Blog - Crediti


L'audio e i video © del Blog sono realizzati, curati e perfezionati da Lorenzo Doretti, che ha anche progettato l'intera collocazione.
L'aggiornamento è stato curato puntualmente in passato da diverse collaboratrici ed attualmente, con la stessa puntualità e competenza, se ne occupano Laura M. Sparacello ed Elisa Sori.

15 ottobre 2012

L'OSSERVATORE GENOVESE

VISTO CON IL MONOCOLO

Dal 9 settembre ho iniziato una mia rubrica settimanale nel numero domenicale del "Corriere Mercantile". Il "Corriere Mercantile" è uno dei più antichi quotidiani d'Italia, fondato nel 1824, ed io vi lavorai per più di venti anni. E' li che sono diventato professionista e che ho acceso un legame con i compagni di lavoro e con i lettori che non si è mai interrotto, nonostante le vicissitudini del giornale e le mie. Poichè questa antica testata, che da diversi anni è diventata un quotidiano del mattino e che è valorosamente tenuta in piedi da una valorosa redazione decisa a resistere al massimo alla crisi che ha compiuto tutto i giornali di carta a beneficio della crescente stampa solo o anche in internet, mi è parso giusto, da vecchio redattore, dare una mano ai colleghi nel limite del possibile. Ho quindi proposto e ottenuto l'idea di un piccolo "Carnet" di osservazioni varie, che diverta me e (spero) non dia troppo fastidio ai lettori. Il "Mercantile" non credo arrivi in tutta la Liguria. A Genova è distribuito insieme a "La Stampa", facendo quel che in gergo si chiama il "il panino". Ma in molte parti della Liguria, dove ovviamente "La Stampa" arriva il "Mercantile" forse non giunge. Per soddisfare parecchie richieste che ho avuto, ed in particolare quella del mio amico Giorgio Baudone di Castelnuovo Magra, ho deciso di pubblicare nel Blog tutte le puntate settimanali sino ad ora uscite. Via via che le prossime saranno pubblicate le recupererò ad uso dei lettori del Blog. Le pubblico qui di seguito e mi auguro che possano interessare a qualcuno. Mi farà piacere ricevere eventuali complimenti e stroncature. Ma soprattutto i primi.

9/09/12
PARALIMPIADI AFFETTO O CINISMO
Confesso di dettare queste righe con una certa agitazione, se non addirittura con una sorta di commozione. Riprendere a scrivere con una certa regolarità in quello che è stato per 20 anni il mio giornale e nel quale ho pubblicato centinaia, se non forse migliaia, di articoli significa fare un immenso balzo all’indietro verso gli anni trascorsi nella vecchia redazione di Via De Amicis e tanti amici e colleghi in gran parte ormai scomparsi. Mi auguro che le parole che allineerò qui d’ora in avanti siano degne di quel passato e non indegne della mia commozione.

In questi ultimi giorni, vampirizzato come molti dalla televisione, è stato per me difficile liberarmi dalla fascinazione, ora generosa ora cinica, che emanava dai 5 canali di Sky dedicati alle Paraolimpiadi. Ho visto cose e persone di cui non sospettavo l’esistenza praticare sport in qualche modo noti (non tutti) ma spesso sottilmente modificati da un rosso filo di sofferenza. Nuotatori atletici che filavano velocissimi in piscina e che poi scoprivamo essere privi di un braccio e magari di entrambe le gambe. Nuotatori ciechi che si tuffavano con folle coraggio nell’acqua. Donne e uomini combattivi in carrozzella che si affrontavano secondo le regole del basket, senza tuttavia potere innalzare il tronco per potere imprimere forza e direzione al pallone. Altre ancora che giocavano al volley ma da seduti, trascinandosi sul terreno con una disperata decisione. Per non parlare di quelli che, anch’ essi privi della vista, con gli occhi coperti da una sorta di celata bianca, si disputavano con i piedi, nel silenzio più totale, un pallone di cui essi potevano udire il trillo. E via via tanti altri esempi di decine di sport diversi praticati con una devozione totale da persone che palesemente ritrovavano in essi una ragione non solo di speranza ma anche di vita. E tutto questo di fronte ad un’immensa platea britannica: plaudendo essa gremiva gli stati e i luoghi deputati  con la stessa rispettosa devozione con cui pochi giorni prima aveva assistito alle Olimpiadi vere.
Mentre cercavo di capire le regole diverse ma uguali, continuavo a chiedermi: lo stiamo vedendo con affetto reale o con cinismo nascosto? Siamo veramente partecipi o, al tempo stesso, non alimentiamo in noi anche una sorta di inevitabile compiacimento fatto in misura eguale di pietà e di istinto “voyeuristico”?
Non so se qualcuno ha una risposta. Io no.

