Blog - Crediti


L'audio e i video © del Blog sono realizzati, curati e perfezionati da Lorenzo Doretti, che ha anche progettato l'intera collocazione.
L'aggiornamento è stato curato puntualmente in passato da diverse collaboratrici ed attualmente, con la stessa puntualità e competenza, se ne occupano Laura M. Sparacello ed Elisa Sori.

27 febbraio 2013

TORNA D'ATTUALITÀ' IL PARAGONE FRA COLUCHE E GRILLO


 In questi giorni non è difficile trovare nella stampa francese dei rinvii, che prendono occasione dal trionfo italiano di Beppe Grillo, alla figura di Coluche. Questi fu un comico francese popolare in cabaret e in televisione che ebbe un attimo di grandissima notorietà quando si candidò, un po’ per scherzo e un po’ sul serio alla presidenza della Repubblica francese. Ma non è un rilievo che hanno fatto tutti. In internet abbiamo trovato un articolo (in data 8 settembre 2007) di Eric Jozsef, corrispondente da Roma di Libération, in cui il giornalista, segnalando le iniziative di Grillo che aveva organizzato in duecento città italiane una grande dimostrazione di insofferenza verso i politici nostrani, faceva un parallelo appunto fra Coluche e Grillo; scrivendo anzi che quest’ultimo era un “personnage à mi-chemin entre Coluche et Micael Moore” e che già in quell’anno il sito web di Grillo era il più visitato in Italia ed addirittura al tredicesimo posto nella classifica mondiale! 


Come si vede l’attuale successo del mio concittadino viene abbastanza da lontano se un giornalista francese se ne era accorto quasi sette anni fa. Evoco adesso l’argomento perché proprio in questo Blog in data 25/05/2012 avevo pubblicato un articoletto intitolato “Beppe Grillo è l’erede italiano di Coluche (o no?)”, ricordando che i due personaggi, vicini per età (uno è del 1948 e l’altro del 1944 avevano in comune, almeno in apparenza, tante cose. L’aggressività verbale, il successo popolare, il “buonsensismo” esplosivo, l’essere qualche modo figlio di immigrati (Coluche nato a Parigi da un italiano della provincia di Frosinone, Grillo nato, credo in Valbrevenna da un marchigiano). La voglia automatica di integrazione, faccio rilevare ora, era ribadita dalla vocazione vocale: Coluche ribadiva la “pariginità” dell’accento e del vocabolario, Grillo denota un’ indubbia cadenza genovese, tipica, mi verrebbe fatto di osservare, di chi ha la “cocina” locale ma di fatto ignora il dialetto. Le mie rievocazioni di Coluche le avevo anche ribadite in una mia piccola rubrica intitolata “Salvate la Tigre” che appare, più o meno mensilmente, nel settimanale Film TV. Nella puntata del 17 novembre 2012 facevo appunto presente che uno dei pochi ad accorgermi di Coluche in Italia (lo vedevo in televisione ad “Antenne2” che allora poteva essere seguita a Roma) ero stato proprio io. Che negli anni ’80 avevo importato in Italia e trasmesso a Rai 2 l’unico film drammatico che il comico Coluche ci ha lasciato, e cioè un cupo giallo di Claude Berri intitolato in originale “Tchao Patin” e che io chiamai “Ciao Amico”. 


Come si vede la tentazione del reciproco paragone l’avevo avuta da tempo, senza tuttavia riuscire a concretare un ipotesi precisa. Resta il fatto che la tentazione politica e l’insofferenza verso la retorica dei politici era veramente scaturita in entrambi i due attori, con tutte le differenze di struttura costituzionale e di connotazione etnica che esistono fra la Francia e l’Italia. Tenuto conto dei risultati delle recenti votazioni si potrebbe dire che Grillo è un Coluche che ha avuto successo. Nel tentare un parallelo fra i due personaggi e le due nazioni va tenuto conto di una caratteristica fondamentale: la Francia ha la fortuna di avere una astuta e funzionante Costituzione, dovuta al genio di De Gaulle ed alla scaltrezza giuridica di Michel Debré, il quale è anche all’origine della E.N.A. (Ecole Nationale d’Administration) fucina post universitaria di dirigenti politici e industriali, ormai famosa non solo in Francia ma anche nel mondo. L’Italia invece ha una Costituzione forse più articolata e garantista ma certo, come possiamo constatare adesso, molto più aperta ad una sostanziale fragilità politica di fondo (oltre a vantare un articolo, credo l’art.1, in cui si afferma una cosa assolutamente incomprensibile, e cioè che l’Italia “è una Repubblica fondata sul lavoro”, come se fosse possibile ipotizzare una Repubblica fondata sull’ozio, la frivolezza, l’apatia e su chissà quale altro difetto di fondo).

