Sei giorni fa, come è noto, Monti ha reso noto i nomi dei nuovi dirigenti Rai: Anna Maria Tarantola, Presidente, e Luigi Gubitosi, Direttore Generale (è nata subito una polemica perché sembrerebbe che la scelta di quest’ultimo incarico spetti non al Governo ma al Consiglio di Amministrazione). In ogni caso si tratta di due persone che provengono da una carriera che sembra di notevole rilievo sia nel mondo bancario che in quello industriale. Ho controllato in internet e ne ho ricavato i seguenti dati: Anna Maria Tarantola è nata il 3 febbraio 1945 a Casalpusterlengo (provincia di Lodi, 15.302 abitanti). E’ sposata, ha due figlie, si è laureata nel 1969 in Economia e Commercio alla Cattolica di Milano e poi ha ottenuto il titolo di Master of Philosopy alla London School of Economics. Nel 1971 è stata assunta all’ufficio vigilanza della sede di Milano della Banca d’Italia, nel 1996 è diventata Direttore della succursale di Varese, nel 1998 è tornata a Milano come titolare della Direzione Intermedia di Vigilanza – Cambi. Successivamente ha diretto la Filiale di Brescia, la Sede di Bologna ed è stata nominata Funzionario generale all’area Bilancio e Controllo. Nel 2009 Mario Draghi l’ha fatta entrare nel Direttorio di Bankitalia (era la prima donna a cui toccava questa distinzione) e l’ha nominata Vice Direttore Generale della Banca d’Italia.
Dal canto suo Luigi Gubitosi è nato nel 1961 a Napoli, si è laureato in Giurisprudenza, ha studiato a Fontaibleau all’INSEAD (Institut Europeén d’Administration des affaires) ed alla London School of Economics e successivamente è stato assunto dalla Fiat ove dal 1986 al 2005 è stato Direttore finanziario, Presidente del CdA di Fiat Partecipazioni e membro del CdA di Fiat Auto, Ferrari, Iveco, Magneti Marelli eccetera. Nel 2005 è diventato Direttore finanziario di Wind e successivamente il numero uno operativo della società telefonica. Poco tempo fa ha lasciato la Wind per andare a Bank of American – Merryll Linch.
Ho cercato di informarmi al meglio perché naturalmente io non sapevo neppure che esistessero Tarantola e Gubitosi. Il loro curriculum fa pensare ad una carriera di tutto rispetto e di alto livello. Tuttavia ancora una volta si ha la sensazione che attingere agli alti gradi della Banca e della finanza (o dell’Università) sia la strada migliore per individuare dirigenti in grado di pilotare un complesso Ente radio -televisivo. Probabilmente, dal punto di vista di Monti, sono scelte responsabili ed oculate come presumibilmente intendevano essere quelle che nel 1993 portarono alla guida della Rai i cosiddetti “Professori”(con in testa il Professor Dematté). Io vissi tutto quel periodo, che fu particolarmente agitato, e soffersi di un atteggiamento preconcetto nei confronti dell’Azienda, tipico di un gruppo di persone che proveniva dall’esterno, non sapeva nulla né di radio né di televisione ed era persuaso di avere a che fare con un mucchio di fannulloni e di incapaci. In particolare io ero dal 1981 Capo-struttura di Rai Due con un’amplissima competenza: scelta e programmazione di film, telefilm soap-opera, seriali e sceneggiati d’acquisto. E con una vastità di impegni di palinsesto che, in presenza di ben 6 Strutture, faceva gravare su quella da me diretta quasi la metà dell’ intera programmazione. Avevo (ed ho) la coscienza a posto. Sapevo cioè di appartenere a quel piccolo gruppo di persone che negli anni’80 aveva contribuito in modo decisivo a tenere in piedi e ad aumentare gli ascolti di Rai Due (quello che ci veniva chiesto con maniacale intensità era di conservare gli ascolti consolidati e non di curare la qualità dei programmi: se lo facevamo era una nostra personale preoccupazione ed un orgoglio professionale). Di colpo mi trovai a fare i conti con un nuovo Direttore del Personale (una definizione aziendale che, probabilmente, andava bene sin dai tempi del Conte di Cavour, era stata ormai sostituita dall’espressione vagamente razzista di: Direttore delle Risorse Umane). Era il Professor Pier Luigi Celli (ha avuto un tale successo che successivamente credo sia tornato alla Rai come Direttore Generale) il cui solo nome basta ancor oggi a mettermi in agitazione. Di colpo scopersi che nei miei confronti, ed in quelli di altri Dirigenti, egli aveva un solo obiettivo: mandarci via al più presto. Io sapevo di aver connotato la programmazione cinematografica di Rai Uno e poi di Rai Due per più di vent’anni, di aver inventato e imposto cicli divenuti quasi famosi, di aver coordinato a Rai Due, grazie ad un gruppo di eccellenti funzionarie, un’offerta di ottimi telefilm e di programmi indubbiamente redditizi per l’azienda (solo con Beautiful avevo portato l’ascolto, in un dato momento della giornata, da 300 mila a 5 milioni di telespettatori). Senza chiedere una lira di aumento specifico, con lo stipendio da Capo – redattore opportunamente integrato, avevo portato a termine centinaia di presentazioni di film e di apparizioni televisive di altra natura, tali che molta gente (soprattutto di una certa età) mi ricorda ancora. Insieme a Marcello Bernassola, Responsabile del Palinsesto di Rai Due, avevo contribuito in modo decisivo a costruire alcuni appuntamenti che tenevano in piedi la rete (si pensi al solo “poliziesco preserale” che obbligava milioni di italiani a tornare a casa a rotta di collo). Ebbene nel giro di pochi mesi il Professor Celli riuscì a infliggermi tali e tante umiliazioni da indurmi ad abbandonare l’azienda, a cui avevo dato gioiosamente 24 anni della mia vita, alcuni mesi prima del mio 65° compleanno, data in teoria obbligatoria per il pensionamento dei giornalisti. So che successivamente egli riconobbe che lui e i suoi colleghi “avevano salvato il bilancio della Rai ma avevano distrutto l’Azienda”.