16/09/12
HO FATTO UN PATTO CON IL GATTO
Ammetto di aver fatto una scoperta. Ho scoperto un gatto. Un gatto di nobile famiglia perché appartiene ad una razza raffinata. Si chiama infatti “Gatto sacro di Birmania” ed è stato, a quanto ho capito, “progettato” per tenere compagnia ai monaci buddisti, all’interno di una civiltà che dei monaci faceva i figli prediletti dell’umanità e dei loro superiori i padri dei figli prediletti. Il gatto si chiama Tiff e lo abbiamo ospitato per conto di amici in viaggio. In questi giorni Tiff mi ha insegnato che cosa significa una razza animale costruita per convivere alla pari con l’essere umano. Vuole sempre essere in compagnia di uno di noi e ci guarda ostentatamente in volto con due occhi estremamente azzurri. Non solo perché è ancora cucciolo e vuole sempre giocare, ma, ancor più e soprattutto perché vuole condividere la nostra esistenza. Su un piano di totale eguaglianza. Vuole annusare tutto e, possibilmente, decidere su tutto. Se ci si alza di notte, Tiff, che spesso veglia al buio per felina eredità, balza subito sul tavolo più vicino perché vuole essere accarezzato. Del resto, quando non si occupa di faccende personali, si lava minuziosamente il fluido pelo bianco oppure dorme nelle posizioni più incredibili (sembra non temere il vuoto sicché spesso la testa gli pende come se gli avessero sparato) l’idea che egli si fa dell’esistenza ci riguarda in modo totale. 
Tiff mi ha fatto completamente cambiare le idee a proposito dei gatti. Se starà ancora molto fra noi comincerò a miagolare.

23/09/12
LEGGIAMO UN SOLO LIBRO CHE SI CHIAMA COMPUTER
Su “Sette” ho letto una lunga intervista di Edoardo Vigna con Ken Follett. Confesso di non amare molto Follett a cui ho sempre preferito il suo concorrente Frederick Forsyth, che seguo fedelmente sin dai tempi del geniale “Il giorno dello sciacallo” del 1971. Francamente non mi sembra che fra i due si possano fare paragoni anche se Follett è ormai un collaudato autore di “Best Sellers” con più di 100 milioni di copie vendute. L’intervista è anche una lezione pratica di come si pianifica, si amministra e si reinveste il successo librario. Vi si apprende anche che Follett è di fatto a capo di una piccola ditta con 12 dipendenti incaricati di amministrare i suoi interessi. Ma nell’intervista non è quel che mi ha colpito. Se mai un piccolo brano in cui Follett svela alcuni segreti di scrittura: “In ognuna delle mie case- dice - c’è una stanza-biblioteca. E’ li che scrivo. Amo essere circondato dai libri. Ovviamente c’è l’Encyclopædia Britannica: la consultavo sempre per i miei libri, almeno una volta al giorno oggi quasi non l’apro più. E’ così semplice “googlare!”. Come si scrive Kruscev? Vado su internet, lo scopro e via…Ma adoro la sensazione di stare in un luogo pieno di libri. Mi metto una felpa e scrivo.” Quella di Follett mi sembra una confessione rivelatrice della terribile mutazione che è accaduta in tutti noi da quando abbiamo imparato ad usare il computer. Senza essere uno scrittore famoso mi accorgo che le mie reazioni sono esattamente le stesse. Anch’io, ad esempio, consultavo regolarmente l’Encyclopædia Britannica e il Dizionario Enciclopedico Utet, oltre a moltissimi libri e riviste. Adesso non mi alzo neppure, passo su Google e batto la domanda. Dopo pochi secondi ottengo infinite risposte, non so quanto vere e spesso non so da parte di chi. Ma ad esse mi attengo, protagonista e vittima di una rivoluzione senza pari da quando è apparsa la scrittura a stampa. Inventato da militari il computer ha completamente mutato la vita dei civili. Sopravviveremo?