26 febbraio 2013

Per piacere, intercettate! - Marco Polillo

Mi auguro che la telefonata che Doretti ha incorporato qui nel Blog (mi dicono che non si dovrebbe usare un verbo come "incorporare" ma piuttosto "postare") interessi molti ascoltatori. Il soggetto intervistato è infatti Marco Polillo, sicuramente uno dei protagonisti della storia dell'editoria italiana. Da uno zio che era dirigente alla Mondadori, Polillo sin da bambino ricevette tutte le pubblicazioni più adatte alla sua età che uscivano dalla grande casa editrice fondata da Arnoldo (i dirigenti godevano allora del "benefit" di ricevere in omaggio tutti i libri e tutte le riviste edite in "famiglia".) Fin da piccolo si abituò quindi a una grande ricchezza di carta stampata e da giovane laureato in legge oscillò fra la Snia Viscosa e la Mondadori e finì poi col farsi assumere nel servizio contratti di quest'ultima (forse allora era meno difficile trovare un impiego!). Polillo rimase lunghi anni nella famosa casa editrice, ricevette incarichi sempre più importanti fino al momento in cui passò alla Rizzoli, diventando sempre di più un uomo essenziale nel panorama dell'editoria italiana. Fino a quando, nel 1995, decise di affrontare l'avventura per conto proprio. E fondò (inizialmente in collaborazione con le Edizioni Bruno Mondadori, poi da solo) la casa editrice che porta il suo nome. Piccola forse come formato ma grande per l'esplicito desiderio di appassionata specializzazione che ha assunto sin dall'inizio. La geniale trovata di Polillo è stata di dedicarsi a recuperare la parte meno nota e meno pubblicizzata della grande narrativa anglosassone di giallo e di thriller. Decine di autori ormai dimenticati sono stati fatti rivivere grazie alle sue ricerche così come altri filoni specifici sono stati risvegliati in nome di una allegra e industria curiosità (si pensi ai grandi libri di P.G.Wodehouse centrati sulla figura di Jeeves, l'immortale maggiordomo inglese che aiutava sempre per il meglio il suo sciocco e imbranatissimo padroncino chiamato Berto Wooster). Le varie collane inventate da Polillo sono ormai dei piccoli classici dell'editoria specializzata italiana. Penso a "Obladì, Obladà", "I Polillini", "I Bassotti"(che hanno più di dieci anni di vita e che forse rappresentano il maggior successo dell'editore) e alla collana più recente, "I Mastini" ove si ripropongono opere inedite o introvabili della grande narrativa poliziesca americana, e in particolare a quella cosiddetta "Hard Boiled". Da qualche anno a questa parte, pur restando sempre un editore (tanto importante che attualmente è Presidente dell'AIE, Associazione Italiana Editori, che comprende quattro settori: Gruppo Editoria varia, Gruppo Piccoli editori, Gruppo Educativo, Gruppo Accademico professionale) Polillo ha trovato il tempo di passare anche dall'altra parte della barricata. Ha pubblicato per Piemme due romanzi gialli (Testimone Invisibile e Corpo Morto) ed altri due per Rizzoli (Il pontile sul lago e Villa Tre Pini). Il suo protagonista di elezione è il vicecommissario Enea Zottìa, in servizio presso la questura di Milano. Attualmente Polillo sta scrivendo il quinto romanzo della serie (ne ignoro il titolo). Ha trovato uno sfondo di elezione per i suoi romanzi che è la meravigliosa zona del Lago d'Orta e in particolare l'isola di San Giulio. Il Direttore Editoriale di Polillo Editore è la moglie dello stesso Polillo, Leslie Calise Polillo.
Buono ascolto a tutti.



