Nel quotidiano di Giuliano Ferrara si mescolano stoccate politiche ad “agudezas”storico – letteraria. Queste pagini sono ispirate da alcuni numeri del giornale.
“Il Foglio” è un curioso giornale. Fra quelli dell’area berlusconiana è certamente il meno prevedibile, con larghissima varietà di divagazione cinematografiche e letterarie, le quali usufruiscono di uno spazio notevole, tenuto conto del numero ridotto di pagine (è vero che sin dall’ inizio ha scelto di usare poco le fotografie, le quali in effetti costituiscono parte del fascino ma anche parte dell’ appesantimento della maggior parte dei quotidiani italiani e stranieri). La militanza irosa ma intelligente di Giuliano Ferrara - negli ultimi numeri preoccupato soprattutto di condurre una lotta di retroguardia ed una di avanguardia contro il “Preside” Monti –spesso determina la presenza di inserti da super-feuilleton, tipo le quattro pagine di lunedì 14 Novembre disseminate di una immensa aneddotica su Berlusconi e condite da alcune fotografie (qui, una volta tanto, esplicitamente usate) del personaggio durante la prima e primissima infanzia. Spesso il desiderio di evasione del “Foglio” si esplica nel numero speciale del sabato, che ha in Giuseppe Sottile uno specifico responsabile dell’inserto. Ad esempio la pagina intera dedicata il 19 Novembre a Zlatan Ibrahimovic intitolata “Street Fighter Serie Oro” che rievoca, sulla scorta di un recente libro autobiografico, la figura di un grande centravanti in circolazione, forse il migliore, che nella sua nazionalità svedese e nella sua origine etnica (padre bosniaco madre croata cresciuto in un povero sobborgo di Malmö) ha saputo trarre i succhi di una vita violenta e di un calcio clamoroso. O, ancora, sempre nello stesso numero un appassionato ritratto di Adriano Olivetti, “l’industriale che stampava libri per regalarli”, oppure nel numero di sabato 24/11/2011 un elogio senza riserve –gli juventini sono innumerevoli - per Alessandro Del Piero intitolato “Dieci Comandamento” (Dieci si riferisce al numero della maglia del giocatore, che lo situa fra le grandi mezze ali sinistre di un tempo, quando la numerazione riguardava rigidamente, secondo l’insegnamento inglese, la collocazione in campo: mi ricordo benissimo di quando fu introdotta in Italia a imitazione del calcio britannico). O, la pagina di cinema apparsa il Sabato 22 Novembre affidata alla mercuriale e guizzante Maria Rosa Mancuso. Senza contare il toccante omaggio a Genova, (“Superba, fragile e tradita”) di due liguri, Pippo Marcenaro e Carlo Stagnaro. Oppure qualcuna delle molte altre manifestazioni, in cui rendono esplicite le vocazioni, al tempo stesso polemiche e fantasticheggianti, della Redazione. Mi riferisco qui ad un’ intera pagina di mercoledì 8 Novembre intitolata “Il gazzettino di M. Sarkozy” ovvero “La sarko – narrazione del mondo secondo il cortigiano Figaro”: amplissima rievocazione del conformismo nei confronti del potere che è tipico non solo dell’Italia ma ancor più, con una tonalità monarchica assente da noi, della Francia. Pochi giorni dopo, e cioè venerdì 11 novembre, ritroviamo sul tema un pezzo significativo intitolato “I boss dell’Euroracaille” (forse non è necessario ma ricordo che è un neologismo ove si unisce la parola “euro”alla parola “racaille”, che in francese significa “gentaglia, feccia,” e che qui è usata perché lo fu da Nicolas Sarkozy, alludendo agli abitanti, in genere di colore, di una zona della “banlieue” in rivolta: egli li definì appunto “racaille”, cosa che gli venne a lungo rimproverata). C’è nella pagina una colonna di apertura, intitolata “La faraona” dedicata alla Merkel ed una colonna di spalla intitolata “Il pavone” e dedicata a Sarkozy. Quest’ultimo articolo comincia così: ” Nicolas Sarkozy è un pavone dallo sguardo mezzo sognante e mezzo ebete, con una delle piume della sua coda in bocca e un lieve, sempre più ebete sorriso”. Se ho capito bene è una frase tolta dal Courrier International. “ (…) un magazine molto bello – dice il Foglio – che traduce articoli da tutto il mondo con un approccio decisamente di sinistra”. Senza voler riassumere qui l’intero articolo del Foglio, mi limiterò a ricordare che in chiusura si dice che nell’articolo del Courrier International : (….) la vignetta più bella è quella tratta dal giornale economico moscovita Kommersant: c’è un busto di Napoleone, sulle sue spalle c’è De Gaulle con Sarkozy seduto sulla visiera del cappello del generale mentre lancia un aereoplanino da guerra (uno di quelli spediti per ammazzare Gheddafi in Libia). E, per evitare che ci si dimentichi, c’è un titolo-remainder iniziale: tra sei mesi ci sono le elezioni, il Presidente ha parecchio da fare nel 2012 per convincere i francesi che è ancora lui l’ uomo della situazione”.