30/09/12
IL PRINCIPE ENIGMATICO E L'ESPRESSO PER PECHINO
Mi sono imposto di vedere una puntata di “Pechino Express” in onda su Rai Due il giovedì alle 21:05. Il mio amico Aldo Grasso con mio stupore ne ha scritto favorevolmente nella sua rubrica sul “Corriere della Sera” del 22 settembre. Si tratta di “un format utilizzato con successo in diversi paesi del mondo; Magnolia gli ha costruito intorno una produzione di eccellenza: dieci coppie di concorrenti, vip e persone comuni abbinate secondo diverse logiche, devono compiere un tragitto di 10.000 Km da Haridwar in India fino alla capitale cinese potendo contare esclusivamente su un budget di 2 euro al giorno”. In realtà i venti protagonisti rompono sistematicamente le scatole alle pazienti popolazioni indiane, chiedendo informazioni e ospitalità gratuita in quella sorta di faticosissimo “pidgin english” che ormai è la lingua straniera degli italiani. Ma quel che mi interessava capire era il motivo della presenza in qualità di “conduttore” di Emanuele Filiberto “ci devant” di Savoia. Come Aldo Grasso anch’io non l’ho capito. Ma ancora una volta ho provato una profonda tristezza. Che cosa l’ha spinto barattare un vago ma rispettabile compito di pretendente al trono con una serie di faticosissime esibizioni parlate e canore in televisione? Che specie di educazione e di cultura ha ricevuto nella sua infanzia, nella sua adolescenza e nella sua giovinezza ginevrine? Ormai ha quasi 40 anni, due figlie e, se non sono male informato, è guarito da un tumore al naso, ma la sua funzione nel piccolo schermo più si moltiplica più resta misteriosa. Pensare che sua nonna era la forse frivola ma certo intelligente Maria Josè e, soprattutto, che suo bisnonno era Vittorio Emanuele III, personaggio di ruvido carattere e per molti versi discutibile (anno per anno lasciò che il fascismo rosicchiasse quello Statuto che era la massima eredità del bisnonno Carlo Alberto e firmò poi una dichiarazione di guerra a cui era assolutamente contrario). Era forse poco simpatico ma certo dotato di una cultura storica e politica non comune e di una gelida lucidità di giudizio, anche se smentita dal suo comportamento. Perché il suo pronipote è così ovvio, banale, immotivato? Nessun “reality” me lo spiegherà mai.

07/10/12
SALVATE IL SOLDATO ZDENEK ZEMAN
Non so perché ho sempre finito col seguire il cammino di quell’ essere fondamentalmente misterioso che si chiama Zdenĕk Zeman.  Nipote di un calciatore cecoslovacco (Juventus e Palermo, dove si fermò a vivere) Cestmir Vycpàlek, detto “Cesto”, venuto in Italia nel 1946 insieme ad un altro ceco, Korostelev. Zeman (nato a Praga il 12 Maggio 1947, figlio di un primario ospedaliero) nel 1968 venne a trovare lo zio. Proprio allora esplose in Cecoslovacchia la sfortunata “Primavera di Praga”. Si fermò a Palermo, si laureò all’ISEF con una tesa sulla medicina dello sport, sposò una siciliana e ne ebbe due figli. Cominciò a fare l’allenatore in squadre dilettantistiche, poi via via  salì sino alla A, iniziando un vorticoso cammino quasi sempre nell’Italia del Sud. Allenò a Foggia (due volte; la seconda dal 1989 al 1994 lo rese famoso), Parma, Messina, Roma (con Lazio e Roma), Istanbul, Lecce, Brescia, Belgrado eccetera. Predicando ovunque un calcio offensivo e ossessivo, retto da una furiosa preparazione fisica e da una maniacale conquista degli spazi. Si mutò in una sorta di cupo profeta divoratore di sigarette, che spesso contestava struttura e squadra di calcio e rispondeva, in un Italiano lessicalmente e sintatticamente impeccabile ma dal cupo accento, con frasi brevi e taglienti a chi gli poneva lunghe domande. Alternando successi clamorosi a insuccessi evidenti si è mutato in una sorta di paradossale contraltare di quella bizzarra notazione romanzesca che è stata nella letteratura boema il buon soldato Sc’vèik (inventato nel 1912 da Jaroslav Hašek) che, sempre sorridente, dichiarandosi “un idiota notorio”, finì, a guerra iniziata nel 1914, con lo sferrare un colpo rabbioso contro l’Impero Austro Ungarico e le sue istituzioni. Anche Zeman, a modo suo, è sempre in guerra. Contro le istituzioni e contro una sorta di bicipite monarchia incarnata dalla Juventus, alternando i disastri in cui Sc’vèik eccelleva a improvvise resurrezioni subito smentite (splendido campionato con promozione a Pescara, e, ancora una volta, subitanee cadute come la sua Roma attuale).
Sono sempre più curioso di sapere come andrà a finire la personale prima guerra mondiale del cattivo soldato Zeman.

