Blog - Crediti


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17 maggio 2011

A DOMANDA RISPONDE

Carissimo Sig. Fava,

ringraziandola sempre per i contenuti che pubblica sul blog (sono in curiosa attesa delle prossime telefonate!) le vorrei gentilmente chiedere un commento sui cortometraggi di Ciprì e Maresco che sono andati in onda nei primi anni 90 ospitati, se non ricordo male, da Blob. Ovvero "Cinico TV", sul quale la Cineteca di Bologna - Il Cinema Ritrovato ha prodotto il primo di due cofanetti monografici pare molto ricchi, che ho intenzione di acquistare.

Ai tempi, li ho seguiti distrattamente e con un atteggiamento un po' scanzonato (per quanto "orridi", l'aspetto comico è evidente - questione sulla quale mia moglie, diciamo così, dissente in modo vivace), mentre oggi riguardandoli su YouTube intuisco che ci fosse molto altro dietro. Dei due lungometraggi ho visto solo il primo, direi, ma ricordo poco. Se mai fosse a corto di argomenti (dubito!) sarebbe per me cosa graditissima leggere la sua opinione sul lavoro di Ciprì e Maresco.
La ringrazio molto e le porgo un cordiale saluto, sperando che con la primavera i suoi guai di salute invernali siano ormai risolti! Non sono più un assiduo "consumatore" di televisione (figlia piccola, suocera, ho perso "il diritto di telecomando") e sono veramente contento di poter supplire alla mancanza di sue apparizioni in tv con il suo blog.

Davide Barranca

PS
Avrei un'altra domanda - della quale un po' mi vergogno: gliela porgo ugualmente, mi perdoni...
Sempre a causa della suocera di cui sopra (santa donna, ovviamente, ma pur sempre suocera), sono stato - diciamo così - piuttosto esposto ad una soap tedesca che Rete Quattro manda in onda ad ora di cena da qualche anno (il titolo italiano, che suona atrocemente, è "Tempesta d'Amore", essendo una traduzione quasi letterale, credo, dell'originale "Sturm und Liebe"). Vi recitano diversi (a mio parere) ottimi caratteristi, tra cui Dirk Galuba che ricordo assiduo in ruoli vari ne "L'ispettore Derrik", più attori giovani che si tempestano in vicende sentimentali più o meno credibili. Ammetto di essermi appassionato, ma più per la solidità della struttura "di contorno", che reggono sulle spalle appunto questi quattro o cinque attori "più esperti"; per quanto anche le nuove leve mi paiono enormemente (con qualche rara eccezione) più credibili dei corrispettivi italiani. Evidentemente in Italia arrivano i "prodotti televisivi" (virgoletto, perché per me è sempre strano parlare di prodotti) migliori - la Germania sarà invasa da zozzerie come noi, chissà. Però mi sembra che esista un "professionismo" anche in quel campo che garantisce un livello godibilissimo, mentre da noi... ecco: meno.
Sbaglierò, ma generalizzo a partire dal campo che conosco meglio (quello della fotografia, come ha indovinato mi occupo di post-produzione): il cosiddetto "alto livello" è rimasto, e più o meno prospera. Mentre il medio professionismo, un'intera categoria di solidi, capaci lavoratori (fotografi di prodotti per la Barilla, per le aziende regionali medio-piccole, fossero meccaniche, alimentari o di piastrelle) è stato decimato, sostituito dall'improvvisazione. Tra un prodotto di media-buona fattura che costa 100 e uno gratuito, per quanto quest'ultimo sia difettoso viene preferito - e si arrotonda sempre verso il basso.
Ho un po' l'impressione che lo stesso valga (con altri criteri, immagino) anche nelle produzioni televisive "di consumo". Lei che ne pensa? Sarà anche merito degli ottimi doppiatori italiani (mentre certe attricette italiane da primo pomeriggio sono veramente inascoltabili), però anche una Tempesta d'Amore, pur non aspirando ad essere null'altro che intrattenimento, non fa sentire in colpa anche spettatori casuali come me: e non ci vuole molto, attori credibili e dialoghi ben studiati (in un certo senso, è una soap che potrebbe essere tranquillamente "radiofonica").
Mi rendo conto ora di essermi fatto prendere un po' la mano, mi scuso e la saluto subito!

