Considerazioni del Secondo Anonimo su una telefonata degna del “Salto Angel” e su John Huston, con mia non soddisfacente risposta.
Rispondo subito ad un corrispondente che credo di avere individuato. Mi hanno divertito le considerazioni sul Critico Televisivo Sublime, con la sua “voce che cade da vette altissime”. Purtroppo non posso seguirlo sul terreno dell’ultimo Huston. Debbo confessare a mio disdoro che, per vari motivi (rinuncia alla rubrica su un quotidiano, pensionamento, età, malattia) negli ultimi trent’anni ho perso molti film. Molti almeno in rapporto con la filmofagia obbligatoria e contrattuale che fu la mia per decenni. Fra i film perduti debbo purtroppo annoverarne due del mio pur carissimo John Huston. E cioè “Annie” (1982) e “Sotto il vulcano” (1984). Francamente, da quel che ho letto, non ardo dal desiderio di colmare le mie lacune. Per fortuna, tuttavia, ebbi il privilegio di vedere in anteprima ed in originale l’ultimo film del regista, e cioè “The Dead- Gente di Dublino” (1987, lo stesso anno della sua morte). Con esso il regista si congedò da noi e dal mondo, e ancor più, da quel popolo e da quella nazione irlandese da cui credo discendesse la sua famiglia e della quale aveva voluto assumere la cittadinanza. Come è noto si tratta di una splendida variazione su un pranzo post-natalizio di gente della buona società di Dublino, che diventa pretesto e causa per, come dice il Morandini, “una tormentata analisi delle varietà dell’amore.” Non è un caso che Huston, che aveva portato il padre Walter al premio Oscar con “Il tesoro della Sierra Madre”, si congedi da noi con un film sceneggiato da suo figlio Tony e interpretato anche da sua figlia Anjelica.
I miei rapporti di fedeltà con Huston sono quelli intensi di tutta la mia generazione ma, in particolare, si colorano di una curiosa tonalità “parallela”. Verso la fine degli anni ‘70 realizzai per Rai Uno un ciclo di film, che ottenne ovviamente grande successo, dedicato a Humphrey Bogart (forse rievocherò l’accaduto in una rubrichetta intitolata “Salvate la Tigre”, che ho iniziato su “Film Tv” dietro richiesta del direttore Aldo Fittante). Trovai modo in quella occasione di far doppiare o ri-doppiare (nel caso si fossero perse le colonne originali) alcuni film interpretati da Humphrey. Fra di essi due inediti, uno dei più belli in assoluto, “I ruggenti anni Venti” di Raoul Walsh (1939) ed uno dei più curiosamente brutti (brutto ma non totalmente banale) e cioè “Agguato ai Tropici” (1942) appunto di John Huston. Fra gli altri interpreti c’erano Mary Astor e Sidney Greenstreet. Questi, giunto molto tardivamente al cinema, aveva esordito sullo schermo l’anno prima con il fondamentale “Mistero del falco”, clamorosa opera di esordio dello stesso Huston. Qui, nello stesso anno in cui Greenstreet disegnò in “Casablanca” l’indimenticabile figura del “Signor Ferrari” (nel doppiaggio italiano “Signor Ferrack”), Humphrey e Sidney si affrontavano sulla tolda di un piroscafo in cui il primo era salito come agente del controspionaggio americano mentre il secondo impersonava un grasso inglese spia dei giapponesi. L’insieme sacrificava alla convenzione ma non escludeva il divismo e, se ricordo bene, Huston che si era arruolato nelle forze armate dopo Pearl Harbour, abbandonò la lavorazione prima di girare l’ultima sequenza, quasi totalmente assurda, ambientata in un giardino (o in una foresta), ove ovviamente tutto si risolveva bene.
Per questi motivi ho conservato nella memoria una sorta di imbarazzato affetto per “Agguato ai Tropici” e probabilmente desidererei rivederlo…
(battute 3.460)
5 commenti:
Grazie della pronta risposta.
