Blog - Crediti


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3 aprile 2008

La posta di D.O.C. Holliday (12.a. puntata)

- LA POSTA DI D.O.C. HOLLIDAY -
Caro D.O.C. Holliday, da alcuni numeri non trovo più su "Film D.O.C." i "Passatempi sotto lo schermo". Come mai questa simpatica rubrica è stata abolita ? (Intendo) l'angolo del (Cine) Quiz, con le sue belle fotografie dei film di una volta e con gli attori e le attrici con cui abbiamo trascorso assieme tante ore nelle buie sale cinematografiche….. Quei cari volti mi facevano affiorare una marea di ricordi ed era anche un bell'esercizio di memoria individuare il film o i protagonisti a cui la foto si riferisce. Mi auguro di rivedere quanto prima la rubrica. In tale speranza mi è gradito porgere cari saluti per Lei e per tutti di "Film D.O.C.". MARIO di NERVI
Ho pubblicato la lettera integralmente perché MARIO di NERVI è uno dei corrispondenti fedeli di "D.O.C. Holliday". Ma resta una lettera curiosa, perché "Passatempi sotto lo schermo" non è mai stata abolita…Per sicurezza ho chiesto conferma a Piero Pruzzo ed il Direttore mi ha ribadito che da quando è apparsa la prima volta la rubrica di Sergio Labriola è sempre stata mantenuta. Può darsi che qualche volta, per ragioni di spazio, le fotografie siano state rimpicciolite o ne sia stata pubblicata soltanto una, ma la rubrica non è stata mai abolita. "Le ragioni di spazio", se sono esistite, sono di fatto colpa mia, perché la mia rubrica sovrasta, nella pagina, quella dei "Passatempi". Ed è questa una buona lezione perché io controlli la misura delle mie risposte.

(….) Il mio problema è: alla mia morte a chi posso lasciare le mie foto con autografo raccolte in tanti anni ? Vorrei un consiglio affinché non andassero disperse e non vorrei che andassero a privati o enti privati ma che il pubblico - che non le ha mai vedute - un giorno potesse vederle. (……) Grazie per eventuali consigli, saluto cortesemente. GIULIANO POGGI, GENOVA - STURLA

Ho accorciato, per motivi di spazio, l' interessante lettera del signor Poggi. Va detto, che incuriosito (egli ha aggiunto indirizzo e telefono, che ho omesso per discrezione) gli ho telefonato, abbiano parlato a lungo, ho scoperto che la sua collezione non è solo cinematografica - gli autografi vanno da Fidèl Castro all'ammiraglio Doenitz, durante la seconda guerra mondiale comandante dei sommergibili tedeschi, poi, succedendo a Reader, dell'intera flotta tedesca, e infine, dopo la morte di Hitler, suo successore, per pochissimi giorni, nella carica di Capo dello Stato (gli alleati lo arrestarono e lo processarono a Norimberga condannandolo a 10 anni di carcere) - sicché alla fine l'ho invitato a telefonare all'Agis ed prendere un appuntamento con Piero Pruzzo per vedere se e che cosa si potrebbe fare per la sua collezione.

(….) c'è una cosa che mi ha lasciata perplessa. Mi riferisco al comportamento della critica che, al momento del Festival di Cannes 1999 aveva fatto tante rimostranze gridando vergogna per i premi toccati a "Rosetta" e a "L'Humanitè" invece che al film di Almodòvar. Sembrava che avessero compiuto un delitto. Ora vedo che "Rosetta" viene incensato e ne dicono benissimo. Io l'ho visto e sono d'accordo che è un film importantissimo, che più ci pensa e più si apprezza nello stile e in quello che fa riflettere. In confronto "Tutto sia mia madre" è una specie di melodramma, girato bene, ma anche tanto ambiguo e cinico. C'è una bella differenza con "Rosetta". Secondo me la Giuria di Cannes ha avuto ragione. Ma perché i critici se ne accorgono solo ora. E Lei che cosa ne pensa ? Scusi lo sfogo. Grazie anticipate. Ossequi. ANTONIETTA BOLLO. GE- CORNIGLIANO

