Blog - Crediti


L'audio e i video © del Blog sono realizzati, curati e perfezionati da Lorenzo Doretti, che ha anche progettato l'intera collocazione.
L'aggiornamento è stato curato puntualmente in passato da diverse collaboratrici ed attualmente, con la stessa puntualità e competenza, se ne occupano Laura M. Sparacello ed Elisa Sori.

2 marzo 2009

Obama, Semper Fi!


Credo che molti abbiano visto nei vari telegiornali le immagini di Barack Obama rivolgersi ad una platea di soldati e soldatesse Usa, doverosamente sull’attenti, fornendo le date e i dati del preventivato ritiro dall’Irak. Com’è noto ha promesso che la maggioranza delle truppe se ne andrà entro fine Agosto del 2010, ma verrà lasciata nel paese una guarnigione specializzata (addestramento degli iracheni, supporto logistico, “intelligence”, azione contro il terrorismo) almeno sino al 2011, e conterà da 30 a 50.000 soldati. Le immagini sono state ripetute sino alla noia, ma in Italia con tagli tipici che ribadiscono il sostanziale disinteresse del nostro giornalismo televisivo per le realtà minime ma essenziali della vita americana. Il discorso di Obama si è svolto il 27 Febbraio in un luogo estremamente significativo: a Camp Lejeune, Jacksonville-Nord Carolina, dove ha sede la base maggiore del corpo dei Marines, negli Stati Uniti. Lì sono dislocati il “Marine Expeditionary Force”, la seconda divisione dei Marines, altri tre fra i comandi più importanti del Corpo, ed un ospedale militare. La base occupa 637 km², comprende anche una grande spiaggia per gli assalti anfibi, due porti per gli spostamenti veloci dei Marines, e sei altri impianti stabili per ogni necessità bellica, compreso un aeroporto. Si calcola che in genere a Camp Lejeune vi siano normalmente almeno 40.000 Marines, il che ne fa un riferimento obbligato quando si fa cenno del Corpo, e un’icona della mitologia militare americana. Pronunciarvi un discorso – per specifici motivi bellici - diventa automaticamente un gesto simbolico, oltre che una comoda scorciatoia oratoria, visto che ci si rivolge ad un disciplinato pubblico militare, obbligatoriamente sull’attenti.

