Visto e rivisto l'addio di Nicolas Sarkozy ai suoi fedeli ed alla sua presidenza, è stato calmo, intenso, scaltro ma anche sincero, a testimonianza di un reale spirito da uomo di Stato, spesso scalfito in passato da una sorta di frivola intemperanza. Le righe che ho scritto qui sotto sono il minimo che gli si possa tributare.
Ho visto in diretta, e poi l’ho rivisto in internet, il discorso con cui a Parigi, alla Maison de la Mutualité, Nicolas Sarkozy si è congedato dal pubblico dei suoi sostenitori.
Mi rendo conto, ed è evidente in molti dei nostri giornali, che in Italia il clima non è favorevole allo sconfitto Presidente francese. Ma mi sembra doveroso qui, visto che io gli sono sempre stato favorevole, far cenno di questo suo momento di congedo, che non è stato imbarazzato come quello di Lionel Jospin cinque anni fa ma, vorrei dire, pieno di autentica nobiltà e, al tempo stesso, di articolata astuzia. La platea che aveva di fronte non era meno passionale di quella che contemporaneamente, in un’altra parte di Parigi, festeggiava il vincitore François Hollande. Anche qui c’erano molte ragazze giovani, però palesemente sconvolte dalla sconfitta, le quali piangevano e invocavano in coro “Nicolas, Nicolas”. C’erano molte bandiere tricolori (ovviamente nella folla che festeggiava Hollande c’erano invece molte bandiere rosse) e una qualità collettiva dei partecipanti di tonalità medio borghese e, come si dice in Francia, molto BCBG (Bon chic, bon genre). Ma il livello di partecipazione era lo stesso e, semmai, la consapevolezza della sconfitta acuiva l’intensità passionale delle reazioni.
Di fronte a questa folla fedele e addolorata, propensa ad ogni tipo di partecipazione scomposta, Sarkozy è stato invece preciso, autorevole e severo nel richiedere rispetto per Hollande, il quale era ormai il nuovo Presidente e che tutti i francesi dovevano quindi riconoscere come il loro capo. Ha precisato che di fatto intendeva ritirarsi dalla vita politica ma non da la militanza di partito, a differenza di quel che a suo tempo aveva fatto Jospin.
Ha ribadito che nella sconfitta il capo era tenuto ad assumersi ogni responsabilità, e che il capo era stato lui. Ha ringraziato chi lo aveva sostenuto dicendo che quel che aveva ricevuto dai suoi partigiani era stato straordinario e indimenticabile. Dopo 35 anni di vita politica e, in particolare, dopo 10 anni di responsabilità ad alto e altissimo livello (ministro degli interni e poi Presidente della Repubblica) era giunto per lui il momento di abbandonare e di cambiare.
Mi rendo conto che tutti quelli che avevano avuto inizialmente simpatia per Sarkozy in Italia ora lo hanno completamente abbandonato (si prenda il caso di Giuliano Ferrara, che credevo fosse un suo sostenitore e che invece a “Qui Radio Londra” ha apertamente gioito per la sua sconfitta ricordando il “siparietto” anti italiano fra lui e la Merkel). Ma dal mio punto di vista mi sembrerebbe scorretto, e anche un po’ vile, unirmi alle deprecazioni degli altri senza riconoscere all’addio di Sarkozy una fredda ma drammatica consapevolezza del momento, una eleganza di dizione che interpretava benissimo l’intensità dei sentimenti suoi e dei presenti.
In un partito come lo UMP, che formalmente si richiama in modo esplicito alla tradizione gollista ma che dal gollismo mi sembra molto distante, ho sentito nelle parole di Sarkozy aleggiare per un attimo il peso e l’intensità della lezione del Generale. Se la Quinta Repubblica funziona in Francia è per merito totale di De Gaulle. Sarkozy, che a volte è sembrato invece furbescamente pronto ad approfittare di momentanee utilità, ha rivelato qui, al momento di partire, una statura autentica di uomo di Stato, che spesso non si è avvertita nei cinque anni del quinquennio (o, come si ama dire attualmente, in modo francioso “del quinquennato”).
Mentre parlava ho sentito per un momento aleggiare per la sala il sapore di un’ epoca passata e straordinaria. Mi è parso che per un attimo il ricordo dell’uomo del 18 giugno fosse in sala presente e palpabile. E mi sono quasi commosso.
1 commento:
E della Grecia. L'ellenico mondo conquistato da Roma e che a sua volta conquistò Roma...dove sta andando...Vede un'Alba Dorata?
Flavia
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