Come sa, lei non disturba mai (ho tagliato l'inizio per brevità). Le darò alcuni consigli alimentati da quasi mezzo secolo di lavoro in questo campo. Prima di tutto: non prenda mai troppo sul serio la critica. Secondo: ai Festival , soprattutto in quelli maggiori ,e faticosi, come Cannes, i critici sono stanchi ed eccitati ed arrivano al "Palmarès" molto simili agli Ultrà l'ultima giornata di Campionato. Terzo: l'elenco degli errori fondamentali ai Festival commessi dalla stampa è superiore anche a quelli compiuti dalle varie Giurie. Quarto: gli attacchi violenti sono spesso quelli portati dai critici dei quotidiani che lavorano "sul tamburo" e quindi sono più portati a sbagliare. Spesso i collaboratori delle riviste, specializzate o no, sono più saggi, sia per ragioni varie di selezione specifica, sia perché hanno più tempo per leggere, informarsi, parlare con amici, rivedere i film con maggior calma di quella concessa dagli orari incalzati dei Festival e dalle corse che si fanno per arrivare in tempo alle proiezioni e per scrivere uno o più pezzi quotidiani (ho lavorato per un quotidiano per più di vent'anni e so di che cosa parlo). Infine per quel che riguarda ad esempio "Rosetta" ho consultato "Internet" ed ho trovato critiche molto positive in America, nella rivista "Time" e nel quotidiano "Chicago-Sun Times" a firma di Roger Ebert, critico rispettatissimo negli Usa, che ha un suo sito Internet ricco di sezioni e di spazio. In Europa due autorevolissime riviste di cinema, i mensili "Sight and Sound" (inglese) e "Positif" (francese) dedicano al film ed ai due registi, i fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne oltre che alla giovane protagonista Emilie Dequenne (Palma d'Oro anch'essa) lunghi articoli pieni di rispetto e di attenzione. Come vede non tutti si sono sbagliati…In quanto ad Almodòvar, non me parli. E' oggetto di una venerazione internazionale, ormai acritica e liturgica, che non cessa di lasciarmi sbalordito. Riconosco le sue bizzarre qualità di animatore di commedie drammatiche e stralunate, in una Spagna cupa e translucida, trasversale ed umidiccia, e il merito di aver saputo allevare un notevole gruppetto di attrici ricche di "punch"..Più in là non vado. Ma forse l'ho già scritto in passato e non voglio ripetermi.
(Da "La posta di D.O.C. Holliday", "Film D.O.C.", anno 8, n. 38, Mag.-Ago. 2000)

La posta di D.O.C. Holliday (11.a. puntata)

- LA POSTA DI D.O.C. HOLLIDAY -

Ho appena visto Film D.O.C. e la ringrazio della risposta. Allora è proprio vero che possiamo continuare a rimpiangere i vecchi doppiatori. Ho visto l'altra sera alla Tv il bellissimo "A qualcuno piace caldo". Che voci e che abilità! E sì, era proprio un'altra cosa da quella che si ascolta oggi. A pensare come l'avrebbero doppiato adesso, mi vengono i brividi. Non voglio tediarla oltre. Per questa volta tanti bellissimi auguri dalla sua scocciatrice ma che è anche una sua ammiratrice. Buon 2000. Con i più rispettosi ossequi. ANTONIETTA BOLLO GENOVA-CORNIGLIANO

Ho lasciato le espressioni lusinghiere nei miei confronti perché si tratta di una lettera scritta il 1° gennaio e quindi agli albori di un nuovo millennio, circostanza in cui tutto si perdona e tutto si giustifica (anche l'ipotesi che io mi aduli, da solo, pubblicando lettere troppo elogiative nei miei stessi confronti. Il che è sempre un male quando si è titolari di una rubrica di posta !). Non ritorno sul problema del doppiaggio sul quale ho già scritto nella puntata precedente, appunto quella a cui allude la signora Bollo. Per quel che riguarda "A qualcuno piace caldo"("Some Like it Hot", Billy Wilder, 1959) sono andato a controllare i nomi dei doppiatori nell'utilissimo libro di Mario Guidorizzi "Il mito di Hollywood" - Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999 - ove sono elencati con "cast", "credits" e giudizi critici, tutti i film americani dal 1930 al 1960. Guidorizzi ha compiuto anche un lodevolissimo sforzo per rintracciare ed elencare nei "cast" le voci italiane di centinaia di film americani, da vero appassionato (è sicuramente uno dei più bravi "rintracciatori" di voci che io conosca, superato soltanto da Enrico Lancia; come è noto questo è un campo nel quale valgono quasi esclusivamente la memoria e l'orecchio, dato che non vi sono pubblicazioni sistematiche, e continuamente aggiornate, di elenchi di doppiatori. Anche questa è una cosa a cui speriamo di ovviare a Finale Ligure con il Festival "Voci nell'ombra"). Bene, ecco l'elenco degli interpreti, e delle voci italiane, del film di Wilder. Marilyn Monroe: Rosetta Calavetta; Tony Curtis: Pino Locchi; Jack Lemmon: Giuseppe Rinaldi; George Raft: Gualtiero De Angelis; Pat O'Brien: Giorgio Capecchi; Nehemiah Persoff: : Mario Pisu; Joan Shawle: Lidia Simoneschi; Billy Gray: Manlio Busoni; George E.Stone: Cesare Polacco; Mike Mazurki: Luigi Pavese; Edward G. Robinson: Massimo Turci. Non so se mi spiego !!