25 febbraio 2013

L'OSSERVATORE GENOVESE

Come da ormai consolidata tradizione settimanale trascrivo qui il testo della mia rubrica apparsa sul "Corriere Mercantile" di domenica 24 febbraio 2013.
Il mio titolo originario era: "IL POSTINO SUONA UNA VOLTA SOLA. MA E’ PUBBLICO O PRIVATO?". Va detto che, in funzione del titolo mutato, all'interno del testo è stata pubblicata un immagine con Lana Turner e John Garfield del film, "Il Postino suona sempre due volte", diretto nel 1946 da Tay Garnett.
Molti cordiali saluti a tutti.

VISTO CON IL MONOCOLO


IL POSTINO SUONA UNA VOLTA SOLA...


Confesso che da qualche tempo sono tentato di servirmi di Amazon. Come ormai molti sanno è la più grande piattaforma web commerciale esistente al mondo. Si invia un ordinativo via e-mail e pochi giorni dopo vi arriva, con assoluta precisione, un pacco a casa. Può essere usato per tutto ma per quel che mi riguarda è molto utile per ciò che concerne i dvd e i libri. E’ un esempio tipico di come sta cambiando nel mondo, ad una velocità sempre più frenetica, un sistema di produzione e di distribuzione che appariva consolidato da generazioni. Quel che mi ha particolarmente stupito e la velocità e la precisione nella consegna dei pacchi. Il tutto avviene, almeno in apparenza, attraverso le Poste Italiane Spa (in realtà grazie ad un accordo fra le Poste stesse e Amazon). Se ho capito bene quel che è successo, esse nel 1998 hanno acquistato una società di consegne chiamata SDA Express Courier e successivamente hanno stipulato un accordo con una grandissima società americana di consegne nel mondo intero (dispone di 660 aerei) e cioè la FedEx Corporation. Dando vita così ad un sistema di trasporti e di consegne di pacchi di grande efficienza che è al tempo stesso pubblico (Poste propriamente dette e SDA) e privato (FedEx). Non so se nella pubblica amministrazione italiana vi siano molti esempi come questo e cioè di una serie di prestazioni considerate per molto tempo rigorosamente riservate allo Stato ed ora divise a metà fra lo Stato e i privati. Mi sembra un ottimo argomento in favore di una maggior liberalizzazione possibile, ma al tempo stesso dimostra ancora una volta come quel che accade nella pubblica amministrazione italiana sia prevalentemente misterioso e quasi ignorato dai più. Io non avevo assolutamente idea che dietro la consegna di un pacco attraverso la posta vi fosse la presenza di un privato “assorbito” (la SDA) e di un privato rimasto orgogliosamente tale. E’ un avvenimento importante che tuttavia, almeno per quel che mi riguarda non avrei avuto minimamente occasione non dico di conoscere ma addirittura di sfiorare se non avessi avuto un interesse personale a conoscerlo.
Per gli italiani è un buon segno o un cattivo segno? I lettori cosa ne pensano?






