Blog - Crediti


L'audio e i video © del Blog sono realizzati, curati e perfezionati da Lorenzo Doretti, che ha anche progettato l'intera collocazione.
L'aggiornamento è stato curato puntualmente in passato da diverse collaboratrici ed attualmente, con la stessa puntualità e competenza, se ne occupano Laura M. Sparacello ed Elisa Sori.

30 settembre 2013

FILM IN USCITA NAZIONALE

FILM IN USCITA IL 3 OTTOBRE 2013


Anni felici
diretto da Daniele Luchetti
Benedetta Buccellato, Pia Engleberth
01 Distribution / Studio Lucherini Pignatelli
durata di 100 min.

Gravity
diretto da Alfonso Cuarón
durata di 91 min.

Las acacias
diretto da Pablo Giorgelli
durata di 85 min.

Il cacciatore di donne
diretto da Scott Walker
Videa / Ornato comunicazione

Diana - La storia segreta di Lady D
diretto da Oliver Hirschbiegel
durata di 113 min.

Corpi da reato
diretto da Paul Feig
durata di 117 min.


L'OSSERVATORE GENOVESE

Cari amici ecco la solita puntata settimanale della mia rubrica sul "Corriere Mercantile". Quello dell'organizzazione internazionale del calcio è un tema su cui vorrei tornare perchè mi sembra ricco di allusioni e, al tempo stesso, di conseguenze, ai rapporti culturali europei da un secolo a questa parte. Per ora, se proprio ne avete voglia, leggetevi questo primo brano: 

VISTO CON IL MONOCOLO


SE IN QUESTO MONDO FUNZIONA SOLO IL CALCIO
La realtà del mondo è sostanzialmente scoraggiante. In Italia poi, c’è da mettersi le mani nei capelli (vale anche per i calvi). Una situazione politica inestricabilmente convulsa, una situazione economica che peggiora ogni giorno, un panorama di famose Società nostrane che vengono vendute l’una dopo l’altra all’estero, rendendo tragicamente inutile quell’inatteso, gran brillio che contraddistinse l’Italia del miracolo economico, negli anni ’50 e ’60. In particolare la vita (si dovrebbe dire: la morte) quotidiana sta raggiungendo vette spaventose di ferocia: mariti e fidanzati uccidono le compagne cedendo ad  una violenza incessante, mai conosciuta in precedenza con la stessa criminale diffusione. E basta vedere una puntata di un telegiornale nazionale per provare il fortissimo desiderio di fuggire all’estero. Eppure in questa nazione tribolata, in questo continente sconvolto, in questo universo incontrollabile ci sono alcuni organismi che riescono a funzionare quasi perfettamente. È quel che si potrebbe dire di tutti gli organismi sportivi nazionali e internazionali, ma in particolare di quelli calcistici. Quel che non riescono ad ottenere le fedi religiose e politiche è realizzato quotidianamente da chi amministra un giuoco, più forte e più coinvolgente di tanti partiti e di tante Chiese. Si pensi ai due fondamentali enti sportivi che regolano il calcio europeo e quello mondiale, cioè l’UEFA e la FIFA. Hanno saggiamente sede entrambe in Svizzera, l’UEFA a Nyon (ad una ventina di chilometri da Ginevra) e la FIFA a Zurigo. Pensate a quel che riescono a far realizzare ogni settimana, ed in particolare alla domenica, in tutto il mondo: migliaia di partite, per ognuna delle quali le diverse organizzazioni devono provvedere a che vi siano campi adeguati, arbitri ufficialmente designati ed organismi sia operativi che giurisdizionali: a livello nazionale ed a quello internazionale. La cosiddetta “giustizia sportiva” ha ritmi di lavoro sconosciuti, e non solo in Italia, dalla giustizia vera e propria. Un mondo intero funziona perfettamente per un giuoco e non per la vita reale. Probabilmente questa è la condanna più dura che si possa formulare per la nostra civiltà.
(TITOLO ORIGINALE "Il vero O.N.U. è la F.I.F.A"