RISPOSTA (IN PARTE GERMANICA) A DAVIDE BARRANCA

Visto che Davide Barranca è uno dei pochi che mi scrive rispondo subito alla sua lunga lettera.
Andiamo per argomenti: per quel che riguarda le prossime telefonate vorrei esortare lei e gli altri lettori interessati ad avere ancora un po’ di pazienza. Spero nelle prossime due settimane di risolvere tutti i problemi posti dalla ricerca di numeri e dall’assenso agli interessati e di cominciare, sempre con l’aiuto di Lorenzo Doretti, a registrare le prime conversazioni.
Per quel che riguarda Ciprì e Maresco devo confessarle che, contrariamente a molti altri colleghi sono, di fatto, deplorevolmente ignaro in materia. Quindi lei non potrà leggere la mia opinione in proposito data la mia (quasi) totale ignoranza. Naturalmente so dei due quello che sanno tutti. E cioè che Daniele Ciprì (Palermo, 17/08/1962) e Franco Maresco (Palermo 1958) sono due registi, anche sceneggiatori, montatori, direttori della fotografia. Mi rifaccio a quel che è scritto in Wikipedia (così lei può controllare su due piedi). E cioè che, inizialmente scoperti dalle reti Fininvest, vengono successivamente inseriti da Enrico Ghezzi in “Blob” e si presentano “come una variante delle teorie del Trash del momento, comparendo con i loro sketch grotteschi e crudi”. Proseguendo nella lettura si trova anche che la continuità di cui danno prova “apre una finestra verso un mondo artistico, un mondo sub-umano, un mondo a parte, un mondo trascurato, dimenticato, un mondo che risponde solo all’idea di Post-moderno, Post-atomico, Post-storico, ma anche meta-storico, un cinema che racconta il dopo in maniera fortemente metaforica”. Si continua ancora così per parecchie righe e la voce è poi articolata in numerosi capitoletti che riassumono il misterioso e forse coraggioso cammino dei due registi. Sino ad ora essi hanno diretto almeno quattro film. E cioè “ Lo Zio di Brooklyn” (1995), “Totò che visse due volte” (1998), “Il ritorno di Cagliostro” (2003) e “Come inguaiammo il cinema italiano- la vera storia di Franco e Ciccio” (2004). Quest’ultimo film ha visto anche la collaborazione di un amico, e cioè Tatti Sanguineti, a cui eventualmente potremmo chiedere lumi in futuro. Il responsabile de “La Cineteca di Bologna” e de “Il cinema ritrovato” è il direttore della Cineteca stessa, Gianluca Farinelli, che anch’egli è un caro amico (non glie ne ho ancora parlato ma vorrei includerlo proprio nelle prossime telefonate). Mi faccia sapere se posso esserle utile per qualche specifica richiesta.
La ringrazio per la sua attenzione al mio Blog e passo ad occuparmi della soap-opera tedesca. Grazie ad una signorina che si chiama Laura ho fatto una attenta ricerca in Internet ed ho trovato, come oramai accade sempre con questa sorta di immensa libreria elettronica, molto materiale al riguardo. Il titolo tedesco originale di “Tempesta d’amore” è, per l’esattezza, “Sturm der Liebe”.
Si tratta appunto di una soap-opera ambientata in un lussuoso hotel a 5 stelle nei pressi di Monaco di Baviera, il Fürstenhof. In realtà è un castello privato situato nel paesino di Vagen, attualmente di proprietà della famiglia dei baroni Aretin. Il castello fu costruito nel 1768 ad opera dell’architetto Anton Vogt. Il palazzo è stato ampliamente rinnovato dai proprietari attuali nel 1995. A quanto sembra il paesino di Vagen (1.600 abitanti), situato nell’Alta Baviera, a circa 35 chilometri da Monaco, é ormai diventato famoso in tutta la Germania e, se ho capito bene, è meta di gite celebrative. Per quel che riguarda la soap non ho dubbi sul successo ottenuto presso sua suocera. Pensi che anche la nonna 95enne di un amico scaccia tutti quando deve vedere “Tempesta d’amore”. Ho appreso (è prodotta da una società bavarese ben conosciuta, la Bavaria Film) che in Germania va in onda a partire dal 26 settembre 2005 sulla “Erste”, la “Prima”, cioè la ARD, che è appunto la prima, e credo la più importante rete televisiva tedesca. In Italia ha cominciato ad essere programmata dal 5 Giugno 2006 – abbastanza rapidamente, tenuto conto dei tempi del doppiaggio - e da allora continua trionfalmente il suo cammino, ovviamente in Germania ma anche in Italia, dove è programmata su rete 4 ( e prima su canale 