19 febbraio 2013

A DOMANDA RISPONDE


Pubblico qui alcune risposte ai “commenti” pubblicati sul Blog negli ultimi tempi. Cominciamo con quelli del 6 Febbraio. Praticamente tutti mi fanno sapere che sono contenti che le telefonate stiano ritornando in “Clandestino in Galleria”. In particolare ringrazio SG (anonimo) che mi ha segnalato un programma di “Memoradio” ove si riproduceva una puntata di Hollywood Party del 2004 in cui io parlavo di Simenon. Lui, Mario  e il Principe Myskin, in particolare (che mi ha segnalato un articolo in “Dagospia” su Vincenzoni) penso siano soddisfatti del successivo concretarsi proprio di una telefonata (molto divertente) con il nostro Luciano. Tutti gli altri sono ovviamente Rosellina Mariani, Enrico, un Anonimo e il fedele Claudio Costa della Ronin Film Production.
Passiamo ai commenti riguardanti il 7 Febbraio. Rosellina e “Bollicine” si sono occupati della “Stanza del cinema”. Per quel che riguarda la domanda che lo stesso “Bollicine” ha formulato lo rassicuro. Ogni primo lunedì del mese, per un ora e mezza, la “Stanza del cinema” ascolta i due relatori a cui il compito spetta in quel giorno specifico parlare dei film usciti a Genova nel mese precedente. L’ingresso è gratuito nella sala conferenze della Società di Storia Patria che ha sede nel Palazzo Ducale di Genova subito a sinistra dopo l’ingresso da Piazza De Ferrari. Naturalmente il numero degli ospiti è relativamente limitato, per cui conviene giungere un po’ prima delle 17.30 (orario ferreo di inizio, così come la fine è rigorosamente indicata alle 19.00 meno 5 minuti) per non rischiare di stare in piedi. Dato che ormai dopo tanti anni c’è un pubblico di fedelissimi (soprattutto di fedelissime) che non manca mai. Quel lunedì la “Gazzetta del lunedì” (testata settimanale di quello che è normalmente il “Corriere Mercantile”) ci usa la cortesia di pubblicare, in un’apposita tabellina, l’elenco nominativo dei voti assegnati ai film del mese dai membri del Gruppo ligure del Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici Italiani (SNCCI). Normalmente  all’iniziativa istituzionale del primo lunedì del mese è seguita da un altro appuntamento, al secondo lunedì del mese (stesso luogo stessa ora) con un altro collega del Gruppo ligure che presenta un appuntamento specifico: spesso con un regista, a volte con un attore o con un tema, in genere illustrato dalla proiezione di un cd/rom. Naturalmente tutti i soci del Gruppo si augurano che l’iniziativa della Stanza del Cinema (ha ormai 14 anni di età!) interessi un numero sempre maggiore di appassionati.
Veniamo in fine ai commenti del 12 Febbraio ringrazio Claudio Costa, Giorgio, Enrico, Bollicine, Anonimo, Rosellina e Rita M. Per le loro reazioni alla puntata dell’”Osservatore Genovese- Visto con il monocolo” riguardante il Monte dei Paschi di Siena e in specificamente al mio commento sulla “abdicazione” di Benedetto XVI. In particolare rispondo a Bollicine che (per quel che vale la mia opinione. Non sono un vaticanista!) non ritengo che avremo un Papa Nero. O sarà italiano o americano (del Sud o del Nord). Naturalmente dopo essermi così sbilanciato apprenderò che il nuovo Papa sarà austriaco o di nuovo tedesco.
Infine per quel che riguarda i commenti del 18 Febbraio (riguardanti sia la mia rubrica che la telefonata a Vincenzoni) ringrazio Emanuele Gabellini che mi fa gareggiare per il Beautiful Blogger Award, concordo con PuroNanoVergine sul mio titolo ma mantengo il principio che chi impagina decide, e vedo con piacere che il Principe Myskin, Giorgio e Claudio Costa hanno approvato la telefonata a Vincenzoni (anche Doretti ringrazia). Luciano è un personaggio talmente esplosivo che sto meditando (farò trascorrere un po’ di tempo) di fare una terza telefonata in modo che possa rievocare le persone, in genere attori, registi e produttori, che ha conosciuto nei suoi 15 anni di Hollywood. Dato che ha conosciuto tutti sarà una vera antologia!

18 febbraio 2013

L'OSSERVATORE GENOVESE

VISTO CON IL MONOCOLO

Come sta oramai diventando un'abitudine ecco il testo della puntata di ieri Domenica 17 Febbraio della mia rubrica sul "Corriere Mercantile". Come vedrete il tema è attuale. Per l'esattezza il titolo che avevo posto io al brano era diverso (Sconfitto dal misterioso Festival di Sanremo) ma in redazione hanno preferito cambiarlo e in base a tanti anni di esperienza giornalistica io so che chi "passa" i pezzi e l'impagina è rigorosamente arbitro della "titolazione". E' una vecchia e sana regola del mestiere.

