Come al solito riporto sul Blog la puntata di "Visto con il Monocolo" apparsa nel "Corriere Mercantile" di domenica 3 marzo 2013. La tendenza sistematica della televisione, e in particolare della Rai, a togliere la parola ai papi quando non parlino italiano, mi ha sempre dato fastidio sin dai tempi di Paolo VI. Figuriamoci adesso. Titolo originale "IL PAPA HA RAGIONE, MA
NON SE PARLA FRANCESE"
VISTO CON IL MONOCOLO
L'EGO DEI GIORNALISTI E IL SALUTO DEL PAPA
Confesso che l’abdicazione di Benedetto XIV mi ha fatto un enorme impressione. Si tenga conto del fatto che io, in un altro mondo e in un’ altra Genova, ho fatto quasi tutte le scuole al Vittorino da Feltre con i Padri Barnabiti e sono cose che lasciano una traccia. Ma torno su un argomento (l’ultimo Angelus) : debbo levare un piccolo grido di dolore per quelle che sono le abitudini dei telegiornali Rai quando si odono lingue straniere, e in particolare quando queste lingue le parla il Papa. La trasmissione mattinale da Piazza San Pietro aveva un evidente valore letterale ed uno simbolico. Naturalmente erano convenuti giornalisti e vaticanisti, ansiosi di ascoltare ma soprattutto di farsi ascoltare. Ed ancora una volta, come accade da molti anni a questa parte e con tutti i Papi, quando il pontefice ha terminato l’intervento in italiano e ha cominciato quello in francese, la sua voce è stata tolta e i convenuti sono finalmente riusciti a parlare loro per primi, sicuri di imperversare su un’enorme platea. E’ una pratica usuale della Rai, che confina da un lato con la maleducazione e dall’altro con l’ottusità. Ascoltare l’ultimo messaggio pubblico del Papa nelle varie lingue avrebbe consentito molti sottili risvolti, utili per comprendere meglio la sua psicologia ed il suo modo di vivere e di operare. Si prenda ad esempio il suo francese, che lui ha studiato librescamente ma che pronuncia con un accento sorprendentemente esatto (mi sembra, se mai, che il suo accento tedesco sia più pronunciato quando parla italiano, che pure è una lingua che egli pratica costantemente da almeno due decenni). E’ altrettanto potrebbe dirsi nei confronti delle diverse lingue in cui il Papa si esprime. Una traduzione simultanea per ogni lingua avrebbe consentito di mettere in luce le potenziali differenze fra un testo e l’altro e soprattutto di cogliere la passionalità di un ultimo messaggio “urbi et orbi”, al tempo stesso una confessione e un congedo, significativi.
In un mondo in cui tutti credono di sapere l’inglese perché dicono “spending review” e “election day”, un ultimo, decisivo messaggio plurilingue sarebbe stato una mirabile chiusura. Ma i nostri giornalisti devono parlare loro…
(battute: 2.204)
3 commenti:
Il "parlar sopra" è un' irrimediabile caratteristica della maggioranza degli italici giornalisti televisivi,insieme alla scarsa padronanza delle lingue straniere e arcaiche.Memorabile una giornalista sportiva anni fa : nel dire che un equipaggio di rally era stato riammesso in gara sub judice se n'era uscita con "sab giadis", all'inglese .
Quello che mi colpisce particolarmente è il fatto che, almeno gli ultimi due Pontefici, siano stati in grado di esprimersi perfettamente in molte lingue (almeno sei o sette, credo), mentre un tempo al Papa bastava il latino, che è ancora- non dimentichiamocelo-la lingua ufficiale della Chiesa. Sicuramente i Cardinali staranno cercando un nuovo Papa che sia anche poliglotta: il "villaggio globale" lo impone!
Credo che il mestiere del giornalista sia "far parlare" fare in modo che le emozioni , "l'anima" dell'intervistato arrivino a chi ascolta...ma spesso prevale l'egocentrismo il "sentirsi" parlare....
Grazie per questo articolo
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