Semi dolorosa confessione autobiografica in presenza di un tentativo di collaborazione fallito prima di iniziare. Sarei grato di conoscere le impressioni dei lettori ma, vi prego, siate severi ma non crudeli!
Fra le diverse pubblicazioni che leggo con una certa regolarità c’è anche “Il foglio” di Giuliano Ferrara. Soprattutto per l’edizione del sabato, di cui è responsabile Giuseppe Sottile, e che mi ha sempre interessato per la scelta di dedicare ad un argomento dato una pagina intera (o anche due, se necessario) e, soprattutto, per la scelta degli argomenti stessi. Faccio un riferimento duplice. Attingerò, si badi bene, a brani pubblicati circa un mese dopo aver scritto, pressapoco agli inizi di luglio, l'e-mail (con allegati) di cui faccio cenno più sotto. Ecco, dunque, qualche esempio di articoli recenti che ho trovato stimolanti. Nel numero di sabato 11 agosto in prima pagina c’era un interessante scritto di Paolo Rodari intitolato: “Lo spirito delle suore di St.Louis”. Vale a dire un ritratto della potenziale “rivolta” delle superiore dei principali ordini di suore esistenti negli Stati Uniti. A pagina III un brano altrettanto interessante, intitolato “Addio alla carta?” centrato sul progressivo abbandono dei lettori (di quelli più giovani, credo) dei giornali appunto scritti su carta, per scegliere via via quelli su internet (mi ricordo quando il proprietario di uno dei più importanti quotidiani del mondo, il “New York Times”, annunciò, fra lo sbalordimento generale, che il suo stesso giornale di li ad una decina di anni sarebbe praticamente scomparso). Infine a pagina IX ecco un articolo di Matteo Marchesini che rievoca, ancora a piena pagina, la figura di Arrigo Cajumi “intellettuale scettico ed epicureo” sotto il titolo “Un limone sott’aceto”. Da ragazzo ho letto molte volte, con una reazione che andava dall’interesse allo sbalordimento, i “Pensieri di un libertino”, pubblicato da Longanesi nel 1947. Molte allusioni e molti riferimenti, spesso radicati in quella Francia del 7/800 che per Cajumi era la patria ideale, mi sfuggivano per colpa della mia cultura incompleta (è restata tale). Ma certamente rimasi affascinato dalla complessità dei rimandi letterari e dalla polemica rivendicazione di un patriottismo “emiliano-piemontese”, allora abbastanza incongruo nelle patrie lettere. Nell’articolo di Marchesini ho pescato un sacco di notazioni interessanti ed ho anche appreso che il letteratissimo, raffinatissimo e snobbissimo Cajumi era poi diplomato in ragioneria (come, credo, Montale).
Queste annotazioni, riguardano, come ho scritto prima, il numero del sabato 11/08/2012. In quelle del sabato successivo, 18 agosto, ho letto con interesse “Colorado di blu o di rosso” un articolo di Andrea Mancia e Cristina Missiroli che, viene annunciato come la prima di una serie di ricognizioni negli Stati decisivi della campagna presidenziale americana. Il titolo riguarda infatti lo Stato del Colorado e analizza le possibilità di vittoria che vi avranno democratici e repubblicani alle prossime elezioni americane. Un altro articolo molto interessante, a pagina III, è “Damnatio Lukács” ancora di Matteo Marchesini, dedicato a quel György Lukács, intelligente e spietato intellettuale marxista che fu, se ricordo bene, citato a spada tratta dal Guido Aristarco di “Cinema Nuovo” (una rivista che nel dopoguerra affascinò per anni molti cinefili, ma non me, e fu tuttavia l’incubatrice di molti critici di vaglia, dal raffinatissimo Guido Fink al combattivo Adelio Ferrero, via via che si