SCONFITTO DALLA GARA DEL TEATRO ARISTON


Non so bene se sono colpevole o se sono benemerito ma proprio nei giorni appena trascorsi mi sono accorto di una cosa che non so appunto se sia un bene o un male. Non ho mai visto, né in televisione né, ancora meno dal vivo, il Festival di Sanremo. Dura dal 1951 e questa è l’edizione n°63 (ricordo ancora, nel “Mercantile” di via Varese il capo-fattorino, il simpatico Pasotti, che, nel 1959 cantava a squarciagola “Ciao Ciao Bambina” e io non ne capivo la ragione). Facendo “zapping” durante i telegiornali mi è capitato di imbattermi in pochi secondi di immagini, magari con Baudo o Mike Bongiorno, ma ne sono subito fuggito. Non partecipando così a un rito che sembra coinvolgere gli italiani in un modo massiccio, e al tempo stesso febbrile e quasi riluttante. E che, in un mondo che si modifica sempre più velocemente, affonda le radici in un passato quasi remoto: si pensi che nel 1951 i Presidenti del Consiglio e della Repubblica erano De Gasperi e Einaudi. Si stava preparando il “boom” economico, che fece dell’Italia qualcosa di particolare nell’Europa del tempo. E poi vennero mille altre esperienze, dalla contestazione giovanile agli anni del terrorismo e, più largamente, alla mutazione dell’Italia in un altro paese, quasi completamente diverso. Il fatto che il Festival duri ed abbia sempre successo significa evidentemente che esso si riallaccia ad una eredità profondamente radicata nelle radici di un popolo, pur notevolmente differente nelle sue componenti, come quello italiano. Si badi, io non ho niente contro nessuno. In particolare la Littizzetto mi sembra possedere autentiche qualità giornalistiche, anche se le sciupa con un eccesso di caratterizzazione attoriale. E Fazio lo conosco fin dai tempi lontani del suo ingresso in Rai, e con me, ancor oggi, è garbato e gentile. Perfino con il proprietario dell’Ariston, Vachino, ho avuto ampi rapporti amichevoli. Ma non ho visto il Festival. Come, in fondo, non ho mai ascoltato i Beatles, se non, per motivi professionali nei due film di Richard Lester da loro interpretati. Eppure ho amato Brassens e le canzoni milanesi di Jannacci.
Devo convertirmi? Sono colpevole o innocente? Forse è meglio che ci pensi l’anno prossimo.

(battute: 2.202)
Claudio G. Fava



Per piacere, intercettate! - Luciano Vincenzoni 2

Sono lieto di poter inserire nel Blog la lunga telefonata che ho avuto qualche giorno fa con Luciano Vincenzoni. L'ho progettata e portata a termine sia perché il soggetto e il tema mi stimolavano, sia perché fra i protagonisti delle telefonate sino ad ora inserite nel Blog da Doretti è quello per cui ho ricevuto più sollecitazioni a dar vita ad un nuovo appuntamento.
Anche nel corso di questa seconda telefonata (la prima risale a quasi due anni fa, e cioè al 4 maggio 2010) Luciano, come ascolterete, si esprime al meglio e nel modo più divertente possibile. Ancora un turbinio di avventure personali, di operosi incontri con De Laurentiis, di soste forsennate al tavolo da gioco in alcuni dei casinò più famosi al mondo – da Montecarlo a Las Vegas – che fanno, di questo secondo appuntamento telefonico, una fonte continua di divertito stupore.
Buono ascolto a tutti.