UN RITRATTO DI VINCENZONI AD OPERA DI VALERIO CAPRARA

Fra i tanti scritti occasionati dalla morte di Luciano Vincenzoni ve ne è stato uno particolarmente bello scritto da Valerio Caprara e pubblicato sul suo sito (www.valeriocaprara.com). Gli ho chiesto di riprodurlo nel Blog cosicché egli possa avere qualche nuovo lettore. Valerio è un vecchio amico, che ho conosciuto verso la fine degli anni settanta, quando era ancora nella parte iniziale della carriera universitaria e da non molto tempo, credo, era diventato critico cinematografico titolare del "Mattino". Nella stampa di un tempo avere una rubrica fissa sul quotidiano più importante della propria città significava molte cose: un rapporto intenso con la gente e una sorta di credito morale che si percepiva nettamente. Vorrei ricordare che una quarantina di anni fa la logica del tempo imponeva di recensire praticamente tutti i film che uscivano in prima visione in città, e di farlo immediatamente. Il pubblico se lo aspettava, e in certo senso lo esigeva. Erano giornali diversi, sotto molti profili ancora quasi ottocenteschi, ma che del XIX secolo conservavano una forte attrazione su un pubblico che, in ogni città, leggeva "quel" quotidiano, e in gran parte soltanto quello. Ne ricavava minute informazioni dando vita ad un rapporto di reciproca dimestichezza, ormai quasi completamente scomparso, di fronte alla clamorosa "aggressione" televisiva e, soprattutto, alla sostanziale scomparsa del pubblico giovanile. Si direbbe che, ormai, i quotidiani siano una realtà per vecchi, come il cinto erniario e i mali alla prostata: i giovani leggono i contributi in web e corrispondono fra di loro certamente non con il periodare, a volte ancora aulico, dei giornali ma con la fulminea stringatezza quasi telegrafica degli SMS.
Da quando l'ho conosciuto ad oggi Valerio è diventato un autorevole professore di storia del cinema alla Orientale di Napoli ed un altrettanto autorevole critico di livello nazionale (rimando al suo sito per l'elenco dei suoi libri, e, più generalmente, per il riassunto della sua carriera). In particolare egli ha accettato che io riproducessi il suo intervento (mi ha detto che ne era felice). Mi auguro che non sia l'unico suo rapporto con il Blog e vi lascio il piacere di leggerlo:



