, dell'ordine e dell'efficacia di governo, dell'onestà pubblica e della dedizione allo Stato e all'amor patrio. Chi lo nega è disonesto, nega la realtà e la verità. È invece onesto dire che tutto questo non basta a compensare la perdita della libertà, l'imposizione e la violenza, la finzione retorica, la sciagurata alleanza col nazismo e la complicità nel razzismo e infine la passione fatale della guerra. Non si bilanciano beni e mali imparagonabili tra loro.
Chi fu fascista a babbo morto, quando era già sepolto e proibito, credette in buona fede che fosse essenziale il primo lato e accidentale il secondo; ne elogiò a suo rischio le grandi imprese e reputò i disastri frutto di errori e circostanze, cattivi alleati e pessimi nemici. Non fu così, autentici furono ambo i versanti; da qui l'interpretazione tragica del fascismo. In un necrologio onesto il fascismo grandeggia nella storia in ambedue. Mussolini resta il più grande politico italiano nella storia del '900; ma più grande non vuol dire il migliore. Grandi furono pure Stalin e Mao, tiranni sanguinari (altro che il duce). Non riusciremo a digerire il fascismo finché non diremo tutta la verità, anziché solo la metà.”
Chi fu fascista a babbo morto, quando era già sepolto e proibito, credette in buona fede che fosse essenziale il primo lato e accidentale il secondo; ne elogiò a suo rischio le grandi imprese e reputò i disastri frutto di errori e circostanze, cattivi alleati e pessimi nemici. Non fu così, autentici furono ambo i versanti; da qui l'interpretazione tragica del fascismo. In un necrologio onesto il fascismo grandeggia nella storia in ambedue. Mussolini resta il più grande politico italiano nella storia del '900; ma più grande non vuol dire il migliore. Grandi furono pure Stalin e Mao, tiranni sanguinari (altro che il duce). Non riusciremo a digerire il fascismo finché non diremo tutta la verità, anziché solo la metà.”
Questo è il testo di Veneziani ed ecco la mia breve e-mail di garbata contestazione:
Lettera a Marcello Veneziani (29/10/2011)
" Vorrei fare alcune osservazioni a proposito del “Cucù” di ieri intitolato “ Necrologio onesto del fascismo”. Credo di avere un minimo di ricordo storico del fascismo, poiché sono nato il 17 ottobre del 1929 e il 25 luglio del 1943 avevo quasi quattordici anni. Frequentazione infantile e giovanile rinfocolata da quasi settanta anni di letture. Ammetto volentieri che, seppure in parte, il fascismo abbia raggiunto notevoli risultati “sul piano delle realizzazioni e delle riforme, del consenso popolare e dal prestigio mondiale” con un punto di svolta, per quanto riguarda il consenso e il prestigio, che può collocarsi già prima del 1939. Però, nell’ esaminare le realizzazioni del fascismo si tende generalmente a dimenticare è che gli strumenti burocratici di cui quest’ ultimo si serviva avevano fondamenta nettamente riconducibili al periodo prefascista. Per fare un esempio banale un Direttore Generale di Ministero, in carica nel 1930, a partire dal 1900 sarebbe cresciuto sotto una sfilata di Presidenti del Consiglio che allineavano, prima di tutto ed in larga misura Giolitti e, prima o dopo, Pelloux(!), Saracco, Zanardelli, Tittoni, Fortis, Sonnino, Luzzati, Salandra, Boselli, Orlando, Nitti, Bonomi e, per fare bon peso, Facta. E’ chiaro che un funzionario del genere, presumibilmente di esplicita origine meridionale ma modellato da un’ Italia centralizzata e programmaticamente patriottica, avrebbe avuto, nel realizzare lavori pubblici e pubblici impegni, una dedizione automaticamente professionale che di fatto fu assente nella generazione successiva, modellata dai GUF. Ci fu, proprio negli anni ’30, un subitaneo scarto di presa di coscienza e di senso del dovere che, ad esempio, colpì tutti i combattenti della Prima Guerra Mondiale quando furono costretti a partecipare alla Seconda ( mi viene in mente mio padre, ligure di commercio ma anche di buone letture, da aspirante a tenente degli alpini ferito sull’Ortigara, che, pur riluttante, dovette subire un incongruo richiamo alle armi nel 1940 e rimase sbalordito dall’ atteggiamento cinico dei giovani ufficiali venti/trentenni: “noi non eravamo così” mi disse una volta, amareggiato, durante una licenza. Ma io, bambino, non capii). Non si lasci trarre in inganno da quel minuscolo gruppetto ( veda Berto Ricci o Guido Pallotta) di “ mistici” fascisti che giunsero, da volontari, alla morte in guerra.