12 febbraio 2013

L'OSSERVATORE GENOVESE

VISTO CON IL MONOCOLO


Come ho fatto altre volte riproduco qui il testo della mia abituale rubrica domenicale sul Corriere Mercantile (ovviamente qui la data è di domenica scorsa 10/02/2013). Lo faccio perché ho cominciato ad instaurare questa consuetudine anche sé, lo confesso, ammetto di essere rimasto sconvolto dalla notizia delle "dimissioni" (non so se si debba per caso scrivere "abdicazione") di Benedetto XVI. Che, lo confesso, mi era simpatico per molte ragioni ed anche per il nome "da Papa" che si era scelto per rendere un omaggio, lo disse lui stesso, al genovese Benedetto XV, il quale era stato insultato e deprecato perché aveva avuto il coraggio di scrivere due parole di pieno e condivisibile buon senso quando aveva definito la prima guerra mondiale "inutile strage". In un mondo in cui tante autorità ecclesiastiche si erano precipitate ad invocare l'aiuto della Provvidenza per far vincere la loro parte, egli ebbe il coraggio di assumersi una ovvia responsabilità in presenza di un insensato massacro che distrusse in modo rabbioso le possibilità e le risorse di quell'Europa che era sino ad allora, e senza contestazione, il Continente più importante. Debbo riconoscere che la mia generazione (ho compiuto 83 anni nell'ottobre scorso) ha veramente conosciuto tutto e il contrario di tutto: gli "Eja Eja Eja...Alalà" dell'infanzia, i terribili bombardamenti fra il '41 e il '43, l'improvvisa uscita di scena di Mussolini che sin dalla prima elementare ci guardava con minacciosa bonarietà da una grande fotografia posta di fronte a noi, in fondo alla classe ed al lato del Crocefisso. E poi il ritorno, fra il tragico e l'imbarazzato, dello stesso Mussolini durante la Repubblica di Salò, l'esplosione della pace e della libertà nel 1945 quando si imparò a godere tutti insieme di tante cose diverse: dai giornali in polemica fra di loro al sapore di miele delle incredibili sigarette americane. E da quegli anni lontani ad oggi un caleidoscopio incontrollabile ed incontrollato di ogni possibile novità, dalle interminabili guerre lontane alla penicillina, agli aerei a reazione, ai costumi Bikini, ad un Africa profondamente mutata nel suo assetto, ad una Cina divenuta una minacciosa super potenza mondiale, ad una sorta di Internazionale dell’immagine e della scrittura che grazie ad internet, agli hardware e ai software ha mutato il modo di leggere e di scrivere. Sino ad abbracciare un mondo che nel giro di meno di sessantanni ha cambiato quasi tutto del passato che avevamo inconsapevolmente ereditato. Ci mancava solo l'incredibile fuoriuscita di un Papa. Incredibile ma anche credibile al tempo stesso. Non voglio darmi le arie di quello che aveva capito tutto (in realtà non ho capito quasi niente) ma qualche tempo fa, al di là delle insinuazioni sulla malattia del Papa e sui "corvi" del Vaticano, mi era venuto di colpo un dubbio e cioè  quando, nel dicembre scorso, apprendemmo che il fedelissimo segretario di Benedetto XVI, Monsignor Georg Gänswein, era stato nominato prefetto della Casa Pontificia e, in pari tempo, era stato elevato alla sede Vescovile di Urbisaglia con dignità di Arcivescovo. Poiché è una tradizione del Vaticano che gli eventuali segretari privati del pontefice, quando esistono, alla morte del Papa vengono immediatamente allontanati da Roma e spediti in posti senza grande importanza, è evidente che qui Benedetto XVI ha fatto in modo che a Monsignor Gänswein finisca con l’essere attribuita (o conservata) una sede adatta al suo grado, una volta cessato il suo incarico attuale. Non sono certamente un vaticanista e non voglio darmi arie di aver penetrato un segreto di Oltretevere…Resta il fatto che non mi sono ancora completamente ripreso da una notizia sicuramente rivoluzionaria. Sto leggendo più giornali che posso e cercherò di conservarne qualche d’uno come ho fatto qualche altra volta nel corso dei decenni (tanto poi li perdo).

Per tornare a noi vorrei annunciarvi che ho registrato una ghiotta telefonata. Doretti la metterà nel Blog nel giro di pochi giorni e così potremo svelare il destinatario…


Intanto ecco il testo della rubrica:

MONTE DEI PASCHI 1472 E' RECENTE PER CURARSENE

Io non ho particolari legami con il Monte dei Paschi, salvo il fatto che, come molti altri italiani, sono titolare di un conto corrente, che ho ereditato da mia madre. Naturalmente in questi ultimi mesi ho seguito le notizie progressivamente catastrofiche diffuse sulla banca. Ma i funzionari mi dicono di stare tranquillo. In compenso ho riflettuto molto proprio sul Monte dei Paschi, a cominciare dalla sua età incredibilmente venerabile. Come vien detto esplicitamente è stata fondata nel 1472, vale a dire quando la Repubblica di Siena approvò il suo statuto come Monte di Pietà, anche se la sua denominazione attuale prese inizio solo nel 1624 quando venne inglobata nel Granducato di Toscana e Ferdinando II concesse ai depositanti del Monte, a loro garanzia le rendite dei pascoli demaniali della Maremma (i cosiddetti “Paschi”: ecco finalmente spiegata l’origine del nome. Francamente non l’ho mai saputo). Resta il fatto della sua origine incredibilmente antica. Dire 1472 significa non soltanto dire vent’anni prima della scoperta dell’America ma anche, per dare due date di riferimento a caso, due anni prima della nascita di Ludovico Ariosto, che è infatti del 1474, e vent’anni prima che il Cardinale Llançol de Borja, (italianizzato in Rodrigo Borgia)  allora già sessantunenne diventasse, nel 1492, Papa Alessandro VI. Come si vede basta dare un’occhiata in giro per essere immersi in un passato clamorosamente lontano. In qualsiasi altra nazione d’Europa, Francia e Inghilterra comprese (non negli Stati Uniti, che non potevano ancora esistere!) trovarsi in possesso di un organismo tuttora funzionante di una tale clamorosa vecchiezza, avrebbe motivato decisivi interventi di tutela. Ci sarebbe una legge specifica (in paesi in cui le leggi in genere sono rispettate) per proteggere la vita e la sopravvivenza dell’Ente che, quasi senza volerlo, è uno straordinario legato del passato. L’indifferenza italiana è tipica del cinismo di una nazione padrona di metà delle opere d’arte del mondo, che le lascia deperire con annoiato disprezzo (Pompei crolla, gli Uffizi si forano, e nessuno si scandalizza).
Non si pretenderà che lo faccia solo io, anche se sono titolare di un conto corrente.