"La definizione più semplice e quindi più vera è storyteller, raccontatore di storie. Luciano Vincenzoni, nato a Treviso nel 1926 e scomparso ieri a Roma, passa alla storia del cinema italiano come uno dei più inesauribili, fantasiosi, trascinanti creatori di soggetti e sceneggiature “fatti apposta” per trasporsi in film-film, cioè quelli oggi purtroppo inimitabili che non hanno avuto bisogno di droghe intellettuali o mode culturali per incidersi nell’immaginario collettivo. Al di là della vita privata, anch’essa segnata da insolite vicende e spiriti anticonformisti, Vincenzoni ha non a caso fatto parte (con Age e Scarpelli, Flaiano, Maccari, Sonego, Zavattini e pochi altri) della pattuglia ad alto tasso di genialità e grinta che dalla deriva neorealistica di metà anni Cinquanta sino a fine secolo non ha mai smesso di fornire linfa vitale al fiuto dei produttori e al talento e/o mestiere dei registi e degli attori. Fatti, impatti, coincidenze, intrecci psicologici, sfilate di caratteri, la storia rivisitata o rovesciata come un guanto, il riso e il pianto mixati senza cautele, personaggi veri che sembrano inventati e viceversa: soprannominato in questo senso “il falso bugiardo”, insignito nella giungla hollywoodiana del titolo di “script doctor”, sincero sino all’autolesionismo nel bellissimo libro autobiografico “Pane e cinema”, andrebbe forse avvicinato a ciò che, in termini di capacità d’osservazione, intarsio psicologico e finto naturalismo destinato a trasformarsi in stile, simbolo e ossessione, è stata in campo letterario la scuola dei Flaubert e Maupassant.
Sessantacinque film e oltre: la quantità, nel suo caso, non va a scapito della qualità proprio perché l’approccio è rimasto limpido e risoluto come ai tempi dell’esordio con “Hanno rubato un tram” per la regia di Bonnard. Come background una vita assaporata senza filtri, anche come riscatto degli orrori della guerra e del caos del dopoguerra in cui tragedia e commedia hanno convissuto nel cuore e le viscere di un popolo. Amori, povertà, vizi, assalti a muso duro alla cittadella romanocentrica: arrivato da Treviso e incoraggiato dallo sceneggiatore Piero Tellini, il giovane dal cattivo carattere e i comportamenti strafottenti sfonda già nel ‘55 grazie al connubio con l’altro outsider Germi e al successo dello struggente “Il ferroviere”. Da allora non smette di scrivere sui tasti della sua Olivetti (non si arrenderà mai al pc) e osa addirittura forzare la mano del feticcio Dino De Laurentiis vendendogli sette sceneggiature in un sol colpo. Ne varrà la pena, però, perché la sua prorompente qualità di narratore nato, spesso corroborata dai vecchi e i nuovi complici come Amidei o Pirro, risalta in una serie di titoli da prima pagina: “La grande guerra”, “Il gobbo”, “Crimen”, “I due nemici”, “Sedotta e abbandonata”, “La vita agra” e quel “Signore & signori” che è uno dei capolavori della commedia all’italiana ancora cinica, anarchica e imparziale nel fustigare gli italiani senza accomodarsi sulla cattedra del politicamente corretto.
Chissà perché la critica snobba il suo eclettismo perché “di buon livello, ma privo di particolari ambizioni”, come se rientrassero in questa misera gabbia “La cuccagna” e “Roma bene”, “Un tranquillo posto di campagna” e “Torino nera”, “Libera, amore mio!” e “Gran Bollito”. Meno male, per noi spettatori, che a metà dei Sessanta avvenga l’incontro cruciale con Sergio Leone: mettendo un aggressivo taglio culturale –il suo romanzo di riferimento è e resterà il celiniano “Viaggio al termine della notte”- al servizio dell’istintiva e visionaria epica leoniana di “Qualche dollaro in più”, “Il buono, il brutto, il cattivo” e “Giù la testa”, l’asociale, irascibile e dissipatore Vincenzoni (tra l’altro donnaiolo incallito e schiavo della roulette) si dimostra, così, degno dell’amore/ammirazione dedicatigli in seguito dagli hollywoodiani e soprattutto dal maestro Billy Wilder. Fuggiasco a Hollywood per quindici anni e divenuto intimo anche di big come Matthau, Sinatra e Neil Simon, si sente estraneo all’andazzo di Cinecittà: “Non ero comunista e siccome mi piacevano il denaro, il lusso e la gente ricca mi hanno odiato e definito un servo degli americani”. In realtà basta scorrere l’elenco dei film a cui ha trasmesso un indiavolato vitalismo per capire come la sua forza sia stata quella d’imparare dai cento fiori della realtà, dalla violenza e dalla tenerezza, dai santi e dai furfanti, dalle famiglie e dai vagabondi. Nient’altro che un raccontatore di storie. "

28 settembre 2013

FILM USCITI A GENOVA IN SETTEMBRE

Il collega Guido Reverdito mi invia l'elenco dei film usciti a Genova a tutto il 28 settembre 2013. Quando saranno giunti i voti di tutti 16 colleghi abilitati del Gruppo ligure aderente al Sindacato Nazionale Critici Cinematografici italiani (S.N.C.C.I.), li pubblicherò nel Blog. L'elenco che "posto" adesso serve per chi voglia fare raffronti fra le uscite nazionali nel mese e quelle regionali.
Cordiali saluti a tutti.

