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18 agosto 2011

Considerazioni su Comuni, Province...

Considerazioni su Comuni, Province e Regioni

I Prefetti, i Carabinieri, il Tricolore con e senza stemma, e molti altri argomenti di moda, fra cui una doppia citazione di Giuseppe Conte

In attesa delle prossime telefonate (le sto preparando ma debbo aspettare dopo Ferragosto, quando Lorenzo Doretti sarà di ritorno dalla montagna, da Santa Margherita e dal Palio dell’Assunta e gli “interrogandi” torneranno in sede) avrei alcune osservazioni da formulare, in particolare su un “processo pubblico” al Conte di Cavour, narrato nel “ Corriere della Sera” e su un articolo di Giuseppe Conte, apparso nel Secolo XIX, a proposito delle rivolte in certi quartieri di Londra e di altre città inglesi. Inoltre voglio far cenno di un mirabile libro-DVD, una splendida antologia. orchestrata e commentata da Martin Scorse, e dedicata a Elia Kazan.

Prima però vorrei scrivere qui qualche rilievo a proposito della proclamata, anche se per ora non completamente articolata, abolizione total-parziale delle province e sui futuri compiti delle Regioni. Si tratta di questo: ho la sensazione che i politici italiani, di destra e di sinistra, non abbiano le idee chiarissime sulla successione storica che ha portato alla creazione delle Prefetture. Esse risalgono, ovviamente, al Regno di Sardegna, le cui istituzioni vennero trasferite di peso nel 1861 nell’ appena costituito Regno d’ Italia. Se i politici non lo sanno è perché tutta la celebrazione dell’ unità d’Italia viene vissuta all’ interno di una sprezzante povertà di informazioni, per cui tutto il passato della storia unita del nostro Paese è stato annesso senza menzione. Ad esempio tutto quel che è successo dal 1861 al 1946 viene detto o non detto, senza mai specificare di chi fosse la responsabilità, almeno teorica, e sotto quale bandiera ( il Tricolore, certo, ma con lo stemma sabaudo) si sia svolto quel che si è svolto. In sostanza dal 1861 ad oggi sono appunto 150 anni, di cui 85 sotto la Monarchia e 65 sotto la Repubblica. Ma il primo periodo è stato completamente cancellato, per cui si finisce con il dar ragione a Gianni Morandi il quale in una demente dichiarazione, resa credo in un luogo pubblico, se non in televisione, una volta disse con gioia che nel 2011 si festeggiavano i 150 anni della Repubblica. Cancellati, quindi, cantando, 4 Re (Vittorio Emanuele II, Umberto I, Vittorio Emanuele III, Umberto II). La qualcosa farà forse piacere ad Emanuele Filiberto ma soffre di una penosa inesattezza storica, che peraltro trova conferma in tutte le attuali celebrazioni dell’ Unità. Non solo ci si annette sfrontatamente il passato ma lo si fa senza precisazioni. Ad esempio si festeggia l’ anniversario del tale Corpo militare o para-militare ma, se la data di fondazione, è superiore ai 150 anni non si precisa che l’ avvenimento si è svolto all’ interno del Regno di Sardegna. Le cui istituzioni vennero “ traslocate” pesantemente nel nuovo Stato, mentre non si ereditò nulla dagli Stati precedenti: salvo la Nunziatella non mi risulta, ad esempio, che siano stati conservati reparti, formazioni, nomi di reggimenti eccetera, dell’ esercito delle Due Sicilie. Il quale magari ha fatto brutta figura con Garibaldi ma non merita il disprezzo con cui l’ abbiamo sempre circondato.

