Alla mia età, come è noto, il tempo passa molto velocemente, almeno tanto quanto passava lentamente quando si era bambini. Ogni Lunedì mi sembra sempre, più di prima, immediatamente vicino al lunedì che lo ha preceduto. Ecco dunque il mio solito brano domenicale, che nei riflessi del Blog mi sembra quotidiano ma che invece è settimanale. Ci sentiremo presto, molti cordiali saluti a tutti.
Domenica 21/07/13VISTO CON IL MONOCOLO
NON METTETE LA CANOTTA,
METTETE LA CANOTTIERA
Ci sono naturalmente molti motivi di cronaca che mi si affollano alla mente, suggerendo argomenti per la rubrica. Ad esempio uno che ho già ricordato e sul quale sicuramente ritornerò, è il funzionamento della giustizia calcistica. Un altro tema, ben più importante e, direi, decisivo nel panorama italiano di oggi è rappresentato dal fatto (l’ho appreso con stupore) che lo Stato, fonte del diritto, non paga i suoi debiti come il diritto impone. Tuttavia mi si è affacciato sulla tastiera del computer un tema, certamente più frivolo e fragile, e cioè quello della fortuna (misteriosa) di certe parole. Ce n’è una, ad occhio e croce di origine romanesca, che mi da particolarmente fastidio. E cioè la parola “canotta”. Che deriva, o forse affianca, o forse si sovrappone, ad una parola ben più nobile e più resa attendibile dalla letteratura. E cioè “canottiera”. Ovvero “maglietta da canottiere”. E ci riporta, anche nell’aggressivo atteggiarsi del vestire (in un Ottocento affollato di uomini ferrati in camice inamidate e in cravatte imperative) dei praticanti il canottaggio: vestiti con borghese ricchezza come pescatori poveri. Seguendo una moda esplosa in Inghilterra, da qui infiltrata in Francia, a partire dal 1855 quando nacque il “Rowing Club de Paris” e poi rapidamente penetrata in Italia, all’inizio soprattutto attraverso il Piemonte (il noto Rowing Club di Genova venne fondato un po’ dopo, nel 1890). Dire “canottieri” fa pensare ad allegri e sfrontati personaggi di Maupassant che si aggirano in canotto nei fiumi intorno a Parigi. Nel Grande Dizionario del Battaglia, nel volume stampato nel 1962, la parola “canotta” non è neppure registrata, mentre canottiera, come maglietta senza maniche, è corredata anche da due citazioni: Pasolini (“povera presenza/d’una dozzina d’anziani operai/con gli stracci e le canottiere arsi/dal sudore”) e Calvino (“era un ometto calvo, in sandali, vestito di un paio di pantaloni e d’una canottiera nonostante l’ora non calda”). E se “canotta” fosse stata di uso comune figuriamoci se Pasolini, filologicamente attentissimo alle parole nuove e proletarie, non ne avrebbe approfittato.
Mi raccomando, infilatevi la canottiera e non la canotta…
3 commenti:
...e i calzini e non i pedalini
Grazie per queste eleganti e precise informazioni. La parola canotta non l'ho mai potuta soffrire!
Forse il termine "canotta" ha gradatamente soppiantato l'originario "canottiera", filologicamente corretto, perché questo sembrava portare ormai con sé l'abusata immagine del popolano in gita domenicale al mare con famiglia extra-large al seguito, come in tanti film anni Cinquanta...
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