Film usciti nelle sale di Genova a settembre 2013
Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini
Come ti spaccio la famiglia
I Puffi 2
Il futuro
Il potere dei soldi
La fine del mondo
L'arbitro
Lo sconosciuto del lago
Mood Indigo - La schiuma dei giorni
Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il mare dei mostri
R.I.P.D. - Poliziotti dall'aldilà
Redemption - Identità nascoste
Rush
Sacro GRA
Sotto assedio - White House Down
The Bling Ring
The Grandmaster
The Spirit of '45
Un piano perfetto
Una fragile armonia
Universitari - Molto più che amici
Vado a scuola
Via Castellana Bandiera
You're Next

27 settembre 2013

IL CINEFORUM DI PIER LUIGI RONCHETTI

Gli interventi sul Blog (miei e di altri) a proposito dei Cineforum e Cine Club di una volta, hanno stimolato il mio vecchio amico modenese Pier Luigi Ronchetti ad inviarmi una lettera in cui ha rievocato ricordi, appassionanti e tempestosi, della sua giovinezza "cinefilica". Pier è un vecchio amico e collega, conobbe un esordio da critico cinematografico (a testimoniarlo c'è un suo "Castoro" su Claude Lelouch), poi praticò molto giornalismo a livelli vari: è stato anche per otto anni direttore di "Sorrisi e Canzoni". Io collaborai con lui una volta a Saint-Vincent quando dirigeva le "Grolle d'oro" e, più recentemente, con una rubrica settimanale su un'abile rivista intitolata "Emmemodenamondo", di cui lui era ovviamente il Direttore. 
Ho trovato la lettera divertente nel rievocare un periodo di cinema che in tanti abbiamo conosciuto. Ho chiesto a Pier l'autorizzazione a pubblicarla nel Blog, l'ho ottenuta ed eccola qui di seguito:

Caro Claudio,
a proposito di Cineforum (quelli che conducevo fra la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta si chiamavano così) ti mando alcune considerazioni, frammentarie come spesso lo sono i ricordi, anche quelli più cari.
Il cinema parrocchiale chiamato Paradisino, a poche decine di metri dall'Accademia Militare di Modena, era il luogo di ritrovo settimanale di una fauna variopinta, forse unita dalla passione per il cinema ma sicuramente unita dalla voglia di comunicare, di confrontarsi, di dire la propria opinione, di esibirsi in pubblico.

Nella stessa sala si incontravano e si scontravano:
1) Giovani sessantottini con divisa di ordinanza (parka, giacca pesante, rotolo di giornali sotto il braccio, capello incolto, fumatori, preferibilmente Gauloises). Maniaci nella scelta del posto: qualcuno in primafila, qualcuno in ultima, nessuno al centro ma scaglionati lungo i corridoi per avere pronta una via di fuga.

2) Ragazze della Modena bene, in genere liceali o al primo anno di università (il cineforum era vietato ai minori di 16 anni), con gonne a pieghe, candide camicette, finalmente libere dai capelli cotonati e seguaci del liscio-smorto secondo i dettami di Francoise Hardy e Jane Birkin. Scarpette da ginnastica, reggiseni austeri e rigidi senza push.up. Niente rossetto sulle labbra, qualcosa sulle guance e attorno agli occhi. Sedevano in gruppo.

3) Professori universitari o liceali. Ognuno faceva storia a se perché appartenevano a diverse generazioni. Dagli estimatori di Matarazzo a chi considerava “L’anno scorso a Marienbad” il miglior film di tutti i tempi  ( “…in sintesi l’école du regard è l’affermazione dello sguardo passivo sulla realtà…”) i prof. trasformavano gli interventi  in  piccole lezioni di estetica, a volte gradevoli ma spesso interrotte a furor di popolo.