Vorrei ricordare che l’impianto prende il nome da John A. Lejeune, uno dei più famosi generali del Corpo (lo comandò dal 1920 al 1929), le cui origini francesi sono ribadite dal fatto che è nato il 10 Gennaio del 1867 in una “parish”, cioè una parrocchia, chiamata Pointe Coupée, vicino a Baton Rouge in Louisiana. È stato un ufficiale di grande successo che, pur essendo un Marine, giunse nel 1918, durante la prima guerra mondiale, a comandare una divisione dell’esercito. Una volta passato nella riserva, morì il 20 Novembre 1942, in piena seconda guerra mondiale, all’età di 75 anni.
Quello che molte televisioni nostrane hanno rapidamente tagliato sono le ultime battute del discorso. Infatti, recuperando un automatico gesto religioso tipico del politici americani, Obama termina dicendo: “God Bless You, God Bless United States of America” - e poi, dopo una piccola pausa, un grido - “Semper Fi”, pronunciato “Sempa Fai”. È la frase latina abbreviata, che nel 1883 fu adottata come motto dei Marines per iniziativa dell’ottavo comandante del Corpo, il colonnello Charles McCawley. Naturalmente la frase completa è “Semper Fidelis”, che gli americani si compiacciono di usare in una forma tronca, rispondente alle tradizioni linguistiche indigene. È divertente notare come la frase costituisca anche il motto di quattro città (Exeter in Inghilterra, Lviv, cioè Leopolis, in Ucraina, St. Malo in Francia e White Plains negli Stati Uniti), oltre che di un numero infinito di enti e di istituzioni militari nel mondo: dall’Inghilterra alla Scozia, all’Olanda, al Canada, alla Svizzera, alla Repubblica di Cina e cioè Taiwan, all’Ungheria, al Brasile, via via sino alla flotta sottomarina del Cile. Negli Stati Uniti usare l’espressione “Semper Fi” acquista un evidente carattere simbolico, e il fatto che a farlo sia il Presidente degli Stati Uniti, comandante supremo delle Forze Armate, ribadisce un legame disciplinare ed al tempo stesso lancia un messaggio profondo a tutti quelli che sono sotto le armi (ricordo che dal 1973 la coscrizione obbligatoria è stata abolita negli Stati Uniti e che da allora tutti quelli che vedete in divisa si sono arruolati volontariamente). L’effetto della frase di Obama è visibile sui volti dei soldati, tutti sull’attenti e in tenuta mimetica. Non appena la frase “Semper Fi” viene pronunciata, essa esplode come un proiettile sul volto di una giovane soldatessa afro-americana, che udendola ride con inattesa felicità. Evidentemente sentirla sulla bocca del Presidente, dopo averla udita per centinaia di volte mentre era schierata con il suo reparto, crea un effetto sconvolgente ed una gioia sorpresa.
Si badi, la locuzione latina a noi sembra in qualche modo ostentata (anche se fa pensare al “Nei secoli fedeli” dei carabinieri), ma risponde invece ad un’esigenza culturale che si avverte molto profonda nelle tradizioni americane risalenti formalmente al XVIII°, e cioè l’uso in qualche modo obbligato di una lingua che era il simbolo stesso, in certo senso l’abbreviazione, dell’eredità culturale europea. Una rapida inchiesta sull’uso del latino nella vita pubblica americana ribadisce un rinvio linguistico molto più forte e significativo di quello che accadde in Italia e in Europa. Si pensi che, solo con Eisenhower, il motto ufficiale degli Stati Uniti è diventato “In God We Trust”, mentre fino a quell’epoca ed agli inizi, ed era incluso nel sigillo ufficiale dello Stato, fu “E pluribus unum”, fra l’altro più originale. Si potrebbero fornire infiniti esempi, mi limiterò a ricordare che almeno una quindicina di motti ufficiali dei singoli stati americani sono anche o esclusivamente in latino. Per il Kansas: “Ad astra per aspera”. Per il Kentucky vengono usate due lingue e quella latina suona “Deo gratiam habeamus”. Il Maine è brevissimo: “Dirigo”. Il Massachussetts è più lirico: “Ense petit placidam sub libertate quietem”. Il Michigan: “Si quaeris peninsulam amoenam circumspice”. Il Minnesota sceglie il francese ma anche il latino: “Quae sursum volo videre”. Il Mississippi è classico: “Virtute et armis”. Ed altrettanto lo è il Missouri: “Salus populi suprema lex esto”. Il Nuovo Messico è poetico: “Crescit eundo”. Quello di New York è brevissimo: “Excelsior”. Il Nord Carolina tira alla furbizia: “Esse quam videri”. L’Oregon è aeronautico: “Alis volat propriis”. Puerto Rico, che peraltro è uno stato sui generis, è misteriosamente biblico: “Joannes est nomem ejus”. Il Sud Carolina ha addirittura due motti latini: “Dum spiro spero” e “Animis opibusque parati”. Si passa infine al West Virginia: “Montani semper liberi”. Vorrei aggiungere qui una curiosità che riguarda il Maryland, il cui motto è in un italiano d’altri tempi: “Fatti maschii, parole femine”. Curiosamente è quello della famiglia Calvert, poi baroni Baltimore, che lo recava sullo stemma di famiglia, a testimonianza della diffusione della cultura italiana nell’Inghilterra dell’epoca, e che passò di peso allo stato del Maryland, fondato appunto da uno dei Calvert.
Non si contano poi i motti latini usati nelle Forze Armate. Ricordo che per i Marines, prima di “Semper fidelis”, vi furono “Fortitudine” e “Per mare, per terram”, e che in due accademie navali il motto è anche in latino. Per la “United States Naval Academy” (e cioè quella di Annapolis, da cui escono gli ufficiali di carriera, compreso John McCain, suo padre e suo nonno) abbiamo “Ex scientia tridens” (nel senso di “tridente”, diventato dal dio Nettuno in poi sinonimo di potere marittimo). E l’onnipotenza militare, che convive in America con radicate tradizioni civili, fa sì che anche gli ufficiali della Marina Mercantile provengano negli Stati Uniti dalla “United States Merchant Marine Academy”, che è stata fondata nel 1943 ed ha sede a Kings Point, nello stato di New York. Il suo sigillo ufficiale reca l’obbligatorio obbligatorio latino: “Acta non verba”.
Come si vede, l’avvocato Obama che ha studiato ad Harvard e che quindi, da una delle fonti massime, ha appreso l’inevitabile latino, tipico del gergo giuridico americano, si muove con riflessi colti nel solco della tradizione.

Claudio G. FAVA

1 commento:

Anonimo ha detto...

Al Varignano di La Spezia sede degli Incursori della marina militare il motto è: Da aspera ad astra!