Ora la ventilata abolizione di molte Province implicherebbe la contemporanea sparizione dei Prefetti, le cui giurisdizioni con esse generalmente coincidono. E i Prefetti costituiscono una decisiva saldatura fra l’ Italia del passato e l’ Italia di oggi. Molti non si chiedono neppure perché essi esistono, ma la ragione è semplice e molto interessante. Risalgono infatti a Vittorio Emanuele I il quale, nel 1814, al ritorno dal lungo esilio in Sardegna, si trovò a reggere un Piemonte ( il Congresso di Vienna gli regalò anche la Liguria) profondamente mutato a causa dell’ esperienza napoleonica. Quando, appunto assieme alla Liguria stessa, era stato incluso senza complimenti nei confini della Francia. Al contrario della Lombardia (che divenne il centro di quel Regno d’Italia di cui Napoleone si attribuì la corona, delegando il “ viceato” al fedele Eugenio di Beauharnais, figlio di sua moglie Giuseppina) Piemonte e Liguria divennero dunque due ragioni francesi ed ebbero quindi diritto ad essere amministrate dai funzionari che lo stesso Napoleone aveva posto a capo dei “ dipartimenti”(il termine esiste tuttora in Francia) . Funzionari statali, fondamentali per la conduzione periferica di uno Stato fortemente accentrato e accentratore, come era la Francia napoleonica. Appunto tornando a Torino Vittorio Emanuele I scoperse Prefetti e Prefetture , li trovò utilissimi e decise di conservarli e di adattarli alle esigenze del Regno di Sardegna. Rivelatasi localmente fondamentali nella sorveglianza del territorio essi divennero decisivi nell’ Italia unita: sotto Giolitti, ma anche prima e dopo di lui, Mussolini compreso, i prefetti ebbero rapporti decisivi con gli amministrati e gli eletti locali. Caratteristiche formalmente ereditate senza sfumature dalla nostra Carta costituzionale e di fatto in parte conservate anche ai nostri giorni, insieme all’ altra fondamentale istituzione, involontariamente rinvigorita da Napoleone, che furono i Carabinieri. Scoprendo le Prefetture Vittorio Emanuele I scoperse anche l’essenziale funzione di quel Corpo insieme civile e militare che Napoleone aveva irrobustito in Francia, ereditando in parte le antiche funzioni della “Maréchaussée”. La quale rimontava addirittura al 1337, nel 1791 fu ribattezzata “Gendarmerie Nationale” e poi Napoleone la ingrandì e la usò ampiamente. Il Re di Sardegna fu così colpito dai gendarmi installati in Piemonte che decise di “ replicarli” nei suoi domini e “inventò” i Carabinieri Reali, emanando il 13 luglio 1814 le Regie Patenti che li istituivano, successivamente integrate con quelle emanate il 15 ottobre 1816. Non a caso il primo comandante apparteneva ad una famiglia savoiarda fedele a Casa Savoia, i Thaon de Revel (più tardi sono stati italianizzati e la “de” è diventata “ di”), successivamente molto nota per aver dato l’ ultimo Grande Ammiraglio della Regia Marina. La particolarità dei Gendarmi e quindi dei Carabinieri (l’ Arma per eccellenza) è quella di essere al tempo stesso un corpo civile e militare, particolarità che consente un impiego multiplo rispetto alle ordinarie forze di polizia, e che non a caso è stato replicato in altre nazioni: in Spagna con la Guardia Civil, in Portogallo con la Garda National Republicana, in Olanda addirittura con la Maréchaussée (si chiama proprio così, con l’ antiquato nome francese). Tutti questi corpi sono riuniti in una forza europea chiamata EGF o Eurogendfor ( Forza di gendarmeria europea) di cui dal 3 marzo 2009 fa parte anche la Gendarmeria Rumena. Va detto che vi sono altri due corpi che attendono di far parte dell’ EGF, e cioè la gendarmeria militare della Polonia e la “Viesojo Saugumo Tanyba” della Lituania ( non so che cosa voglia dire il nome ma mi sembra romanzesco). Infine vi sono paesi non ancora membri dell’ Unione Europea ove esistono forze di Gendarmeria e cioè la Serbia, la Moldavia, la Bielorussia senza contare la Turchia dove il Corpo si chiama “ Jandarma”, con la tipica europeizzazione di molti nomi della lingua turca, che presumibilmente risale all’ opera e al ricordo di Kemal Atatűrk. Credo che non molti lo sappiano ma il comando dell’ EGF ha sede a Vicenza, presso la Caserma dei Carabinieri “ Generale Chinotto”. Il coordinamento si chiama CIMIN, Comitato Interministeriale dei Ministri degli Esteri e della Difesa degli Stati membri della EGF. Dal 2005 i comandanti sono stati il Generale di brigata francese Gérard Deanaz, il colonnello dei carabinieri Giovanni Truglio ed è attualmente in carica il colonnello portoghese Jorge Esteves della Garda National Republicana.

Se un problema decisivo posto dalle nuove disposizioni approvate dalla Camera è appunto quello della ( parziale) abolizione delle Province un altro problema decisivo è quello dell’ implicito rafforzamento delle Regioni. Mentre scrivo non tutti i dati in proposito sono sicuri, dato che sino ad oggi disponiamo soltanto di un Decreto Legislativo del Consiglio dei Ministri. Ma è certo che entrambi i problemi pongono molti interrogativi. Può darsi che le Province siano così superflue come viene affermato adesso ma è certo che per molti di noi costituiscono un rinvio automatico ed un facile sistema di investigazione ( dov’è il Comune di XXX? Ah sì, è in Provincia di Potenza). Ancor più forte quando le targhe delle automobili recavano il simbolo delle Province e le possibilità di individuazione o di estraneità erano quasi istintive.