De Gaulle (1942) da Wikimedia |
Il punto è proprio qui. Ovvero la lunga ombra di De Gaulle che si distende, immensa e spietata sopra le scarse membra di Sarkozy. Bisogna ricordarsi che l’ UMP, l’ Union pour la Majorité Présidentielle, è il nome che il partito francese di maggioranza e di eredità gollista ha adottato nel 2002, raggruppando insieme il vecchio RPR e la “Démocratie libérale” e unendovi circa i 2/3 dei deputati dell’UDF, ovvero la vecchia Union pour la Démocratie Française, di più o meno lontana origine giscardiana. A sua volta l’UMP deriva, conservando abilmente le lettere iniziali, dall’ Union pour un Mouvement Populaire, di netta derivazione chiracchiana (ho semplificato all’estremo tutti i complessi passaggi di persone, di seggi e di sigle del centro-destra francese degli ultimi 20/30 anni). De Gaulle, ahimè, è morto da 41 anni, sono quasi del tutto scomparsi quelli che furono definiti dal “Nouvel Observateur” nel 1963 “i baroni del gollismo”- ricordo nomi decisivi come quelli di Jacques Chaban – Delmas, Michel Debré, Jacques Foccart, Roger Frey, Olivier Guichard ed altri ancora come Maurice Couve de Murville, Pierre Messmer, Georges Pompidou, Maurice Schumann – così come sono prossimi a scomparire i pochi superstiti, tuttora vivi, fra i “Compagnons de la Libèration”. E cioè i puri e i duri del gollismo che avevano combattuto a fianco del generale dal 1940 al 1945, e che erano 1036 quando il sodalizio era stato fondato il 23 gennaio 1946 (ma di essi ben 271 lo erano “à titre posthume”). Di fatto furono in 700 e al 20 di novembre di questo anno ne sono rimasti vivi 31. Sicché a testimoniare in diretta di un passato glorioso ma sempre più lontano ci sono solo, nel ramo principale che discende strettamente dal Generale , i due figli ormai vecchi (Philippe del 1921 e Elisabeth del 1924) ed i loro eredi.
