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8 luglio 2013

L'OSSERVATORE GENOVESE

Cari amici come d'abitudine riporto qui il testo della mia rubrica domenicale sul "Corriere Mercantile". E' stimolato da una ipotesi "parapolitica", forse goffa e forse superficiale. Giudicatene voi. Tornerò presto con qualcosa di più corposo. Faccio presente una cosa estremamente curiosa: nel mio testo avevo citato alcune famose squadre di calcio brasiliane col nome abbreviato solitamente usato da tutti. Ad esempio Corinthians, Botafogo, eccetera. A quanto sembra il testo è giunto al giornale non totalmente comprensibile ma in possesso di "rinvii" e cioè di collegamenti ipertestuali (si dice così) che rimandavano a fonti più complesse. Per cui le squadre venivano citate con il loro nome complessivo, cioè con le antiche testate dei diversi Club calcistici, che nella pratica quotidiana vengono omessi da tutti, credo anche in Brasile. Li troverete nel testo (ho provveduto a correggere il mio originale in funzione di quel che apparso sul giornale) a testimonianza di una misterioso ma esatta intrusione tecnologica, che qualcuno un giorno o l'altro riuscirà a spiegarmi.
Molti cordiali saluti a tutti.

VISTO CON IL MONOCOLO

FORSE IL CALCIO NON E' SOLTANTO UN GIOCO
Vorrei chiarire subito una cosa. Non ho niente contro il gioco del calcio. Anzi, esso esercita su di me una fascinazione che rimonta alla primissima infanzia, all’anteguerra, quando il Genoa era costretto a chiamarsi Genova, il Milan Milano e l’Inter Ambrosiana (“da ragazzo ero ambrosianista” dichiarò una volta Bearzot e nessuno lo capì). Insomma, nessuna prevenzione: anzi, come milioni d’italiani, mi lusingo di essere un finissimo intenditore di football. Tuttavia in questi giorni mi si è affacciata alla mente un’idea forse sciocca ma comunque curiosa. Ho notato che le due nazioni in cui si sono svolte, o continuano a svolgersi, campionati internazionali di calcio sono in preda ad una rivolta assolutamente inattesa. L’una è la Turchia, in cui sono in corso i complessi campionati FIFA “Under 20”, l’altro è il Brasile, dove domenica scorsa si è conclusa una combattutissima edizione della Confederations Cup. Sono due nazioni dove il calcio è molto forte: i maggiori club turchi, come il Galatasaray (19 titoli), il Fenerbahçe (18 titoli), il Beşiktaş (13 titoli) sono noti anche da noi e partecipano ai mercati internazionali. E l’importanza calcistica del Brasile con ben 5 campionati del mondo vinti (è il massimo) non ha certo bisogno di essere illustrata: nazione in preda ad un pregresso febbrile ma convulso e contraddittorio vanta squadre famose (Atlético Mineiro, Botafogo de Futebol e Regatas, Sport Club Corinthians Paulista,  Clube de Regatas do Flamengo,  Santos Futebol Clube,  Club de Regatas Vasco da Gama, eccetera) e fornisce calciatori a tutto il mondo. In quanto alla Confederations Cup è un bizzarro torneo (dura dal 1992, e io non ne sapevo niente) che si svolge con cadenza quadriennale nell’anno precedente alla Coppa del Mondo e nello stesso paese che l’ospiterà. Ebbene sia in Turchia (partendo da un malessere politico che ha tolto a pretesto l’abbattimento di alberi antichi in una piazza famosa) sia in Brasile (dove il calcio è stato tirato in ballo in diretta, per l’alto costo e, forse, la corruzione legata ai nuovi stadi per l’anno prossimo) sono scoppiati scontri violenti e, credo, non completamente sedati. Che ci sia una misteriosa connessione fra il rabbioso amore per il calcio e il rabbioso odio politico? È un ipotesi folle ma, forse, da discutere…

2 commenti:

Rosellina Mariani ha detto...

Mi sembra un'acuta osservazione "la connessione fra il rabbioso amore per il calcio e il rabbioso odio politico...." come dici nell'articolo
I tempi sono cambiati...quando ero ragazzina e vedevo Pelè giocare ( e Vavà...Garrincha...) sembrava veder danzare la palla e le loro facce erano sorridenti....si divertivano a giocare e a danzare con la palla... di rabbioso non c'era nulla ...o così sembrava ai miei occhi di bambina.
grazie per l'articolo

Enrico ha detto...

Vi sono etnie che nutrono un amore violento per lo sport : i brasiliani,i turchi,i serbi.Forse avrà letto del giovane arbitro di una partita amatoriale in Brasile che prima accoltella a morte un giocatore reo di aver reagito all'espulsione dandogli un calcio negli stinchi,quindi viene fatto letteralmente a pezzi,e la testa conficcata in un palo.D'altronde se si verificarono decine di suicidi dopo Brasile-Uruguay 1-2 nel 1950,di che stupirsi? Trovo l'allegria brasiliana posticcia e inquietante.