liberarono dall’ipoteca aristarchiana). Altro articolo interessante a pagina IV: “La Pomigliano di Francia”, ove Stefano Cingolani analizza i primi, faticati, mesi di carica di François Hollande (tanto amato dalla sinistra italiana quanto è stato odiato “Sarkò”) e in particolare i problemi che nascono dai licenziamenti annunciati da Air France e da Alcatel-Lucent e, ancor più, da Thierry Peugeot, il quale ha preannunciato il taglio di ottomila posti di lavoro e l’imminente chiusura di una fabbrica situata a Aulnay-sous-Bois, vicino a Parigi, dove il 62,5% degli elettori ha votato per Hollande. Mi è parso altrettanto interessante, anche se il personaggio ritratto non mi ha mai stimolato molto, “Wunderkind” di Andrea Affaticati, dedicata a rievocare la figura di Rainer Werner Fassbinder (1946-1982) tempestoso regista tedesco a cui di recente Jürgen Trimborn ha consacrato, proprio nel 30° anniversario della morte, una biografia intitolata “Ein Tag ist ein Jahr, ist ein Leben” (ovvero “Un giorno è un anno, è una vita”, da una frase dello stesso Fassbinder). Come si vede la scelta degli argomenti è abbastanza ampia e articolata, esplicitamente intesa a ricreare, più dell’edizione quotidiana del “Foglio”, sapore e gusto di un supplemento letterario ampiamente atteggiato.
Per farla breve ho finito col dar retta ad alcuni cauti suggerimenti di Lorenzo Doretti, il quale sosteneva che, secondo lui, le mie capacità di scrittura e di invenzione erano adatte al supplemento del sabato e che pertanto mi conveniva fare una cosa che, in genere, alla mia età faccio mal volentieri. E cioè offrirmi come collaboratore. E’ quello che, alla fine, ho fatto (la decisione mia, il povero Lorenzo non c’entra niente!). Ho inviato per e-mail a Giuliano Ferrara e Giuseppe Sottile una lettera (lo riconosco: troppo lunga e troppo pomposa) in cui appunto prospettavo l’eventualità di scrivere sul “Foglio” del sabato. Facevo presente che non mi offrivo per quel che riguardava il cinema, argomento che è già trattato severamente da Mariarosa Mancuso, ma, potenzialmente, per argomenti vari. E per togliere a Ferrara e Sottile la noia di andarsi a ricercare dei miei brani nel Blog ho allegato alla mia e-mail la riproduzione di 17 pezzi a suo tempo pubblicati in “Clandestino in Galleria”.
Non mi risulta che l’e-mail sia stata respinta, e quindi presumo che sia giunta a buon fine. Mi rendo conto che non potevo e non posso avanzare nessun diritto ma continuo a credere che alla mia età (a ottobre, se ci arrivo, avrò 83 anni) e dopo tanti anni di mestiere, due righe, anche secche, di risposta negativa me le sono guadagnate. Invece non mi è arrivato niente. Il che mi fa pensare che ho compiuto un duplice errore. Quello di essermi offerto, cosa che ormai faccio raramente, e quello di aver allegato un numero impressionante di pezzi, così da spaventare potenzialmente l’eventuale lettore. Adesso completo l’opera raccontando l’accaduto nel Blog, sperando di non attirarmi compatimenti e/o ironie. Ad uso degli eventuali lettori ripropongo qui l’elenco dei pezzi che avevo comunque inviato, e quello dei pezzi che non inviavo ma di cui citavo la data di pubblicazione nel Blog ed il tema. Forse così facendo esagero e divento ancora più noioso ma mi permetto di sottoporre ai lettori i due elenchi (i brani allegati e quelli citati) per vedere se faccio addormentare anche loro. Mi sono imposto di esternare questa piccola umiliazione giusto per conservare quel sapore di zoppicante autobiografia che il Blog rivendica sin dall’ inizio.
