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25 gennaio 2008

La cannonata Canonero (un problema di costume e di costumista)

Per anni, pressappoco in questo periodo, sono stato costretto a baloccarmi con il Premio Oscar. Spesso scrivendo un pezzo sulle anticipazioni e sulle “nominations”, e poi, immancabilmente, commentando, elogiando o deprecando i risultati. Sempre più persuaso che si trattasse (e si tratti) di un esercizio (quasi) inutile. Fruttuosi lì per lì nel lancio dei film segnalati (o nell’eventuale rilancio se questi non sono andati bene alla prima apparizione nei cinematografi) i premi Oscar, come tutti i premi al mondo, sono destinati a essere rapidissimamente dimenticati. Chiedete al più fervente dei cinefili chi ha vinto a Cannes tre anni fa o a una persona di buona cultura umanistica chi è stato insignito due anni fa del Nobel per la letteratura, e vedrete la risposta……Tuttavia nei premi assegnati adesso ve n’è uno che provoca in me una minima reazione collaterale, con cui ho deciso di infierire sugli incolpevoli lettori modenesi. Si tratta di quello assegnato a Milena Canonero per i costumi di “Marie Antoinette” di Sofia Coppola. E’ il suo terzo Oscar dopo il primo del 1976 per “Barry Lindon” di Stanley Kubrick ed il secondo del 1982 per “Momenti di gloria” di Hugh Hudson. Se si pensa che è nata nel 1952 ci rende conto della sua precocità e del coraggio di Kubrick –non ha mancato di ringraziarlo l’altro giorno a Hollywood alla consegna dei premi – che le affidò già i costumi di “Arancia meccanica” (1971) quando Milena non era ancora ventenne.
E’nata, sembra, a Torino, nel 1952, ma è cresciuta a Genova, dove ha ancora dei parenti - l’utilissimo sito “L’Italia dei cognomi” mi conferma che “Canonero”, poco diffuso lo è quasi esclusivamente in Liguria - prima di andare giovanissima a Londra dove nel cinema lavorò in montaggio e si specializzò con grandissimi risultati nell’ideazione dei costumi. Ha lasciato la sua impronta in molti film assai noti – di Coppola: “Cotton Club”, “Tucker- Un uomo e il suo sogno”, “Il Padrino parte III”. Ma anche di Pollack , “La mia Africa”, e parecchi di Warren Beatty, tanto per citane solo qualcuno – ma ha lavorato anche per opere liriche del Metropolitan e, seppur più raramente, in televisione. A proposito, credo nel 1987, mi imbattei in un suo prodotto destinato alla notorietà (ovviamente, al momento non lo sapevo). Eravamo andati io, per Raidue , e Carlo Fuscagni (che ha avuto tante cariche in vita sua, è stato anche direttore di Raduno) per la solita, annuale spedizione hollywoodiana in caccia di nuove fiction televisive (i cosiddetti “May Screening”, che a volte continuano anche a giugno). E fra i “piloti” ne avevamo visti due interessanti, l’uno, “Murder She Wrote”, centrato su Angela Landsbury, una scrittrice di gialli che si imbatte continuamente in crimini assortiti, e l’altro su due poliziotti, uno bianco e uno nero, che si incontrano a Miami. Dopo un certo tempo Carlo mi disse: la prima serie è la continuazione di una che abbiamo già (Raiuno non si decideva mai a metterla in onda. Quando lo fece ottenne, per anni ed anni, sino a poco tempo fa un enorme successo: era “La signora in giallo”). “Prendi il seguito-gli dissi- io prendo i due poliziotti”. E feci bene perché era “Miami Vice”.
Poi, nel 2000, costretta da Arnaldo Bagnasco la Canonero venne da Roma a Genova, ed io potei interrogarla davanti al pubblico nell’atrio di Palazzo Ducale. Fu gentile e interessante. Ma questa,come dice Kipling, è un’altra storia.
(da "Clandestino in Galleria", "Emme - Modena Mondo", n. 7 del 7 Marzo 2007)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

good start