7 febbraio 2013

LA STANZA DEL CINEMA

In data 01/02/13 ho pubblicato nel Blog il comunicato della collega Felletti in cui si davano notizie sulla Stanza del Cinema prevista (e svolta) per il 4/02/2013. L'annuncio è rivolto soprattutto ai lettori genovesi. Però, sempre in occasione della Stanza, la "Gazzetta del Lunedì" pubblica ogni volta una tabellina con l'elenco dei film usciti a Genova nel mese precedente e con le "palline" assegnate ad ognuno dei film dai membri del Gruppo Critici della Liguria. Dato che questo è un argomento di maggior interesse generale, e quindi aperto anche ai non genovesi, mi è parso giusto pubblicare la tabellina con i voti così come è apparsa sul giornale. D'ora in avanti lo farò ogni mese in funzione ed a commento dei comunicati riguardanti la Stanza del Cinema.
Ecco dunque la tabella:

Ricordo che per poterla leggere è necessario cliccare sull'immagine ed eventualmente "zumare" a piacimento.

6 febbraio 2013

ELENCO RIASSUNTIVO DELLE TELEFONATE CON IL TITOLO: "PER PIACERE INTERCETTATE"

Per comodità dei lettori e, ancor più, degli ascoltatori riepilogo qui l'elenco delle telefonate con registrazione che ho riprodotto nel Blog. Ho iniziato nel 2009 ne ho aggiunta una nel 2010, molte nel 2011 e infine solamente due nel 2012. Poichè ho la sensazione che spesso esse provochino interesse ho intenzione adesso di ricominciare, se è possibile con una certa continuità. In ogni caso, per comodità di tutti, riporto qui in un unica soluzione l'elenco delle telefonate in argomento, andando a ritroso in ordine di tempo e cominciando pertanto dalla prima.

1) TATTI SANGUINETI (1) DEL 22/06/2009
2) STEVE DELLA CASA (1) DEL 25/06/2009
3) STEVE DELLA CASA (2) DEL 16/07/2009
4) CLAUDIO BISIO DEL 17/11/2009
5) MARIO SCONCERTI DEL 29/12/2009
6) LUCIANO VINCENZONI DEL 04/05/2010
7) TATTI SANGUINETI (2) DEL 30/05/2011
8) BRUNO GAMBAROTTA DEL 10/06/2011
9) CARLA SIGNORIS DEL 01/07/2011
10) GIOVANNI MINOLI DEL 08/11/2011
11) ORESTE DE FORNARI DEL 19/07/2011
12) GIULIO ANSELMI DEL 28/07/2011
13) PUPI AVATI DEL 01/09/2011
14) FOLCO QUILICI DEL 13/09/2011
15) ROMOLO ANSALDI DEL 28/09/2011
16) STEVE DELLA CASA (3) DEL 10/10/2011
17) ALESSANDRO GASMAN DEL 18/10/2011
18) ALDO GRASSO DEL 24/10/2011
19) ENRICO BERTOLINO DEL 03/02/2012
20) ARRIGO PETACCO DEL 28/11/2012

Come ho detto prima ho intenzione di continuare.

