Risposte molteplici a Post di lettori riguardanti brani apparsi nel Blog il 15 il 18 e il 19 Giugno.
Rispondo prima di tutto ai messaggi ricevuti dopo la pubblicazione di “Le nuove nomine alla Rai ed alcune (lamentose) notazioni personali”.
Ringrazio come sempre, Rosellina Mariani, che testimonia, se ve ne fosse bisogno, della profonda fedeltà e dell’orgoglio aziendale (ne so qualcosa io) che anima migliaia di dipendenti e di ex-dipendenti della Rai, malgrado gli errori e le colpe di chi la dirige.
“f.” mi dice che da molti anni non ha più un televisore e segue solo Radio Rai. E poi fa una curiosa digressione su Mario Monti, che accusa di pescare i collaboratori nelle Banche, tipo Merryl Linch, ed alla London School of Economics. Mi dice anche che Monti gli ricorda i Fugger. Mi vergogno a dirlo (mi vergogno veramente?No) ma non sapevo neppure chi fossero i Fugger. Ho fatto qualche ricerca e ho scoperto che si tratta di una dinastia di banchieri tedeschi, noti già nel 1300, divenuti finanziariamente potentissimi in Europa, poi nobilitati da diversi sovrani ed ora “proseguiti” da almeno tre famiglie patrizie che ne portano il cognome con aggiunte. Ringrazio il lettore che mi ha costretto a farmi una cultura in argomento, ma non vedo bene il rapporto fra gli onnipotenti Fugger (una sorta di famiglia Rothschild molto più antica e ancor più nobilitata) e l’ottimo professor Monti, la cui “ossessione bancaria”, ammesso che esista veramente, fa pensare più ad un corso specialistico della Bocconi che ad una plurisecolare trama tesa a controllare l’Europa intera…
Ringrazio anche Rear Window (il suo immutabile logo raffigura James Stewart con in mano l’obbiettivo fotografico da giornalista, tipico de “La finestra sul cortile”) per le sue osservazioni cinematografiche della Rai.
Veniamo ai 6 Post del 18 Giugno in seguito alla pubblicazione di “Qualche considerazione sul cinema hollywoodiano contemporaneo (si veda un elenco di titoli e di registi formulato da Renato Venturelli)”.
Carlo Bernasconi si duole perché Billy Wilder e Blake Edwards non avrebbero eredi. Anche se la domanda allarga il senso dell’elenco formulato da Venturelli, mi pare proprio che si debba rispondere di si. Dal canto suo Rear Window mi dice che “The Tree of Life” non gli è piaciuto. Credo che sia un suo pieno diritto.
Dal canto suo Rosellina Mariani concorda su molti titoli indicati da Venturelli ed aggiunge “un delizioso film che ha vinto lo scorso Festival del Cinema di Roma”. Si tratta di “Un cuento chino” (letteralmente vuol dire: “Un racconto cinese”). E’ però un film argentino, diretto appunto da Sebastiàn Borensztein (sembra uno di quei cognomi tipici degli ebrei askenaziti immigrati appunto in Argentina negli ultimi due secoli). Il protagonista è Ricardo Darìn, sia popolarissimo nella sua patria. Infine Anonimo, PuroNanoVergine ed un altro Anonimo suggeriscono diversi titoli di film americani (e qualcheduno francese). Non posso e non voglio entrare nei confini dei giudizi di Venturelli.
Infine, in seguito all’inserimento nel Blog della “recensione” su “L’Ultima Minaccia” sono arrivati sino ad ora 4 post. Ringrazio per quel che scrivono Rita M. e Rosellina Mariani (fedelissima di “Clandestino in Galleria”). Vengo alle due domande di PuroNanoVergine, il quale fa riferimento ad una mia piccola rubrica mensile tenuta su Film Tv, intitolata “Salvate la Tigre” e intesa appunto a rievocare i “salvataggi” cinematografici da me portati a termine nei miei 24 anni di Rai. Mi chiede di sapere se Claude Sautet mi ha mai parlato di Emmanuelle Béart. Purtroppo no. Anche se mi ha raccontato moltissime cose di sé. Ad esempio che nel 1940 (aveva sedici anni) desideroso di diventare un montatore cinematografico aveva fatto mettere nella carta di identità, come indicazione della professione, la parola “Monteur”. Con il risultato che pochi anni dopo veniva ricercato dai tedeschi, i quali volevano mandarlo a lavorare in Germania, persuasi che si trattasse di un operaio montatore e quindi di uno specializzato. Un’altra cosa divertente che mi raccontò (aveva la fama di essere burbero e aggressivo ma con me fu sempre molto amichevole e quasi affettuoso) fu che, sempre nella famosa estate del 1940, che vide il crollo dell’esercito francese, si trovava ai bagni di mare quando si sparse la notizia che sarebbero sfilate delle truppe inglesi. In effetti passarono su automobili mai viste dei giovani biondi, si erano tolti le giacche delle uniformi, e salutavano cordialmente la folla di bagnanti venuti ad applaudirli. Ci fu poi una certa interruzione nel passaggio, finchè la sfilata di automobili mai viste e di soldati biondi a torso nudo ricominciò. Anche questa volta Sautet e i suoi giovani amici accorsero ad applaudire gli alleati inglesi. Quando la sfilata terminò si accorsero, con terrore retrospettivo, che avevano salutato con entusiasmo le avanguardie tedesche intenti a mettere la Francia in ginocchio. La seconda domanda di PuroNanoVergine riguarda la serie televisiva su Ellery Queen, che, egli dice, viene ora riproposta sul canale del digitale terrestre “Giallo” (credo sia il canale n.38) ma che venne trasmesso in passato alla Rai. Mi spiace disilluderlo ma sono totalmente estraneo all’operazione. Ho controllato il prezioso “Dizionario dei Telefilm” di Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria (edito da Garzanti, l’ultima edizione in mio possesso risale al 2004). I due sono importanti funzionari di Mediaset e per anni hanno organizzato a Milano un festival sui telefilm. Vedo che le date esatte sono le seguenti: la serie più nota ispirata ai racconti gialli di Ellery Queen (ritengo che sia quella a cui si riferisce PuroNanoVergine) è quella prodotta negli USA nel 1975 (26 puntate da 60’ ed una da 75’) con Jim Hutton nella parte di Ellery ed il padre di questi, Richard Queen, interpretato da David Wayne. Naturalmente vi sono state altre edizioni televisive, per le quale attingo evidentemente a Damerini e Margaria. Nel 1950 “The Adventures di Ellery Queen”, nel 1954 con lo stesso titolo e con l’aggiunta “Mistery Is My Business”, nel 1958 “The Further Adventures of Ellery Queen” e nel 1971 “Don’t Look Behind”.