Sarkozy (Album di Oao) |
Il problema di Sarkozy è tutto legato alla disperata battaglia, da lui condotta sin da adolescente, per inserirsi in un passato che non aveva direttamente conosciuto (era quindicenne nel 1970 quando morì De Gaulle) sicché, come capita a molti altri cinquantenni francesi, il suo gollismo è soprattutto immaginato e costruito. Si direbbe che la sua continua vocazione delle grandezze trascorsa della Francia, la sistematica esaltazione di una “grandeur” che gli è stata raccontata dai libri, la celebrazione senza riserve di un passato totalmente eroico e di un presente totalmente militare, siano una delle numerose manifestazioni del disperato tentativo di essere accettato senza riserve. In un paese pur fittissimo di oriundi d’ogni paese (il fenomeno di affollamento alle frontiere, che l’Italia conosce da non più di venti anni, è stata per la Francia una regola sin dall’Ottocento) lui rimane pur sempre il primo presidente della repubblica nato da genitori di origine straniera, oltreché ovviamente il primo ad essere nato nel dopo guerra. Se si riguardano tutti i presidenti di Francia dalla seconda Repubblica in poi, a partire da Luigi Napoleone Bonaparte, figlio di un fratello di Napoleone, presidente prima di farsi proclamare Napoleone III –era molto francese per ragioni dinastiche, anche se parlava con lieve accento tedesco perché era cresciuto in Germania e in Svizzera, ….- si trova un solo oriundo straniero. E cioè Patrice de Mac Mahon, (1808-1893) nato, è vero, da una famiglia d’origine irlandese stabilitasi però in Francia dalla fine del 1600 e che appunto Napoleone III aveva fatto duca di Magenta. Pertanto uno straniero per modo di dire. Tutti gli altri (XX compreso Mac Mahon) sono di salda origine francese, spesso provenienti da quella media borghesia che, praticamente come tutta Europa, fornisce la maggior parte della classe politica. Sono 14 nella Terza Repubblica, sino a quell’ Albert Lebrun il cui secondo mandato fu brutalmente sospeso dopo un anno dall’ arrivo in scena del Maresciallo Petain (anche egli di origine garantita). Sono due quelli della Quarta Repubblica, e cioè Auriol e Coty e infine, sino ad ora, sei quelli della Quinta Repubblica, da De Gaulle appunto a Sarkozy. Mentre tutti gli altri vengono da famiglie saldamente confitte o a Parigi o nel “terroir”, Sarko nasce nella capitale il 28 gennaio 1955 con il nome impressionante di Nicolas Paul Stéphane Sarközy de Nagy-Bocsa (riportarlo sembra una pignoleria da parte mia ma a quanto pare è la dizione usata nel conferimento di decorazioni allo stesso Sarkozy, come nel decreto che lo nominò “Cavaliere della Legion d’Onore”). Il padre era l’ultimogenito, naturalizzato francese, di una famiglia dell’aristocrazia ungherese e la madre ( Andrée Jeanne “Dadu” Mallah) era la figlia di un medico ebreo sefardita di Salonicco convertito al Cristianesimo e di una francese cattolica. Come si vede il gusto della mescolanza era vivo in famiglia e Nicolas, dal canto suo, vi contribuì nei limiti del possibile, sposando prima Marie-Dominique Culioli ( di evidente origine corsa) da cui ha avuto due figli, Pierre nel 1985 e Jean nel 1986, anche egli attivissimo in politica e che nel 2009 lo ha già reso nonno. Prediligendo le famiglie sbrindellate e le soluzioni romanzesche, nel 1996 sposa Cécilia Ciganer-Albéniz che paradossalmente aveva conosciuto nel 1984 quando, nella sua qualità di sindaco di Neuilly-sur-Seine, cittadina ricchissima di 60 mila abitanti dove risiedono molti francesi famosi, aveva celebrato le nozze della stessa Cécilia con un cantante e intrattenitore televisivo allora notissimo in Francia, Jacques Martin ( ad esempio una sua celebre rubrica della domenica mattina si chiamava “Dimanche Martin” invece che “Dimanche Matin”). Per un certo periodo essa lavorò al fianco di Sarkozy, prima in servizio al Ministero degli interni e poi venne posta a capo dello staff dell’UMP, il già citato partito gollista. Fu molto nota all’epoca la difficile trattativa in cui essa riuscì a salvare dalle prigioni di Gheddafi cinque infermiere bulgare e un medico palestinese condannati a morte in Libia. Infine, come è noto, Sarkozy, dagli appetiti intensi, ha divorziato da Cécilia (nel 1997 ne ha avuto un figlio, Louis) per sposare nel 2008 Carla Bruni, la quale recentemente gli ha dato la quarta figlia, chiamata italicamente Giulia (in francese esiste sicuramente la parola Julienne ma è soprattutto usata come termine culinario).
