Inevitabile pubblicazione del lunedì mattina quando riporto nel blog il testo della mia rubrica domenicale sul "Corriere Mercantile". Se qualcuno la legge si accorgerà che la motivazione , pur legata al cioccolato e al torrone, riguarda una piccola tragedia nostrana, cioè la vendita all'estero di aziende tipicamente italiane. Il titolo posto dalla redazione, molto più asciutto ed esplicito, è migliore del mio. A dimostrazione del fatto che, in genere, chi impagina ha ragione.
VISTO CON IL MONOCOLO
ANCHE LA PERNIGOTTI SALUTA L'ITALIA
In realtà nella rubrica volevo scrivere un’altra cosa (a proposito della giustizia sportiva: un tema su cui ritornerò). Poi la lettura dei giornali mi ha distratto e, in certa misura, addolorato. Sembrerà buffo ma all’origine di questo “dolore” c’è la notizia della vendita della società Pernigotti di Novi Ligure. A me il cioccolato piace ed anche il torrone, ma non al punto di soffrirne per una teorica mancanza nazionale. In effetti ho scoperto che da solo il nome Pernigotti mi riporta all’infanzia e all’adolescenza: mio nonno era di Novi Ligure, in famiglia ho sempre avuto delle cameriere novesi che parlavano in dialetto, sino al dopoguerra disponemmo di una bella casa in campagna fra Gavi e Novi dove ho passato tutte l’estati dell’infanzia e dal 1943 al 1945 gli ultimi due anni della guerra. Sicché la parola Pernigotti basta da sola a rievocare tutto uno scomparso mondo locale, dove il suono del dialetto (che un tempo era vivissimo e che io so imitare abbastanza bene) la ravvivava di una tonalità vernacolare quasi toccante: la “o” chiusa, le due “t” quasi accorciate come se fossero una e mezza. La ditta durava da quasi un secolo e mezzo. Venne infatti fondata nel 1868, a pochi anni di distanza da quando, per compensarla del cosiddetto “decreto Rattazzi” che assegnava Novi al Piemonte, avevano dato alla città il contentino di chiamarsi “Ligure”. Un lungo periodo, ormai, durante il quale la Pernigotti si era identificata con Novi come poche altre aziende. Apprendere adesso che gli attuali proprietari, i siciliani Averna, l’hanno venduta addirittura alla ditta Sanset di Istanbul , da alla notizia una coloritura inaspettatamente confessionale: dopo la proprietà del Paris Saint Germain affidata a Nasser Al-Khelaїfi e quella del Manchester City che tocca allo sceicco Mansur bin Zayed Al Nahyān, ecco altri, almeno teorici, mussulmani, impadronirsi di una istituzione tipicamente europea. Quasi a compensare le incursioni europee dei francesi, che stanno facendo man bassa di tante aziende italiane: ultimi acquisti Loro Piana e Pomellato.
Come se una parte intera dell’Italia scomparisse, mentre gli italiani, distratti, si dedicano soprattutto ad uccidere le loro compagne.
(TITOLO ORIGINALE: LETTURA PARADOSSALMENTE "RELIGIOSA" DI UNA NOTIZIA CHE RIGUARDA NOVI LIGURE)
3 commenti:
Grazie per questo bell'articolo!Profondo e veritiero il finale: in poche righe il ritratto dell'Italia, come solo un grande giornalista sa fare.
Squisito il torrone ricoperto di cioccolato fondente,chiamato giustamente Amor Pernigotti.Mi piace molto anche il cioccolato Novi fondente,anch'esso di Novi Ligure che ultimamente si riproponeva anche in confezione tricolore ("Svizzero?" "No,Novi !" recitava con fierezza la pubblicità).E siccome il Cioccolato Novi è del gruppo italiano Elah-Dufour il tricolore sventola ancora su un pezzo di cioccolato
Uh, che bel "pezzo"! Ben scritto, si legge bene, perché si pone un poco nella tradizione italiana -se non dell'elzeviro- almeno dell'articolo di costume che ebbe sui nostri quotidiani una sua piccola nobiltà. Oggi, forse, giusto i quotidiani "locali" possono permettersi questo lusso.
E concedimi di citare il capostipite di questi giornali, "La Gazzetta di Parma", legata al nome di Attilio Bertolucci.
Quanto al cioccolato, anch'io faccio parte della 'confrérie' dei golosi: ogni mattina, sistematicamente, intingo nel tè
un paio di centimetri quadrati di questa delizia bruna. Spessissimo è "il Novi".
Devo però dire che da molti anni il mio numero uno (sarà snobismo filo-francese? mah...) è il Chocolat Poulain, che amici di Le Puy-en-Velay mi fecero scoprire.
Mi piacque anche per le favolose 'figurine' delle confezioni. Mi colpì quella relativa al "sauvetage en mer", che associai subito a un film che forse anche tu ami: "Capitani coraggiosi", di Victor Fleming, 'assimilato' fin dall'infanzia.
Dalla Rete ho invece saputo che la "Poulain" era giunta ad acquistare dei cinema e a inserire nelle confezioni di cioccolato dei buoni per comprare i biglietti a prezzo ridotto.
Grazie, e ancora complimenti.
Giulio Fedeli.
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