14/10/12
TUTTI I NOBILI SONO EGUALI MA ALCUNI SONO PIU’ EGUALI DEGLI ALTRI
Una volta Renzo Arbore insistette per farmi visitare la sua grande casa romana. Mi colpirono molto le migliaia e migliaia di oggetti strampalati, spesso replicati in serie amplissime. Oggettini assurdi e sovente incongrui. Invento, tanto per spiegarmi: piccolissimi violoncelli in celluloide e decine di altri soggetti del genere, scrupolosamente collocati, magari in due o trecento esemplari, in giro per l’ampio appartamento. “Ma che cosa sono?” chiesi a Renzo. “Str…ate. Io le colleziono e le compro in tutti i paesi del mondo”.
Mi sono detto. Se lui le colleziona sistematicamente, una potrò scriverla anche io ogni tanto. Perché Cordero di Montezemolo è indicato a volte con il nome intero, a volte con il solo predicato (che è appunto Montezemolo, come lo era Cavour per la famiglia Benso) mentre l’attuale Ministro degli Esteri Terzi è indicato solo con il cognome, appunto Terzi, omettendo sempre il predicato, che è Sant’Agata? Per quel che riguarda appunto i cognomi nobiliari bisogna tener presente l’articolo  XIV delle disposizioni finali e transitorie della Costituzione italiana. Esso recita: “ I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome. (…omissis). La legge regola la soppressione della Consulta araldica.” Ora mi risulta che Terzi possiede i titoli (teorici) di Marchese, Conte, Barone, Cavaliere del Sacro Romano Impero e Signore di Sant’Agata (quest’ultimo è un titolo feudale riservato solo al primogenito). Vedo che sui giornali, così come alla Rai ed a Mediaset, egli, sia per iscritto che a voce, figura sempre solo come Terzi e mai come Sant’Agata. Perché? In base alla costituzione il predicato (di Sant’Agata) vale dunque come parte del nome, e non può essere abolito od omesso. Salvo che i nostri organi di informazione si siano attribuiti illegalmente i compiti che un tempo spettavano alla Consulta Araldica ed abbiano accertato che egli non è il primogenito, non v’è dubbio che egli debba essere citato come “Terzi di Sant’Agata” o “Sant’Agata”. E’ una decisione tecnicamente misteriosa che penso non sarà mai chiarita, anche quando sarà stata dimenticata (forse) la presidenza Monti.





10 commenti:

Rosellina Mariani ha detto...

Che piacere leggere questi articoli del " Corriere mercantile" è proprio una bella idea pubblicarle nel tuo blog.
Vorrei rispondere al tuo articolo
" Paraolimpiadi affetto o cinismo" . Quest'anno per "Uno Mattina" ho girato un servizio che mi ha molto colpita. Sono andata ad intervistare Bebe Vio, una ragazza di 15 anni campionessa di scherma senza gambe e senza braccia.Tirava di scherma dall'età di 5 anni poi ,una inesorabile malattia ,le ha tolto braccia e gambe. Mi sono avvicinata a lei con cautela proprio perchè ,come dici tu, sono controversi i sentimenti che possiamo avere verso un diverso.Lei mi ha guardato quasi con durezza, poi ha cominciato a tirare di scherma ed io ho cominciato a girare il servizio. Era difficile. Ma è stato nel momento in cui dentro di me sono cadute la pietà e la curiosità che sono riuscita a lavorare bene . Non so come sia successo ,ma improvvisamente siamo diventate pari : lei senza gambe e e braccia , io con le gambe e braccia, lei più brava di me perchè sapeva tirare di scherma. Io non sono capace.
Alla fine dell'intervista le ho chiesto "Bebe sei felice?" lei ha detto "sì". Non voglio che la domanda ti possa sembrare retorica: lei ha sentito che glielo chiedevo " davvero" e su quel sì , su quel sorriso, su quella bellezza ho chiuso l'intervista.L'affetto per Bebe era reale.
La mamma mi ha detto dopo l'intervista: "temevo un pò perchè è raro che Bebe si lasci andare in un'intervista come ha fatto con te. Se l'ha fatto è perchè hai saputo porti come lei voleva" .
Bebe ha portato la fiaccola olimpica alle paraolimpiadi di Londra. Io non l'ho più chiamata, non c'è bisogno.
Se ti fa piacere ti mando il servizio.
Grazie ancora