• I necrologi e la vita;
• Il dirupo di Di Rupo;
• Sempre morte a Montecitorio;
• Cavour era italiano?;
• La geniale e fragile etnologia di Gianni Brera;
• C’è Berlusconi al telefono;
• In the name of Sabatini;
• Due moment della Resistenza Francese;
• Camera Eye: i dimenticati piloti neri;
• Camera Eye: Il Trio Melting Pot;
• Camera Eye: L’eterogenesi del Fini;
• Genova, una ex-città tutta da scoprire;
• Prima puntata su Schoendoerffer;
• Adieu, Sarko!;
• Il Bianco perde il banco;
• Terremoti di oggi ma anche del passato: un’Italia rassegnata, e indifferente anche al ricordo meritevole di Zamberletti;
• La misteriosa lezione universale dei defunti che scaturisce dalle pagine dei necrologi nei giornali quotidiani.
B) BRANI CITATI
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•18 LUGLIO 2011
TREMONTI CRITICO LETTERARIO
UN INATTESO RIFERIMENTO A DUE ROMANZI DI GEORGES SIMENON ALLIETA LA VITA POLITICA ITALIANA
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DON MARIO E SIR ROGER
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Operazione Valchiria
•11 FEBBRAIO 2009
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•30 LUGLIO 2008
IL SORRISO DEL GRANDE TENTATORE
7 commenti:
Il commento può essere solo uno: chi non accetta non merita! Tanto meglio: avrà più tempo a disposizione per noi fedeli lettori del Suo blog.
Se devo essere sincero da Ferrara non mi sarei aspettato altro.
Non credo neppure che Il Foglio riceva centinaia di richieste di collaborazioni a settimana che renderebbero difficoltoso rispondere a tutti i richiedenti (la cosa accade per le case editrici che spesso giustificano la non risposta agli aspiranti scrittori col fatto che dovrebbero assumere una persona ad hoc per svolgere unicamente quell'ingrato compito).
In ogni caso i dubbi sulla ricezione della sua email si possono superare impostando, poco prima che l'email sia inviata, la richiesta di risposta obbligata, per presa visione, da parte del destinatario.
La buona educazione( professionale e umana) insegna che la risposta sia dovuta sempre! Indipendentemente da chi si è : e tu sei uno dei più stimati e apprezzati critici cinematografici per usare solo due aggettivi ( Caprara insegna!).
Il fatto poi di avere 82 anni ( e mi auguro che tu arrivi a 100 per poter godere noi lettori del tuo blog tutte le cose che ci devi ancora insegnare)avrebbe preteso una doppia risposta perchè la tua "giovane" età esige maggior rispetto!
Gent. Prof. Fava. Leggo compiaciuta il suo ultimo articolo. Ma di quali compatimenti e ironie si può parlare!? Direi invece: "tanti complimenti, vivi e sinceri!"
Capisco perfettamente lo stato di frustrazione derivante dal silenzio, ma lei prosegua tranquillamente sulla strada più nitida che intravede per la divulgazione della sua conoscenza. Il silenzio, la mancata risposta è “un segno dei tempi”, esecrabili, purtroppo. Ivana
Gent. Prof. Credo di dover pultualizzare, per non essere fraintesa. Nell'esortarla a proseguire sulla strada che lei intravede più nitida, ecc. intendo invitarla a intraprendere, sondare altre strade, altri giornali, se lo ritiene opportuno, se per lei ha un senso. Talvolta è proprio dalla superficialità che altri ci riservano che realmente siamo nelle condizioni più giuste di calibrare l'altro, l'interlocutore, anche silente.
Un saluto. Ivana
Nel merito, è sicuramente una perdita per i lettori de Il Foglio del sabato, più che non una fonte di rammarico per l'Autore.
Nella forma, una netta maleducazione, che, per la mia esperienza, è sempre più diffusa.
Ne parlo con una singolare, piccola e doppia competenza visto che, da un lato, mi trovo a ricevere molte mail di persone che mi sottopongono idee, lavori e proposte, e, dall'altro, mi trovo abbastanza spesso a inviarne a mia volta.
Mi irrita così tanto la maleducazione del silenzio (subìto) che ho fatto un punto di onore di cercare di rispondere sempre a tutti (anche se in certe giornate si tratta anche di decine di mail).