Le Regioni sono una istituzione prevista dalla Costituzione del 1948 ma faticosamente realizzata solo nel 1970 ( mi ricordo ancora l’ appassionata polemica antiregionale di Giovanni Malagodi) ed ora scaltramente difesa dalla Lega che vive nel mito della Padania. In realtà vi sono Regioni organiche ed altre che non lo sono per nulla. Ad esempio le Marche che cominciano romagnole e finiscono abruzzesi. Oppure la mia Liguria che a Ponente è quasi occitana mentre a Levante si identifica praticamente con la pseudo - Toscana di Massa Carrara. Non è un caso che proprio in Liguria la prevista abolizione delle Province di Imperia e di Savona da un lato e di La Spezia dall’ altro abbia provocato dichiarazioni irredentiste dei sindaci e dei politici locali, sia di centro - destra che di centro – sinistra.” Mai sotto Genova!” ha tuonato il sindaco di La Spezia ( città semi - ligure inventata dal Conte di Cavour, persona di cui l’ attuale Repubblica italiana preferisce dimenticarsi il più possibile) mentre dall’ altra parte, con l’ esplicita approvazione di Scajola, si avanza l’ ipotesi di formare un’ unica Provincia saldando insieme quelle di Imperia, Savona e Cuneo e, se possibile unendovi anche Nizza. Non so che cosa ne pensi Sarkozy ma sino al 1860 la Contea di Nizza era una specie di piccola capitale rispetto a Ventimiglia, Porto Maurizio, Oneglia e San Remo e si può dire che fino al 1940, e prima che a Ponente arrivassero compattamente i calabresi, la saldatura fra quel frammento di Liguria e quel frammento di Provenza fosse profondamente confitta nella psicologia delle persone.

Sono tutti argomenti che vorrei anche riprendere se fossi sicuro che interessano a qualche lettore.

P.S. Mentre stavo correggendo le bozze di questo pezzettino ho letto un articolo di Giuseppe Conte, sul Secolo XIX di oggi 18 agosto, intitolato “Riforme, poltrone e “secessioni”- La mia Liguria e i politici ridicoli”. Inizia in prima pagina e si conclude in penultima, così come accade con gli articoli di fondo. Riguarda appunto il tema della “ rivolta” ligure, di cui faccio cenno prima. Conte ritiene che “la possibile abolizione di enti di cui probabilmente il 90% dei cittadini non conosce le pertinenze e non vede l’ utilità”, ha provocato una “alzata di scudi …. a volte francamente ridicoli nella classe politica amministrativa, ed ha sollevato in Liguria “umori anti – genovesi presenti sotterraneamente da sempre”. Nella sostanza, ribadisce Conte, “la Liguria è una realtà culturale e sociale che vive di diversità” ma che ha un terreno comune “fatta di fasce di ulivi, di fichi e di limoni, della verticalità …..della vocazione al viaggio, della dura tensione etica, del cosmopolitismo”. E ricorda tanti nomi che ci sono cari da Boine, a Novaro, a Sbarbaro, a Caproni via via sino a Calvino, testimoni di una Liguria che non ha targhe ma “ che è spirito, energia di invenzione, capacità di sguardo” . Naturalmente Conte, che ha vissuto quindici anni a Nizza, sa benissimo che l’ ipotesi di formare insieme con lei un unico super Comune, unendola a Imperia, Ventimiglia e Cuneo, è lievemente ridicola, vista la profonda “francofilia” di cui sono caduti vittima i nizzardi da Napoleone III in poi, ove i compiacimenti para dialettali come il calcistico “ Issa Nissa” e il para politico “Nissa Rebella”, hanno poco fondamento in una Costa Azzurra saldamente ancorata a destra sulla costa ed a sinistra nell’ entroterra.

È un articolo molto interessante ( per tanti anni di giornale so che il titolo molto probabilmente non è dell’ autore ma di un redattore) su cui varrebbe forse la pena di ritornare.

Per ora mi è parso doveroso compiere almeno una citazione di merito.(Claudio G. Fava).

(battute numero 12.179).

1 commento:

Anonimo ha detto...

Interessante