Sono andata a vedere fiduciosa "Happy Texas" di cui avevo letto meraviglie. Anche "Repubblica" gli dedicava una pagina intera. Ma che delusione ! Un filmetto gracile come un grissino, con degli attori di mezza tacca, che quasi quasi sono meglio Aldo, Giovanni e Giacomo. E lei che cosa ne pensa? MARINA BURLANDO

Le dirò, io, via via che passa il tempo, penso sempre meno. E' una delle grandi conquiste della vecchiaia quella di potersi astrarre totalmente dai meccanismi di vita che ci circondano, dicendosi: "non capisco più niente di quel che accade, e in fondo non me ne importa nulla". In particolare, al cinema mi diverto poco, e ripenso con divertito scetticismo a certi miei folli entusiasmi di gioventù, alle migliaia di film visti e recensiti, alle notti in bianco a scrivere, alla montagna di carta che ne ho ricavato. E' anche vero che mi vengono sempre più in mente film del passato, e perfino il locale dove ho visto quel tale Don Siegel o quel Peckinpah o quel Rossellini. L'altro giorno mi sono rivisto (in cassetta) per l'ennesima volta "L'ultima minaccia" (Deadline U.S.A.", di Richard Brooks, 1952), straordinario film "liberal" sul giornalismo con uno splendido Humphrey Bogart, doppiato dal più grande di tutti, Emilio Cigoli, e con una mirabile Ethel Barrymore, doppiata da Giovanna Scotto. Dopodiché per qualche giorno mi è passata la voglia di andare al cinema. Comunque, per venire alla sua domanda, le dirò che, tanto per uscire dalla convenzione della critica di casa nostra, ho fatto via internet una ricerca su "Happy Texas" per cogliere le radici del successo ed in effetti ho visto che in America è stato un trionfo totale, di critica e di pubblico. Ha mietuto elogi al Festival di Sundance - fondato e diretto da Robert Redford e diventato ormai una sorta di rassegna ufficiale della produzione minore americana - è stato pagato, se ho letto bene, un milione di dollari ed a ottobre ne aveva già incassato 140 sul mercato interno, ed infine ha ricevuto recensioni esaltanti da buona parte della stampa americana. La struttura è semplice e la trovata dei fuggiaschi che si rinserrano in un paesino, vengono creduti diversi da quelli che sono e ottengono un grande successo, è uno dei meccanismi di base di tanto cinema comico, grottesco e farsesco, ed anche qui funziona, perché no, senza giustificare tuttavia gli entusiasmi d'Oltreoceano e quelli, riflessi, di casa nostra

Ho scoperto la Vs. rivista e mi complimento. Ma devo osservare che l'articolo dove si parla dei mali del cinema attuale sa tanto di una voglia di censura con la scusa dei bambini. Ma lasciamo che vedano tutto anche loro come fanno in tutti i paesi progrediti, ormai anche da noi è l'ora di crescere come in un paese civile. Per il resto per un patito di cinema come sono la rivista è molto interessante. Buon lavoro. Ciao. DAVIDE SITTA (??)
Ringrazio per i complimenti (la lettera è giunta in un busta dello Starhotel ed è stata imbucata a Brignole: indizi che fanno pensare che l'autore fosse a Genova di passaggio). Non ho voglia di aprire un dibattito sulla censura, tema che ha ossessionato la critica italiana per decenni. Mi limito ad osservare che anche in altri paese essa esiste - ad esempio negli Stati Uniti c'è la PG, Parental Guidance, il divieto sino ai 17 anni, eccetera - a dimostrazione del fatto che non tutti vedono tutto.
(Da "La posta di D.O.C. Holliday", "Film D.O.C.", anno 8, n. 37, Mar.-Apr. 2000)

La posta di D.O.C. Holliday (10.a. puntata)

- LA POSTA DI D.O.C. HOLLIDAY -
Debbo una risposta conclusiva alla signora Antonietta Bollo, come ho anticipato nella puntata precedente. Chiedeva la signora anche a nome di sue amiche: "Sarà che siamo anziane e forse siamo diventate un poco sorde ma nei film moderni il doppiato si sente sempre meno bene (…) si perdono troppe parole (…) le uniche cose che pronunciano bene sono le parole del gatto (…) perché alla televisione i vecchi film si sentono bene e i nuovi no?"