Rosellina Mariani ha detto...

A proposito di " Leggiamo un solo libro che si chiama computer" . Quanta verità! Però il piacere di leggere un libro al mare con le pagine anche un pò bagnate, invece di tenere in mano un tablet, o in una stanza mettendo le "orecchiette "alle pagine o sottolineando quello che più ti piace beh....scusate ma è un'altra cosa!

Giulio Fedeli - Villasanta (MB) ha detto...

Ho letto con piacere vivissimo i tuoi "minielzeviri".
Complimenti. Spero che la loro pubblicazione nel blog continui sistematicamente: temo infatti che qui in provincia di Monza&Brianza (creata pochissimi anni fa, forse tra pochissimo tempo scomparirà...) non riuscirò mai ad averli "in diretta".
Siete in pochi ad avere la capacità di sintetizzare un argomento in poche righe non prive di qualche valore letterario.
Ancora grazie, e avanti.
Saluti cordiali.
Giulio Fedeli.

Rita M. ha detto...

E' sempre un piacere leggere i Suoi articoli...anche se non parlano di cinema! Grazie per rendercene partecipi

PuroNanoVergine ha detto...

Assecondo i suoi desideri e le porgo i più sinceri complimenti :-)
(a dimostrazione dell'errore compiuto dal Foglio).

L'episodio del gatto mi ha riportato alla mente il simpatico felino di mia zia (da decenni residente a Sarzana) che era solito di notte salire sui letti dei miei cugini rimanendovi fino al mattino.
La prima volta che tentò di ripetere col sottoscritto l'esperimento (io, ospite della zia per la vacanze estive) provai a scacciarlo malamente (si era posizionato nel mezzo del letto costringendomi a dormire rannicchiato).
Ne seguì una lotta feroce, le sue unghiate contro le mie cuscinate, lotta che terminò, se ben ricordo, con una sostanziale parità.

Rosellina Mariani ha detto...

A proposito di "Ho fatto un patto col gatto". Ho una gatta che si chiama Tiffany ( buffo , spesso la chiamo Tiff) è bellissima , è un incrocio con un persiano ed ha gli occhi verdi come solo un gatto sa avere. Si arrabbia molto quando mi assento da casa per qualche giorno, e al mio ritorno per mezza giornata mi "volta le spalle" si proprio così: non mi guarda in faccia! Però quando ho una contrarietà è la prima a venirmi vicina ed a strusciarsi sulle gambe fino a quando non si accorge che il brutto momento è passato. Adoro la sua indipendenza , sa stare con gli umani con eleganza e discrezione...sì è proprio creata per stare con noi!

Rosellina Mariani ha detto...

Auguri Claudio per i tuoi 83 anni e grazie per la tua cultura che ci nutre!

Rita M. ha detto...

Accidenti...quasi dimenticavo: auguri di cuore per il Suo compleanno anche da parte mia!

PuroNanoVergine ha detto...

Poco prima di mezzanotte mi associo agli auguri (scopro ora che è coetaneo di mia mamma).

Rosellina Mariani ha detto...

A proposito di " Paraolimpiadi affetto o cinismo" volevo ricordare un bellissimo film che ho visto giorni fa e che mi è rimasto ancora dentro tanto è forte l'impatto con lo spettatore ( almeno per me) : Un sapore di ruggine e ossa" di Jacques Audiard con una regia spettacolare e straordinari attori ( Matthias Schoenaerts e Marion Cotillard). Grande film ! ( è della Bim Federica De Sanctis)