5). Si tratta di episodi di 48/50 minuti l’uno, che adesso sono diventati addirittura 1.322 (mi chiedo come facciano ad allestirne 5 alla settimana di quella lunghezza) più quelli in produzione per la settima serie: dovrebbe arrivare sui teleschermi italiani verso giugno/luglio 2011. Nei primi anni al centro della soap c’era un personaggio (forse era un cuoco) che si chiamava Robert Saalfeld (“Tempesta d’amore” sembra ricca di Saalfeld; ci sono stati, nel corso degli anni, anche Werner, Charlotte, Barbara e Valentina Saalfeld, ma non conoscendo il programma non ne conosco neppure il motivo). Robert era interpretato da un attore di chiara origine siciliana, Lorenzo Patanè, nato a Catania ma che i suoi genitori hanno portato in Germania quando sono emigrati e lui aveva pochi mesi. Non so neppure se e quanto conosca l’italiano (il suo doppiatore è stato Renato Novara) ma ho scoperto che è popolare non solo in Germania ma anche da noi. Proprio per il prolungato effetto ipnotico tipico delle soap, da tanti (compresi politici e demoscopi) scioccamente sottovalutato. Non ho mai visto “Tempesta d’amore”e probabilmente non la vedrò mai ma sono pronto a credere sulla parola al suo giudizio. Lavorando a RAI Due, fra le mille e altre cose, su e intorno a Derrick
– contrariamente a quanto molti credono il programma non l’ho portato io in Italia ma l’amico Piero Castellano, anche se poi l’ho gestito per circa tredici anni - ho finito con l’occuparmi di diversi programmi tedeschi. Sempre della ZDF, la Zweite Deutsche Rundtfunk , la seconda rete pubblica, che avendo Derrick nelle mani era diventata semi padrona del mercato televisivo tedesco nel mondo. Fra l’altro importai e lanciai con buon successo una doppia serie poliziesca che nell’originale aveva un unico titolo, “Der Alte”, inteso alla tedesca nel senso di “Il vecchio” ma anche “Il Capo” (ad esempio nei sommergibili il comandante è sempre stato chiamato “Der Alte”, quale che fosse la sua età). In Italia fui costretto a sdoppiarlo in “Il commissario Kress” e “Il Commissario Köster”(ovviamente la dieresi implica che la “o” sia pronunciata come la “eu” francese. Ma non sono mai riuscito ad ottenerlo dai doppiatori, ormai romani o romanizzati, per cui il suo nome venne sempre riprodotto con una “o” apertamente italiana. Sono cose minime ma a me fanno venire un nervoso enorme). Ma non c’erano solo i due commissari, peraltro al centro di due polizieschi di buona confezione ed uno dei due era anche un eccellente attore. Ci fu anche uno sceneggiato, di cui trasmettemmo almeno una settantina di puntate, intitolato “Die Schwarzwald klinik”, puntualmente tradotto in “La clinica della Foresta Nera”.
Anche questo un prodotto tipicamente germanico, che credo provenisse anch’esso dalla Baviera (sino dai primi tempi della Repubblica Federale la maggior parte della produzione cinematografica e televisiva tedesca, non trovando più spazio nella quadripartita Berlino, si concentrò a Monaco, dove, non a caso, è nato, è stato prodotto ed ambientato “Derrick”).
E proprio a Monaco girai un documentario su Derrick, scoprendo, fra l’altro, che il protagonista Horst Tapper proveniva dal teatro leggero e potei inserirvi anche un brano d’altri tempi in cui egli
cantava e ballava. “La clinica della Foresta Nera” era un programma mieloso e furbesco, ma non volgare, e nella sua convenzionalità da soap-opera, tipicamente tedesco nella sua mescolanza di sentimentalismo romanzato e di precisione tecnologica: non a caso era ambientato non in un albergo ma in una clinica (anche essa lussuosa ed immersa nella campagna bavarese) ove tutto si svolgeva secondo le regole dello sceneggiato “sanitario”portato poi alla perfezione in America da “E.R. medici in prima linea”. Credo quindi di poter capire facilmente tonalità e intenzioni di “Tempesta d’amore”, anche se qui manca la tonalità “medica” che in qualche modo nobilitava “La clinica della Foresta Nera” ed in compenso l’ambientazione in un albergo di lusso implica un ovvio scivolamento verso il dramma magari malizioso.
Credo per ora di avere esaurito l’argomento. Se Davide Barranca è soddisfatto così mi accontento. Altrimenti resto a disposizione per eventuali, e noiosi, trascorsi autobiografici.