Non credo neppure si tratti di una questione materiale, ma di educazione e di stile: ho ricevuto cortesi risposte di Personalità collocate in Ultramondi Empirei in Seduta Perenne nel Collegio dei Dieci Assenti e compunti e compresi silenzi di attachés, luogotenenti e Assistenti al Soglio sicuramente nullafacenti o quasi.
Lo stile non è acqua.
Un sorriso malinconico. Questa è la reazione, caro Claudio, che mi ha suscitato "Erba Foglio". Voglio dire: siamo in Italia, e ho perso definitivamente le speranze che, nella cultura come nell'economia, si possa un giorno vedere qualcosa di coerentemente compiuto sotto il segno dell'intelligenza. Non leggo la pubblicazione in oggetto, tuttavia un giorno -navigando- sullo schermo del PC trovai uno scritto colà apparso dedicato a uno scrittore francese contemporaneo in odore di zolfo: Gabriel Matzneff. Ero convinto che mai nessuno in Italia avrebbe osato tanto: rimasi dunque favorevolmente colpito e -dentro di me- compiaciuto, per il "coraggio" (certo, venivano sottolineati gli aspetti più 'facili' e 'pruriginosi' legati alla figura di Matzneff, senza andare a fondo sulla sua grandezza di scrittore "alla Montherlant", ma era già molto così). Bene, conservai, come hai fatto tu, il mio giudizio positivo, pur restando un "non lettore" della pubblicazione (accedo alla cultura francese, di ieri e di oggi, attraverso altri canali). Ora tu parli di "sapore e gusto di un supplemento letterario ampiamente atteggiato".
Ecco, ci siamo: sei sicuro che -ripeto: da noi, in Italia- sia proprio questo l'atteggiamento giusto? Quando, ormai molti anni fa, Michel Mourlet diede vita al mac-mahonismo (e lo dico a un genovese: Genova è l'ultima città dove si conserva ricordo -Sandro Ambrogio, Massimo Marchelli...- del mac-mahonismo), Michel Mourlet, dicevo, scrisse "Sur un art ignoré", "Présence du Cinéma", "Matulu", non prevedeva nessuna modalità "ampiamente atteggiata". Occorreva difendere e promuovere un tipo di cinema, quello della trasparenza dello sguardo, del rifiuto dell'intellettualismo, del montaggio invisibile, della 'mise en scène' come elemento dirimente tra registi buoni e meno buoni. Quindi: sì a Lang-Walsh-Preminger-Losey; diffidenza per Welles e Hitchcock.
Ma come si può scrivere contemporaneamente di Matzneff e di Luckacs? (Voglio dire: non c'è paragone di 'tribune', di considerazione, di 'stima' delle quali i due hanno goduto...).
Come si può, in germanistica, dedicare attenzione a R.W. Fassbinder e dimenticare, poniamo, Eduard Morike o Annette Von Droste-Hulshoff -o Hans Carossa- ???
Quindi, caro Claudio, rimani qui, deh, rimani qui, e parlaci (io lo so: solo tu lo puoi fare...) del ligure Alfredo Obertello, del comasco Carlo Linati, dell'istriano Quarantotti Gambini; del fatto che il maggior manzonista di sempre è stato don Cesare Angelini... Parlaci di Francesco Serantini, scrittore di valli (di Comacchio), di Nicola Lisi. Parlaci dei grandi poeti del Sud: Vittorio Bodini, Bartolo Cattafi, Angelo Maria Ripellino...
Ti leggono in tanti: promuovi questi nomi, da qui!
E se proprio vogliamo entrare nel campo che ti è caro (la storia francese), perché non spieghi a noi, tuoi affezionati lettori, chi fu, per esempio, Maxime Weygand ?
O, in letteratura, Paul-Jean Toulet e Valéry-Larbaud?
Non prendertela, e rimani con noi.
Maintenant je me fige au garde-à-vous, et je Vous salue respectueusement: Mes respects, mon commandant!
G.F.
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