Infine Salvatore Biosa mi chiede indicazioni su Robert Bresson e su “Il diario di un curato di campagna” sul quale mi dice di aver visto almeno trenta volte (ma non sono troppe?) la mia presentazione in DVD. Ritengo si tratti di quello che ho registrato, con l’apporto decisivo di Lorenzo Doretti, per conto dei Paolini. Non è facile in poche righe ricordare chi fu Bresson. Il quale, nato il 25 Settembre 1907 e morto il 18 Dicembre 1999, è considerato “uno dei protagonisti della rinascita del cinema francese del secondo dopoguerra”. Molto spesso i suoi film e le vicende che egli ha prediletto testimoniano di un' attenzione per “l’analisi radicale della condizione etica dell’individuo, svolta attraverso un’ interpretazione del cristianesimo di ascendenza giansenistica”. Una tipica caratteristica di Bresson è “la ricerca del rigore formale, perseguita attraverso la riduzione all’essenziale dei mezzi più comuni della scrittura cinematografica (che) tende a definire uno sguardo puro sul mondo capace di trascendere il visibile per rivelare l’intima bellezza delle cose”. Ho attinto qui sfacciatamente, per semplificare la mia risposta, all’ampio testo di Alessio Scarlato contenuto alla voce “Bresson” nella Enciclopedia del Cinema della Treccani. Per riassumere l’opera dello stesso Bresson ricordo che i suoi lungometraggi sono i seguenti: “La conversa di Belfort” (1943); “Perfidia”(1944); appunto “Il diario di un curato di campagna”(1950); “Un condannato a morte è fuggito”(è il film, del 1956. che io preferisco); “Diario di un ladro” (1959); “Processo a Giovanna D’Arco”(1962); “Au hasard Balthazar”(1966); “Mouchette-Tutta la vita in una notte”(1967); “Così bella così dolce”(1969); “Quattro notti di un sognatore”(1971); “Lancillotto e Ginevra”(1974); “Il Diavolo probabilmente” (1977) e “L’argent”(1983).
Non so se sia sufficiente per Salvatore Biosa. In caso contrario tornerò sull’argomento.
Non so se sia sufficiente per Salvatore Biosa. In caso contrario tornerò sull’argomento.
2 commenti:
La ringrazio per la risposta (e le dico che 30 visioni della introduzione, senza dubbio più raffinata di quella -pur buona- di Farinotti, non mi sono evidentemente sembrate troppe.... Sapevo, lo dice proprio nell'introduzione di cui sopra, che il Suo preferito è "Un condannato a morte è fuggito" ma secondo me per identificare i caratteri romazeschi del cinema francese del dopoguerra forse proprio il Diario è il film di maggior significato e spessore.
Proprio come "Maigret ed il caso S.Fiacre" che Lei cita ed assimila nell'ambientazione al Diario.
Quello che mi interessava è magari avere un'indicazione ulteriore sull'evoluzione (involuzione?) di quel cinema francese degli anni '30 e fino ai primi/metà anni'60 che io preferisco e che -in questo periodo- ritengo sia passato, forse troppo rapidamente, dal romanzo alla cronaca,probabilmente perdendo o riducendo, quel meraviglioso tratto lirico che lo caratterizzava.
Mi affido al Suo incontestabile giudizio ed in ultimo Le chiedo: a parte quelle recensioni celebri fatte, a volte, per la RAI in seconda serata (es. GRISBI' che conservo in vhs) quali altri film francesi in DVD ha recensito? Son pronto ad acquistarli. Grazie.
Grazie per la risposta , continuo a sperare che per la Rai ci siano tempi migliori....!
Grazie anche per " Salvate la tigre" , deliziosa rubrica che tieni su "Film Tv", da non perdere!
Claude Sautet è un regista che amo molto e l'averlo riproposto in Rai, quando eri capostruttura, è stato sicuramente un colpo da maestro!
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