3 commenti:

Giuseppe D'Amico ha detto...

Ho seguito molto gli short-film di Ciprì e Maresco, in particolare per essere stato tempo fa un assiduo spettatore di "Blog" di Ghezzi, nell'ambito del quale venivano mandati in onda. A mio avviso, trovo che parte della critica italiana abbia ecceduto nel lodare la loro "arte". Innanzitutto, non sono, come detto da alcuni, i primi ad essere dei film-maker totali. A parte che fiumi di inchiostro si sino sprecati per una simile definizione, ma basta fare un salto in U.S.A. per trovare un John Carpenter che non solo, come il duo siciliano, "firma" la regia, la fotografia, il soggetto e la sceneggiatura dei suoi film, ma pure li musica. Non solo. Il taglio documentaristico dei film di Ciprì e Maresco è stato molte volte paragonato a quello pasoliniano. Trovo questo non solo una "bestemmia" verso un grande del cinema e della cultura italiana, ma faccio notare come il realismo di Ciprì e Maresco sia popolato da veri e propri "freaks" che, sebbene in effetti presenti nella società, rappresentato un caso limite delle umane bassezze che il buon gusto vorrebbe non si mostrassero. E non solo, anche in questo caso basterebbe ricordarsi il film di Browning "Freaks", anni Trenta americani, per trovare una chiave di lettura di quell'universo certamente più particolare e artistica, scoprendo anche in questo caso che i nostri nulla hanno inventato di nuovo. E chi trova che "Totò che visse due volte" sia un capolavoro di Ciprì e Maresco, ricordo solo la scena in cui un uomo sodomizza un mulo tenuto fermo da un contadino. Insomma, quadri realistici i film di Ciprì e Maresco lo sono, ma talmente alle soglie del "caso limite" da essere a tratti disgustosi, impietosi e fini a se stessi. E se a tratti si può anche ridere, memori del dantesco "e del cul fece trombetta", dei rumori intestinali di Pino Paviglianiti, attore-emblema del cinema di Ciprì e Maresco, per il resto, a mio modesto parere, si tratta solo di una maniera furba di fare cinema puntando sulla volgare provocazione, a tratti, come in "Totò che visse due volte", anche blasfema.
GIUSEPPE D'AMICO

Anonimo ha detto...

Bisognerebbe sentire Sanguineti, che con loro ha collaborato spesso. Anche nella loro ultima trasmissione televisiva andata in onda su La7, "I migliori nani della nostra vita".
MATTEO

Anonimo ha detto...

Gentile G. Fava,
seguo il suo blog con vivo interesse. Secondo me per divulgare i suoi video in maniera più capillare bisognerebbe utilizzare youtube.
Se me lo consente potrei inserirli nel mio canale www.youtube.com/damianodebiasi
dove ho caricato video sul cinema che ho fatto io e altri che ho trovato in giro per internet.
Mi faccia sapere. Damiano