Secondo osservazione, molto breve per non annoiare. Sono d’ accordo sul fatto che Mussolini non fu il “migliore dei politici italiani”. Ma non fu neppure il più grande. Non parlo solo dei suoi grandi errori decisivi (la politica antisemita, la guerra ad ogni costo contro il parere di tutti, la spasmodica alleanza con Hitler, eccetera) ma del suo modo furbesco di condurre gli affari di Stato. Che peggiorò di anno in anno, via via che l’ antica furbizia romagnola del maestro elementare socialista si stemperò nella tronfia soddisfazione del Fondatore dell’ Impero ( è sufficiente rileggersi il diario di Ciano, pur complice entusiasta, per rendersene conto).
Ci sarebbero evidentemente molte altre cose da dire, ma non vorrei esagerare ….”
Ed ecco la risposta di Veneziani alle mie osservazioni:
“La ringrazio, gentile dott. Claudio G.Fava, dell'attenzione dedicata al mio breve scritto. L'ho sempre apprezzata come autorevole critico cinematografico. Vengo al mio scritto. Una rubrica di 1500battute non può che offrire un puro assaggio, e in questo caso un piccolo necrologio, di un più vasto percorso di studi sul fascismo che ho fatto nel corso di alcuni decenni, lasciando anche qualche saggio in merito. Pur nella brevità del testo, ho condensato quel che penso del fascismo e dunque non concordo con la sua interpretazione. Io ritengo davvero che le opere realizzate durante il fascismo, l'integrazione sociale e nazionale delle masse, la ricerca di una via ulteriore al capitalismo e al collettivismo, e il resto che citavo nel testo fossero esiti oggettivamente importanti e innegabili. Che non cancellano, compensano o oscurano i danni e i misfatti che ci vengono del resto ripetuti continuamente da 66 anni. cordialmente mv”
Trascrivo qui la mia risposta con la proposta di porre il nostro breve incontro nel Blog e la manifestazione dell’assenso, forse un po’ stupito di Veneziani:
“Caro Veneziani,
la ringrazio per la sua pronta risposta.
Mi è venuta voglia di creare una piccola variazione ma sempre che lei sia d'accordo. Da diversi anni alimento un Blog (in google: clandestino in galleria; i dati completi sono comunque in questo stesso e-mail dopo la firma)che ha qualche estimatore. Oltre alle cose che io scrivo vi sono contenute anche delle telefonate, amichevoli e professionali insieme, persone di mia vecchia conoscenza. Ad esempio le ultime sono con Aldo Grasso, Steve Della Casa, Alessandro Gasman, Pupi Avati, Giulio Anselmi, Folco Quilici, Carla Signoris, eccetera. Le dico questo perché vorrei inserire la nostra breve corrispondenza nel Blog, sempre che lei sia d'accordo (avendone voglia la cosa migliore da fare è di vederlo e di ascoltarlo per poterne giudicare il livello). In ogni caso vorrei pubblicare il suo "taglio" basso sul Giornale, la mia missiva, la sua risposta e vorrei a mia volta inviarle una risposta da allegare al tutto. Naturalmente nulla vieta che lei risponda a sua volta, anche se non voglio obbligarla ad un ping-pong così serrato. In ogni caso ho pescato da internet una sua bibliografia, che mi sembra abbastanza completa, e che vorrei comunque allegare alla "pratica", giusto per illustrare quel "più vasto percorso di studi sul fascismo (...) fatto nel corso di alcuni decenni, lasciando anche qualche saggio in merito" di cui lei fa menzione nella sua risposta.
Se fosse d'accordo le sarei grato se volesse farmelo sapere, in modo che io possa tempestivamente preparare la "risposta alla sua risposta". Se lo ritenesse necessario potrei inviarle il mio testo per e-mail prima di pubblicarlo sul Blog in modo che lei non abbia sorprese. Mi auguro di riuscire a far "scannerizzare" (è un verbo che ho appreso da poco tempo) il brano del "Giornale".
La prego di accettare i miei migliori saluti.”
Veneziani:
“se crede, lo faccia senza problemi. Naturalmente io ho scritto e risposto in modo ultrasintetico, ma va bene lo stesso. Per il pezzo del giornale può far attingere dal sito del medesimo giornale. cordialmente mv”
Approfitto della autorizzazione concessa dal Veneziani per trascrivere nel Blog la corrispondenza e per collocare qui una mia ulteriore osservazione. Che, evidentemente, non intende chiudere l’argomento ma soltanto trascrivere i confini esigui di un conflitto ideologico immenso.