Su Sotto il Vulcano ammetto di aver scritto spinto da una certa irritazione perché tutti i commenti che leggo in rete mi causano reazioni vagamente allergiche: in particolare quelle che ripetono come un mantra che è un film tratto da un "testo fondamentale della controcultura" (che non so cosa sia).
A me è piaciuto quando lo vidi e piace ora, probabilmente perché, come una specie di Sainte Beuve al quadrato e senza redingote, non riesco a togliere di mezzo gli autori quando leggo o guardo. Che gli ultimi tre film di Huston siano questo, L'Onore dei Prizzi e Gente di Dublino continua a parermi una bellissima storia nella storia.
Sotto il Vulcano, poi, è poco beffardo (a meno di non voler considerare beffarda la morte della Bisset investita da un cavallo stile pieno melodramma, se non ricordo male sotto la pioggia).
Comunque, curiosamente sono arrivato a Huston partendo da Bogart, perché avevo incocciato Il Grande Sonno (somministrato a forza ai miei figli, molto renitenti, e mia moglie, collaborativa) e di lì son risalito per li rami (Il mistero del Falco, ecc.).
Possibile che io abbia visto "La Fuga" nel Suo ciclo? Ricordo che mi colpì tantissimo la scena del post operazione di chirurgia plastica (che mia nonna diceva non dovevo guardare, chissà perché, considerato che mi facevo già la barba).
Che bei tempi!
Ho ascoltato anche la telefonata a Carla Signoris: dovessi visualizzarla sceglierei una specie di Audrey Hepburn che serve the e tartine a una tigre del bengala improvvidamente capitata ma giudiziosamente seduta nel suo salotto: compunta ma visibilmente turbata dalle possibili reazioni della belva.
Quanto al Critico Sublime, "recensire" il critico che intervista un critico era una tentazione postmoderna irresistibile.
Leggerti è sempre un grande piacere e un insegnamento !
Rosellina Mariani
Leggerti è sempre un grande piacere e un insegnamento !
Rosellina Mariani
Ricordo benissimo il ciclo in TV comprendente anche "The roaring twenties" (Bogey e Cagney,che volere di più ?)La plastica facciale di Bogart in "La fuga" mi ha fatto tornare in mente un curioso film,senza infamia e senza lode,dei tardi 70 (se non ricordo male) "Il detective con la faccia di Bogart" ,inerpretato dal suo sosia Robert Sacchi (nel film assumeva i connotati di Bogart dopo una plastica facciale).Un'immagine del film apparve sulla copertina di uno dei fascicoli del primo "Farinotti" (la più bella edizione,riccamente illustrata) : grande fu l'imbarazzo di mia sorella,che aveva appiccicato la copertina fra un Brando "Selvaggio" e un Dean "Bruciato" quando le dissi che li aveva messi in compagnia di tal Robert Sacchi...
Ho rivisto ieri "La Fuga" e, in effetti, aveva abbastanza ragione mia nonna, il chirurgo è decisamente inquietante.
E anche l'idea che uno va in un appartamento come se andasse dal dentista e c'è un chirurgo capace di cambiargli la faccia ha un che tra il surreale e la science fiction che lascia i brividi: potrebbe mica esserci un tuo vicino così? Si aprono prospettive inaspettate mentre prendi l'ascensore di casa e passi ai piani dove di solito non scendi...
Non ricordavo poi la donna lanciata dalla finestra (che mi ha ricordato la scena tormentone nel Circo Volante dei Monty Python).
Gironzolando tra i film di Bogart che ho, mi pare di aver riconosciuto l'attore grasso di cui parla il Maestro anche guardando Nebbie.
Un altro che mi piace è l'avvocato di Giungla d'Asfalto, con quei baffetti: mi ricorda moltissimo il papà, anche lui avvocato penalista, anche lui spesso in gessati, di un compagno di scuola delle elementari. La moglie gli diceva più o meno le stesse cose sul fatto di frequentare quella clientela (ed era altrettanto ambiguo, devo dire, preferivo quando non era a casa, ma chissà se usciva per andare a gettare cadaveri di collaboratori a mare).
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