Mi rendo conto che quel che ho scritto qui rivela un tetro sapore di senile risentimento personale. Ma è anche una testimonianza, sincera al massimo, in presenza delle nuove nomine effettuate da Monti. Mi rendo conto che l’ intelligenza e l’elasticità sono elementi essenziali per un grande dirigente d’azienda (altrimenti Marchionne, non sarebbe diventato da un momento all’altro, un ottimo amministratore della Fiat). Ma è anche vero che allestire programmi televisivi e radiofonici esige una sensibilità complessa ed un addestramento operante che non sono garantiti da una pur ottima carriera bancaria. Ho la sensazione che la Rai di oggi, malgrado molti più canali a disposizione, sia peggiore di quella dei miei tempi. Ma è anche vero che una classe dirigente specializzata non si forma da un momento all’altro per ordine dei superiori. Ci riuscirono, fra gli anni’60 ed i ’70, i democristiani d’epoca, che però avevano saputo passare centinaia di ore in moviola e nella lettura dei copioni (si pensi a Emilio Rossi, Agnes, Giordani, Valmarana, eccetera). La presenza, forse più come Presidente che come Direttore Generale, di un uomo del mestiere, quale avrebbe potuto essere, ad esempio, Pupi Avati, regista pratico di amministrazione (e come lo è stato sicuramente Paolo Garimberti diventato, come me, giornalista professionista al Corriere Mercantile) non sarebbe stato una scelta sbagliata. Riservando poi ad un Direttore Generale con ampi poteri la sistemazione organizzativa dei vari livelli gerarchici, la rimozione coraggiosa di notori incompetenti e la sostituzione di Dirigenti senza compiti (ma con stipendi decorosissimi) che tradizionalmente uno dei mali dell’azienda.
Un tempo gli italiani hanno voluto bene alla Rai, e lo stesso sentimento lo provano, come me, tanti ex – dipendenti. Quel che ci aspettiamo (ma forse non arriverà mai) un Governo aziendale che sia degno della fedeltà dei sudditi.
3 commenti:
Mandare via ,prima del tempo, una persona come te dalla Rai è un grave atto di autolesionismo da parte dell'Azienda (come è stato riconosciuto dagli stessi Capi).
Per quanto mi riguarda continuo ad amare la Rai e a fare con passione e rigore il mio lavoro, e continuo ad augurarmi che arrivino persone che sappiano governare questa Azienda, che salvino la meritocrazia e che torni il desiderio di fare bei programmi !Vorrei anche che si ricordassero che la Rai è un servizio pubblico ( me lo avevano insegnato appena entrata in Rai) e che lo spettatore merita rispetto.
Sono molta ingenua?
Grazie del tuo articolo
Sono una di quegli/e Italiani/e che da molti anni non ha più un tv set e seguo solo radio rai 3 (i concerti e poche altre trasmissioni). Capisco, per questo, assai poco di programmi televisivi. Vedo invece con chiarezza che il Prof. Monti conferma questa sua speciale fissazione per le banche (Merryl Linch, ecc) e per la London School of Economics, ambienti da cui pesca le sue "Risorse Umane". Mi ricorda tanto i Fugger.
Non sembri piaggieria, anche perchè sono fermamente convinto di quanto sto per scrivere. La qualità della programmazione cinematografica della RAI non è mai stata così elevata, come nel periodo in cui a stabilirla era lei. Non aveva solamente un intento di intrattenimento (obiettivo che peraltro raggiungeva ampiamente) ma anche divulgativo e - mi si passi il termine - educativo. Non so quanti lustri sono che non vedo un film programmato dalla RAI. Certo i tempi sono cambiati, ora ci sono i DVD, per cui un appassionato può recuperare una pellicola ben prima che passi alla televisione. Ma sono dell'idea che il nocciolo della questione non sia affatto questo. C'è una sciatteria imperante nei vari palinsesti (non solo quelli RAI, ad onor del vero) che investe anche le scelte riguardanti i film. Si ha la sensazione che per chi è nella "stanza dei bottoni" la programmazione di un film sia soltanto qualcosa che faccia da contenitore ai vari blocchi pubblicitari. Nè più nè meno. Un contesto improponibile per i tanti telespettatori che hanno ancora rispetto per il Cinema.
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