La vita privata di Nicolas rispecchi evidentemente la rabbiosa elasticità del suo modo di vivere ed anche quello di far politica (nulla di più differente dai costumi privati di De Gaulle e semmai più simile all’ esistenza personale di Chirac, però ufficialmente monogamo, e di Mitterrand, ufficiosamente bigamo). La stessa vivacità l’ ha trasferita, sin dall’ adolescenza, nel suo modo di far politica. Mosso da una rabbiosa voglia di salire è riuscito ad impadronirsi della corrente gollista, nonostante le forti opposizioni ( ci fu un momento in cui sembrò un perdente perché aveva scelto Balladur invece di Chirac) riuscendo sempre a riprendersi con un colpo di reni, sino a diventare Presidente della Repubblica, come credo avesse sognato sin da ragazzo. La sua strabordante vitalità e la sua voglia di essere padrone del campo a 360 gradi si riflette molto bene nella consacrazione che gli tributa sistematicamente il sito della Presidenza della Repubblica francese (www.élysée.fr). Basta dargli un’ occhiata - fra l’altro contiene anche degli interessanti filmati sulla storia e sul funzionamento della Presidenza della Repubblica - per rendersi conto di quanti e quali cose faccia continuamente Sarkozy, il tutto comprovato e ribadito da altri numerosi filmati e da minuziose ricostruzioni di incontri e di discorsi. La quantità di uomini politici francesi e stranieri, di delegazioni nazionali e internazionali, di rappresentanze di eletti e di poteri locali che egli riesce ad incontrare in una settimana fa impressione, così come lo fa l’ altissimo numero di discorsi e di messaggi che egli pronuncia - vorrei dire che recita – con la tradizionale eleganza dell’ eloquenza pubblica francese ( non so se tutti i discorsi li scriva direttamente lui o se siano, come sembra più logico, apprestati da un apposito nucleo di consulenti, ma sono sicuramente di alto livello formale). Basta sentirlo parlare una volta per capire perfettamente la sua intensa voglia di protagonismo: il che spiega tanti risvolti dei suoi interventi di politica internazionale di cui è stato l’ interprete quasi esagitato. Si pensi alle sue compiaciute ostentazioni belliche ed al suo recente, pesante intervento sulla NATO per distruggere la Libia di Gheddafi. Si è avvertito benissimo il bisogno di Sarkozy di integrare il suo successo “civile” con un successo militare. Forse lo ha conseguito ma continua a mancargli quel che lo ha affascinato nell’eredità gollista: una famiglia ben pensante, cattolica, settentrionale, legata alle tradizioni di Lille; un intenso cammino personale che inizia con la severa selezione di Saint- Cyr, le ferite e la prigionia nella prima guerra mondiale; l’esperienza in Polonia, e l’iniziale dimestichezza con Petain, sfociata poi in una reciproca avversione; gli anni di lucida follia della lotta solitaria condotta da Londra verso il mondo intero. Perfino le sue recenti “maleducazioni” nei confronti dell’Italia rispecchiano, in certo modo, i malumori del generale verso di noi: la tentazione di annettersi la Valle di Aosta, la tenacia nel farsi attribuire Briga e Tenda, perfino l’ironia sprezzante testimoniata da una frase famosa (“L’Italie, un pays pauvre….non, un pauvre pays”…).
L’ ombra di De Gaulle, a cui accennavo prima, spiega dunque moltissime cose e copre di un’ antica aspirazione di “grandeur” quasi ogni suo gesto pubblico, reso più aggressivo dalla giusta apprensione per le elezioni presidenziali dell’anno prossimo.
All’apparenza egli ha molte cose del Generale, salvo due: la statura fisica e il genio.
Battute (14.438)
2 commenti:
Lunghissimo articolo, pieno di date e dettagli che in pochi ricordano e che in futuro ricorderanno.
Vedendo le due fotografie trovo che una certa somiglianza tra i due vi sia...le orecchie a punta!!!!
E' sempre un piacere leggerla.
Sarkozy=De Funès più Dufilho
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