Mi rendo perfettamente conto che, prima di tutto e soprattutto, si tratta di un conflitto di generazioni. Veneziani, nato a Bisceglie nel 1955, si avvicina oramai quietamente, e con ampio scarto, ai sessant’anni. Ma tuttavia rimane confinato in quell’immenso periodo che è il dopoguerra. Vale a dire che non porta nei frammenti della memoria i ricordi di quella che fu l’Italia di prima della guerra. Mi sono accorto da qualche tempo che esserci vissuto e cresciuto mi ha posto in una dimensione per molti versi molto più vicina all’Ottocento che al Novecento. Sono stato ancora oggetto di una forma di educazione (all’interno di una nazione “d’altri tempi” ancora profondamente dialettofona nelle classi popolari) che è quasi impossibile riprodurre ai giorni nostri. Alcune date (il 10 giugno 1940, il 25 luglio e l’8 settembre 1943, il 25 aprile 1945) hanno scavato un solco profondissimo, al tempo stesso determinante ma non riproducibile. In sostanza, seppure da bambino o da adolescente, porto in me le stigmate di una terribile esperienza di cui si può comunicare solo una conoscenza teorica. Ecco perché la mia reazione di fronte al ventennio fascista è forzatamente diversa da quella di Veneziani, più per una reazione puramente fisiologica che per una scelta ideologica. Il che naturalmente non significa che io non capisca, in tutta la sua dolorosa ferocia, quel che è stato, per milioni d’italiani che costituiscono ormai la maggioranza della nazione, il tentativo di capire le scorie ma anche i meriti di un passato non conosciuto o divulgato soltanto in termini polemici.
Finisco qui, dove in realtà si dovrebbe incominciare. Ma mi tengo a disposizione, ovviamente non solo di Veneziani ma di quanti volessero apportare il loro contributo ad un dibattito. Che è stato minimo, per ragioni di spazio, in quel che abbiamo scritto ma che è evidentemente immenso se si ripercorre il peso della storia italiana da almeno un secolo a questa parte.
2 commenti:
Bel contraddittorio,fra persone preparate ed educate.Convengo con lei che chi ha vissuto e successivamente studiato e meditato il ventennio fascista avrà una prospettiva spesso diversa dallo studioso che per motivi anagrafici attinge a testimonianze ,scritti e materiale iconografico altrui.Mia madre pur di famiglia non palesemente aderente al fascismo (e undicenne all'entrata in guerra) lodava le opere pubbliche e il modesto benessere del periodo prebellico e si entusiasmava al ricordo delle adunate e dei saggi ginnici.
Ed ora,come usa dirsi,un "off topic" : ho letto su "Film TV" il suo ricordo della messa in onda di "La guerra lampo dei fratelli Marx" (un atto di coraggio culturale che ora sarebbe impossibile : in prima serata!).Le farà forse piacere sapere che il giorno dopo,nell'aula di medicina,non si parlava d'altro fra noi studenti : grande successo,grandi risate.Se la memoria non mi tradisce era l'anno accademico 1975-76,forse d'inverno.Cordiali saluti.
Caro Dott. Fava, sento di condividere il suo discorso, nel senso che in generale, tra spregiatori estremi (quelli del "tutto da buttare") e tra esaltatori senza remore (quelli del "quando c'era lui") si dimentica di usare un metodo più moderato, oserei dire storico, nel considerare gli apporti che al fascismo vennero da quanto c'era prima. La rivoluzione mussoliniana non fu tanto da "tabula rasa" come quella hitleriana, non per nulla, io credo, quella hitleriana dovette sfociare rapidametne in conflitto mondiale, mentre quella mussoliniana detenne un certo solido controllo più a lungo in un clima di relativa pace (pur con pretese imperiali). L'analisi della differenza tra i figli dello Stato precedente e gli esiti della sostituzione con quanti formati nel GUF et similia, dove spesso si notava un tracollo di carattere intellettuale oltre che una tendenza, da parte di questi ultimi, all'arraffare il più possibile, potrebbe essere molto istruttiva anche per analizzare l'evoluzione di alcuni partiti delle ultime nostre repubbliche (sinceramente ho perso il conto, non ricordo se questa è considerata seconda, terza o quarta repubblica). Contraddittorio molto interessante, mi auguro si sviluppi anche per via telefonica.
Grazie.
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