In effetti è vero. Mettiamo pure sulla bilancia l'età (anche io sento molto meno bene e ne do facilmente colpa alle colonne sonore) ma non c'è dubbio che molto è cambiato nel doppiaggio. In parte perché è letteralmente cambiato il modo di parlare degli italiani. Ovvero: nel corso degli ultimi 40/50 anni i dialetti, almeno al Nord, con l'eccezione del Veneto, di fatto sono morti. Restano nell 'aria come accento, come cadenza, come ricorso a modi dire, a qualche frase pronunciata quasi fosse tra virgolette, ma nessun ventenne, nessun quindicenne di città pensa di farvi ricorso per parlare con i suoi coetanei, che d'altronde non lo capirebbero (da chi avrebbero potuto imparare un dialetto, forse dai genitori quaranta/quarantacinquenni, schifiltosamente italofoni sin dalla nascita, o dai nonni settantenni, al massimo bilingui ma con gran vergogna d'esserlo?). In compenso l'italiano che parla tutta questa gente, (ormai almeno due terzi della nazione, forse più), è un italiano povero che deve servire come lingua colloquiale e veicolare per una popolazione che non legge, che non scrive, felice di esprimersi in una Koiné che ad un estraneo sembra composta soprattutto da grugniti e da parolacce. O, nella migliore delle ipotesi, da parole di gergo giovanilistico degli anni della contestazione, assimilate dalle istituzioni e diventate ufficiose. E' stato inevitabile che il doppiaggio si adeguasse. I vecchi, grandi doppiatori degli anni '40 e '50, con le loro inimitabili voci bronzee affinate dal teatro, non ci sono più. Naturalmente ne rimangono ancora diversi d'età matura e qualche giovane di classe e di grande padronanza di intonazioni (la scuola italiana di doppiaggio era sicuramente la migliore del mondo). Gli eredi son bravi, assai spesso bravini, ma molti, soprattutto i più giovani, hanno imparato a doppiare perché sovente provengono da famiglie di doppiatori. E son famiglie romane o che, comunque, risiedono a Roma, da una o più generazioni. Sicché essi parlano come parlano i loro coetanei romani: intonazioni, cadenze, parole, e quel modo rivelatore di inghiottire le sillabe, che non desta stupore in chi abbia vissuto nella Capitale, come me, per un quarto di secolo. Infine quelle che in genovese da sempre sono chiamate "le parole del gatto" ormai ci perseguitano ovunque, al cinema come in Televisione per strada. E ne sono prodighi ragazzi e ragazze in misura eguale. Chi abbia cominciato prima non si sa, ma ormai non c'è più nulla da fare. Ed è inevitabile che il doppiaggio se ne alimenti e se ne vanti.


Caro Doc Holliday, grazie per la sua risposta a "Star Wars". "Ho visto il film "American Pie - Il primo assaggio non si scorda mai"." E non mi è piaciuto. Gradirei sapere il suo pensiero circa questo film. A questo punto sarebbero da rivalutare i vecchi Pierini di Alvaro Vitali. In attesa della risposta (…) la saluto cordialmente. MARIO di Nervi.

Francamente non l'ho visto e non so se andrò a vederlo. Invecchiando (ho compiuto 70 anni in ottobre, non lo ostento e non lo nascondo) si è fatalmente portati a fare delle scelte. Io vado al cinema abbastanza regolarmente da quando avevo 16 anni. Professionalmente da quando ne avevo 25. Sistematicamente da quando ne avevo 29, e cioè da quando divenni critico cinematografico del "Corriere Mercantile", e presi l'abitudine di vedere e di recensire almeno l'80% delle "Prime" se non di più. Invecchiando - attualmente sono critico di un mensile - le astensioni sono più delle partecipazioni (non voglio alludere al tema di "American Pie"!). In quando ad Alvaro Vitali ho avuto occasione di "lavorare" con lui in una (o più) delle puntate di una serie televisiva di Gloria De Antoni e Oreste De Fornari. E' un proletario romano - avviato inizialmente alla carriera di stuccatore o, come dicono a Roma, di "pittore" - con un suo buon senso ironico ed un suo istintivo gusto plebeo per la battuta digestiva e la barzelletta ardita. Tutto sommato, forse, è più autentico lui (sono stato bombardato, come tutti, dai "trailers" in TV) dei ragazzi americani del film.