LA STANZA DEL CINEMA

Oltre all'appuntamento istituzionale del primo Lunedì di ogni mese, in cui due critici a turno, con la mediazione di Claudio G. Fava, riferiscono al pubblico le loro impressioni e i loro giudizi sui film usciti a Genova nel mese precedente appena trascorso, la "Stanza del Cinema" prevede anche un secondo Lunedì del mese, dedicato a temi specifici (è la cosiddetta stanza teorica). D'ora in avanti intendo riprodurre regolarmente nel Blog anche l'annuncio di questo secondo appuntamento come ho già fatto con il primo. Pertanto ecco qui il comunicato stampa della collega Felletti.

GRUPPO LIGURE CRITICI CINEMATOGRAFICI

Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani.
Genova 16121 Genova Via Fieschi 3/26 (13° piano).
Tel. 010565702 Fax 010 564170

*Massimo Lechi illustra  "Il cinema di Terrence Malick"*
Lunedì 11 febbraio alle 17.30 a Palazzo Ducale di Genova nei locali dell’Istituto di Storia Patria, si terrà il consueto appuntamento del secondo lunedì del mese: La stanza del cinema – parte teorica.
Massimo Lechi parlerà del cinema di Terrence Malick (*La sottile linea rossa*, *The Tree of Life*) esemplificandolo con brevi filmati.
L’ingresso è libero.

A disposizione per ulteriori informazioni

Francesca Felletti 
Ufficio stampa gruppo ligure critici cinematografici
349.0514823

5 febbraio 2013

L'OSSERVATORE GENOVESE

VISTO CON IL MONOCOLO

Come ho preso l'abitudine da qualche tempo, ricopio qui la puntata di domenica 3 febbraio della mia rubrica "Visto con il monocolo" del Corriere mercantile. Per la verità il tema dei tatuaggi l'avevo già affrontato in passato nel Blog, ed esattamente nel brano "A fior di pelle e a fior di Libia" pubblicato il 21 settembre 2011. Mi si perdonerà se sono tornato su un tema che, lo confesso, da un lato mi incuriosisce e dall'altro mi spaventa. Ecco qui di seguito il testo della rubrica.


LE VOCI STENTOREE DEI TATUAGGI MUTI

Alla voce “tatuaggio” il Grande Dizionario del Battaglia dice con eleganza: “macchia cutanea permanente per lo più praticata per fini ornamentali con aghi elettrici o con qualsiasi oggetto appuntito introducendo nello spessore del derma sostanze di varia natura chimica (…) o per scarificazione introducendo materiali in incisioni profonde.” Il termine è di origine polinesiana e ci conduce alla duplice origine di questo penetrante grafismo sulla pelle umana, su quella “bianca” e su quella “scura”. Ma se fra i popoli da noi lontani ha in genere carattere etnico e tribale (Andamanesi, Pigmei africani, Ona della terra del fuoco, Neri dell’Africa centrale, eccetera) fra gli europidi spesso, almeno in passato, fu riservato a categorie molto speciali, non di rado affondate nella delinquenza, come dimostrarono le analisi di Lombroso. E come del resto ci ricordano gli studi contemporanei sui tatuaggi criminali russi ed anche quelli condotti in passato sui tatuaggi programmatici della malavita francese (alla Guiana i “fort-à-bras” dell’epoca di Papillon erano tutti orgogliosamente tatuati).
Ma che cosa è successo in questi ultimi anni? Perché le città europee si sono popolate di bottegucce di tatuatori? Perché tutti i calciatori delle nuove generazioni appaiono istoriati da tatuaggi sulle braccia, sul collo, sul dorso? Perché i giovanotti non calciatori ma tifosi li imitano con la stessa tenacia quasi religiosa? Si ha a volte la sensazione che i giovani siano stati colti da una sorta di inascoltabile urgenza d’ oratoria dermatologica. Come se volessero comunicarci qualche messaggio importante che sono tuttavia consapevoli di non riuscire a tradurre in parole pronunciate o scritte. Un’oratoria misteriosa affidata alla vetrina del corpo, nella stessa misura in cui i capelli (si pensi a quelli spaventosamente dritti di El Sharawi) e i crani rasati o irti di subitanei frammenti di capigliatura o segnati da misteriosi rettangoli di calvizie, tracciati da feroci barbieri, sembrano voler partecipare anch’essi ad un muto discorso di un popolo giovanile che in compenso non legge più giornali, e forse non legge del tutto. E parla per simboli.
A pensarci mi viene, per affinità, la pelle d’oca.
Claudio G. Fava
(battute: 2.206)