VISTO
CON IL MONOCOLO
Pubblico qui il
testo della mia rubrica sul “Corriere Mercantile” apparsa domenica 21 ottobre.
Premetto che per antica abitudine mi rimetto sempre alla consuetudine
giornalistica per cui il redattore che “passa” e impagina un brano è il solo
abilitato ad inventare un titolo (chi ha uno sguardo globale su una pagina e sa
come modellarla deve decidere su come presentarla al lettore). Per cui riporto
qui il titolo che avevo apposto al brano (“SCOMPARIRA’ IL PROFONDO PIACERE DI
APRIRE E SFOGLIARE UN GIORNALE?” Oppure “SCRIPTA VOLANT, VERBA MANENT”) e
quello realmente apparso “IN DISCUSSIONE IL FUTURO DEL GIORNALE DI CARTA”.
Secondo me è più semplice e va meglio.
Qualche
giorno fa, in occasione del mio compleanno (83!) il mio amico Lorenzo Doretti
mi ha regalato una pubblicazione di Feltrinelli “real cinema” (libretto + DVD)
intitolato “Page One- dentro il New York Times”, documentario appena arrivato
in Italia. E’ centrato sulla notizia che il più importante quotidiano d’America
potrebbe, fra non molti anni, cessare le
pubblicazioni: calo della pubblicità, calo delle vendite, deficit sicuro. Unica
apertura la conversione totale alla versione on-line. Sta già succedendo nei
quotidiani americani di provincia. E’ di oggi la notizia che, dopo quasi 80
anni di vita, il 31 dicembre cesserà la sua vita cartacea il “Newsweek” diffuso
in tutto il mondo. Il documentario è girato all’interno della immensa redazione
del New York Times, con il concorso dei suoi più importanti (e preoccupati) redattori.
Ne vien fuori una singolare testimonianza sul giornalismo americano: essi considerano
tranquillamente il loro giornale il migliore d’America, e quindi del mondo, ma
al di là dei pregi e dei difetti (regia di Andrew Rossi, laurea a Yale, i
genitori avevano un ristorante italiano) ne emerge in modo schiacciante il
fatto che siamo di fronte ad una rivoluzione totale delle nostre conoscenze
collettive: cambieremo modi di vivere e pensieri. Non solo dal 1884, quando Mergenthaler inventò la rivoluzionaria Linothype,
ma forse addirittura dai tempi di Gutenberg l’umanità non aveva conosciuto
nulla di simile. La sparizione della carta come strumento di lettura
(potenzialmente non solo dei giornali ma anche, grazie agli e-book, dei libri)
traccerà un solco decisivo fra come siamo vissuti negli ultimi secoli, e come
vivremo (e penseremo) fra poche decine di anni, e forse meno. E terribile
scrivere questo proprio su un giornale, ed un giornale nella cui tipografia,
una quarantina di anni fa, passai migliaia di ore a sorvegliare un tipografo
che sotto i miei occhi allineava, con mani prensili righe e righe di piombo, di
spazi e di “filetti”, per costruire una pagina. Quello creato dalle Linothypes
è un mondo non solo totalmente scomparso ma incomprensibile per i giornalisti
più giovani.
Sarà
così anche per i giornali stampati? Non oso pensarci.
NOTA ULTERIORE PER IL
BLOG
Per motivi di spazio
(con la redazione del “Corriere Mercantile” abbiamo convenuto che la mia
rubrica misuri 2200 battute) e forse anche per mia colpevole distrazione, nel
testo ho tralasciato una importante
precisazione. E cioè che la vera debolezza del New York Times – ed è quella che
terrorizza i giornalisti - è rappresentata dal fatto che i vari siti web
utilizzano, ovviamente senza pagare, le notizie che i redattori del quotidiano
si sono procurate faticosamente in cambio di un salario. Nel documentario se ne
dà una prova visibile mostrando un fac-simile di pagina tutto colmo, in un dato
giorno, di notizie ad una colonna con il loro titolino, e ritagliando tutte le
notizie successivamente apparse nei web: la pagina era completamente costellata
di fori. Ne vien fuori un immagine di giornalismo tutto centrato sulla notizia
in sé (di cronaca interna, di cronaca politica, di spettacoli, di notiziario
internazionale e bellico, eccetera) il che dà un’ idea inesatta delle varie
possibilità concesse ad un grande quotidiano. Ed in particolare di quelle che
si articolano in un numero del New York Times, costituito di fatto da quinterni
ognuno dedicato ad un singolo argomento, dalla cronaca nera a quella teatrale e
cinematografica, e, naturalmente, ad un numero molto alto di recensioni di
spettacoli e di libri, oltre che di rubriche singole e personalizzate, spesso
famose nella grande tradizione del giornalismo anglosassone giunta ormai
anche in Italia (chi è stato a New York
sa che la domenica il quotidiano era talmente corposo e constava di un tal
numero di pagine che all’edicola veniva consegnato avvolto con il fil di ferro:
almeno è quello che succedeva ai miei tempi).
2 commenti:
Sempre interessante il tuo articolo !L'eventuale scomparsa della carta stampata mi agghiaccia! Mi sembra la perdita di qualcosa di prezioso. Ho l'impressione che l'uso sfrenato del computer ( strumento utilissimo) stia creando qualcosa di mostruoso :la perdita del rapporto individuale!Mi sembra che si perda il desiderio di parlare guardandosi in faccia , sentendo le sfumature della voce, i cambiamenti delle linee del viso, cose che fanno parte della comunicazione fra individui . Si ha paura dei riti : comprare un giornale , aprirlo , sentirne l'odore, il rumore dei fogli...ora deve essere tutto veloce, ( finta velocità) scambiando la velocità per intelligenza. Mi auguro di sbagliarmi e che si vada verso un mondo migliore, ma ho i miei dubbi: secondo me il passato deve essere anche salvaguardato , altrimenti diventiamo burattini!
Grazie ancora.
L'articolo sulla carta stampata e la sua ipotetica fine mi ha fatto riflettere(io l'avrei intitolato "scripta volant, verba manent" per quanto ricercato possa suonare...)
Anche se dirlo suona poco ecologico: io amo la carta stampata!
Il piacere dell'odore del giornale alla mattina. Una grigia fraganza macchiata con il caffe. La corsa all'ultima brioche alla crema (perchè ne fanno così poche?) mentre con gli occhi scruti i tavoli per trovare l'amatissimo quotidiano e sei pronto a "sfidare a regolar tenzone" chi è arrivato prima di te. La fila alla cassa della tua libreria preferita. In cui spesso hai ordinato libri che molto probabilmento ami e amerai solamente tu. Le gambe stanche, tra le braccia il malloppo che leggerai a casa, sul treno o in spiaggia. Facendo le orecchie alle pagine, piegando e ripiegando la copertina. Gli zaini, sulla schiena pesanti di sussidiari colorati, dizionari di lingue, prontuari di matematica. Quelli prestati a Tizio e Caio e mai più tornati. Quanti ricordi può darci un libro? L'era dell'e-book, dei giornali on-line, delle informazioni a colpi di bit e mega, dei video in download supererà di gran lunga la novità che un tempo fu dei cibi precotti. Subito pronti, veloci e facili da gustare.
Grazie per lo spunto di riflessione.
LmS
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