Abbiamo fatto un scommessa. E' più brava Julia Roberts o Cameron Diaz? Ci risponde? Grazie. Ancora una cosa. Film D.O.C. cosa vuol dire ? Ossequi.
RAFFAELLA E PAOLA POGGIO.

Comincio dal fondo. L'idea è venuta a Riccardo Speciale, attivissimo segretario regionale dell'AGIS, che una ne fa e cento ne pensa. E chiaro che si voleva alludere al DOC (Denominazione di Origine Controllata) tipico dei vini e che tutti hanno ormai imparato a conoscere. Al tempo stesso, sostiene Riccardo, la dizione letteralmente significa "Film Di Ottimo Cinema" e quindi nessuno può accusarci di aver imitato nulla. Se mai di avere genialmente parafrasato…..
Veniamo alla scommessa. Per ora, direi, ancora la Roberts che ha qualche anno di più e che, soprattutto, può vantare un successo mondiale come "Pretty Woman". Sono passati, è vero, già nove anni, e per parecchio tempo, pur lavorando molto, ha allineato titoli di minor risalto al botteghino (nonostante "Mary Reilly" e qualche altro film interessante), sino al recentissimo "Notting Hill", che continua a ricevere interesse ( e soldi) dal pubblico di tutto il mondo. Poiché ne l'una né l'altra sono Ingrid Bergman o Katharine Hepburn, è meglio aspettare.
(Da "La posta di D.O.C. Holliday", "Film D.O.C.", anno 8, n. 36, Gen.-Feb. 2000)

La posta di D.O.C. Holliday (9.a. puntata)

- LA POSTA DI D.O.C. HOLLIDAY -
Cari voi di "Film D.O.C", vi conosco da un po' di tempo e finalmente riesco a leggere regolarmente la rivista perché arriva alla biblioteca del mio quartiere; vi faccio dunque i complimenti perché, oltre ad essere un'utile guida ai cineclub cittadini, è anche molto interessante (…) Una domanda, anzi una richiesta, al sig. Fava. (…) Alcune sere fa ho avuto modo di "scoprire" un regista francese, prima a me sconosciuto, André Téchiné. In TV infatti è stato trasmesso (neanche a dirlo a tarda notte ! Guai a trasmettere buoni film, che so, in seconda serata ……non si sa mai, potrebbero vederli troppe persone !) un suo film, tradotto in italiano con il titolo di "Niente baci sulla bocca". Ho poi trovato in videoteca qualche notizia ed il titolo originale: "J'embrasse pas". Il film, seppure abbastanza duro, mi è piaciuto molto ed ho deciso di saperne di più su Techiné ed i suoi film. Vorrei sapere da lei qualcosa su questo regista e sui film che ha fatto e se sono usciti in Italia. Infine vorrei sapere se Blanc, l'attore protagonista, ha interpretato altri film. Nel "cast" c'è anche un grande Noiret, unico attore a me noto. In videoteca era presente un altro titolo, credo fosse "Rendez-vous". Un saluto e….grazie !!
SIMONA BARACCHI, Salita Brasile 13/40, 16162 Genova Bolzaneto


Grazie della nitida firma e dell'indirizzo, e complimenti per la curiosità cinefilica. Qualche dato: André Téchiné (nato a Valence-d 'Agen il 13 marzo del 1943) dopo un'esperienza come critico, gira nel 1969 il suo primo film: "Paulina s'en va" interpretato da Bulle Ogier. Il film viene presentato lo stesso anno alla Mostra di Venezia ma esce nelle sale solo 6 anni dopo. E' la storia di una donna che lascia l'appartamento dove viveva con il fratello ed un amico, viene considerata pazza ed internata in una bizzarra clinica psichiatrica, all'interno di un paese in stato di guerra…..come si vede, sin dall'inizio il regista predilige temi difficili e a volte scottanti; proposti tuttavia, man mano che egli procede nella carriera, grazie a strutture più tradizionali e romanzesche. Come dice Jean-Pierre Jeancolas nella voce dedicata al regista nel "Dictionnaire du cinéma" Larousse i film di Téchiné diventano " eleganti, contemporanei se non addirittura mondani…ma manca loro, forse, il segno di una autentica personalità. Buon direttore di attrici (Jeanne Moreau, Isabelle Adjani, Isabelle Huppert, Catherine Deneuve) rimane senza dubbio un uomo di gusto e di cultura più che un creatore di universi(…) Nel 1985 ottiene il premio per la regia al Festival di Cannes con "Rendez-vous". La stessa violenza aspra e lirica, sostenuta da una brillante "mise en scéne", ispira i suoi film successivi". Così termina la nota di Jeancolas (il dizionario è aggiornato sino al 1995). Via internet ho controllato la filmografia, che, dall'esordio prima ricordato sino al 1998, conta complessivamente, salvo errori, 16 titoli. Gliela ricopio qui, indicando fra parentesi, quando li ho trovati, i titoli italiani. Di "Paulina" ho detto. 1972: serie TV "Michel, l'enfant-roi". 1974: "Souvenirs d'en France". 1976: Barocco". 1979: "Le soeurs Brontë". 1981: "Hotel des Ameriques". 1982: "La matiouette" (mediometr). 1985: "Rendez-vous" (idem). 1986: "Le lieu du crime" (Il luogo del crimine). 1987: "Les innocents". 1991 "J'embrasse pas" (Niente baci sulla bocca). 1993: "Ma saison préferée" (La mia stagione preferita). 1994: "Le chêne et le roseau" (TV). 1994: "Les roseaux sauvages" (L 'età acerba). 1996: "Les voleurs". 1998: "Alice et Martin" (idem). Sul giovane Blanc per ora non ho trovato notizie. L'unico Blanc che conosco è Michel, piuttosto noto in Francia come attore brillante e paradossale. Se vuole altre informazioni su Téchiné mi scriva pure.

Ho visto il tanto reclamizzato "Stars Wars -Episodio I - La minaccia fantasma" ma sinceramente mi ha deluso. Lei che ne pensa di questo film ? Cordialità.
MARIO di Nervi


Non sono un fan, come dire, automatico della saga, non vado al cinema infilandomi in testa maschere dei personaggi o agitando luminose spade retrattili. Tuttavia ho sempre provato una sorta di affettuosa indulgenza per la redditizia scaltrezza tecnologica di Lucas. Che, profondendo milioni di dollari per ritrovarli decuplicati al botteghino, ha dato corpo e anima ai suoi antichi sogni bambineschi di lettore di fumetti avventurosi per il colto e l'inclita ma soprattutto per l'infanzia. Da un lato il carattere primario degli scontri fra i buoni e i cattivi e dall'altro le continue invenzioni para - antropologiche in un mondo dove i terrestri debbono o battersi o convivere con tutte le razze più strane, e che pure eguagliano o superano l'uomo nellaa rtecnologia e nella cattiveria, possono sembrare "antiquate" ad un vecchio lettore di fantascienza come me (negli anni '50, per colpa o per merito del mio amico Franco de Salvo, lessi tutti gli Urania più famosi, ed ora preziosi per i collezionisti). Ma costituiscono comunque una fragorosa manifestazione di cinema d'epoca difficile da ignorare alle soglie del 2000.

(….) Mi rivolgo a lei perché vedo che dirige un Festival sul doppiaggio. La mia domanda è questa, e veramente non è solo mia perché tante amiche se la fanno anche. Sarà che siamo anziane e forse siamo diventate anche un poco sorde, ma nei film moderni il doppiato si sente sempre meno bene. O è assordante o è basso, farfugliato. Si perdono troppe parole…. A parte quello che dicono….le uniche cose che pronunciano chiare sono le parole del gatto…. Perché alla televisione i vecchi film si sentono bene e i nuovi no? Posso sperare di non avere importunato e di ricevere una spiegazione ? Grazie anticipate, e comunque leggo sempre la sua posta con piacere. Sua dev.ma ANTONIETTA BOLLO

Lei non disturba mai ed è sempre la benvenuta, anche se a volte debbo alternare le risposte per lasciar spazio a tutti ( o, come qui, tagliare in parte la lettera). Lei ha toccato un tasto importante, ed anche doloroso, quello del cambio delle voci nel doppiaggio, che rispecchia il cambio delle voci nella vita d'ogni giorno, un tema sul quale vorrei ritornare nella prossima puntata. Per ora grazie ed a presto.
(Da "La posta di D.O.C. Holliday", "Film D.O.C.", anno 7, n. 35, Nov.-Dic. 1999)