4) La classe operaia (…va in Paradisino). Due,  a volte tre generazioni di lavoratori autodidatti, fabbrica e scuole serali. Interventi tranchant con la pericolosa tendenza a parlare della trama in chiave moralistica tipo: “Io dico che lui ha fatto bene a lasciarla perché l’era na gran troia.” . C’era anche il figlio di un tabaccaio, molto grasso, che un giorno salì’ fino in casa mia (quarto piano senza ascensore) e mi consegnò ansimando un suo scritto sul cinema e sui suoi film preferiti. Lo lessi ma non potei mai dirgli cosa ne pensavo perché il giorno dopo si buttò dalla finestra. Andai a trovare la madre, una donna minuta, che mi ringraziò di averlo “accettato” al cineforum e mi raccontò tutta la storia di questo povero figlio, dentro e fuori dagli gli istituti psichiatrici.

5) I fenomeni. Noi  amici (Daniele, Checco, Vincenzo, Marco e Don Eligio ) che organizzavamo le serate. Eravamo noi i veri malati di cinema: usciti dal cineforum stavamo fino a notte fonda a discutere in piazza Roma, magari sotto la neve, battendo i piedi. Si discuteva di uno stacco in asse, di un piano sequenza e se il Mucchio Selvaggio entrasse di diritto nei cinque più grandi western di sempre. Uniti dalla passione e dall’amicizia, molto più importanti delle nostre idee personali. Andavamo sempre al cinema, maniacalmente al cinema. Schedavamo, riportando sui nostri fogli di quaderno  (che molti di noi non riescono oggi a buttare) anche i nomi dei comprimari, dei caratteristi, dei truccatori (Ben Nye, William Tuttle…) E naturalmente le battute, ripetute tra noi all’infinito…Un esempio per tutti, riferito a un film di Lelouch, “Vivere per vivere”. Quando Yves Montand, dopo aver lungamente amato Candice Bergen in una camera d’albergo, apre le finestre su una Amsterdam nebbiosa e dice: “Bisognerebbe sempre amarsi all’estero”.

Come passa il tempo. Anzi, come passano i  tempi…

Devotamente, Pier

26 settembre 2013

DUE LINK CON COMMEMORAZIONI DI VINCENZONI

Come si può controllare nei commenti al Blog del giorno 24 settembre, Claudio Costa mi ha inviato i dati riguardanti due siti (evidentemente ve ne sono moltissimi altri!) che contengono commemorazioni di Vincenzoni. Riporto qui sotto i dati che consentono di leggere gli articoli originali. Uno fa capo al New York Times del 25 settembre, l'altro, sempre del 25 settembre, è tratto dal Corriere del Veneto e risente anche di un certo patriottismo regionale. Entrambi contengono elementi largamente interessanti. 


A DOMANDA RISPONDE

Rapida carrellata sui commenti pervenuti a partire dal 12 settembre sino ad oggi. Ringrazio tutti quelli che hanno espresso il loro parere sui voti ai film contenuti nelle liste di votazione dei soci liguri del Sindacato Critici Cinematografici (si tratta di Dario, della fondamentale Rosellina, di Enrico e di Rita M.). Spero di non aver dimenticato nessuno, un grazie a parte per Giorgio che ha citato l’inizio del ciclo “Amor di Cinema” su Class TV. 
Passiamo ai commenti del 16 di settembre, con ringraziamenti vari alle fedelissime Rita M. e Rosellina e ancora testimonianze diverse sulla nostalgia per l’epoca dei Cineclub e dei Cineforum. Nei commenti del 23 settembre trovo citazioni varie: dall’”argot” di Matteo Renzi alla nostalgia per Luciano Vincenzoni alla curiosità espressa da Rita M. sulle “sorti” dei termini gergali. E’ una curiosità che può essere sistematicamente estesa a tutta la lingua parlata. Pensate a quanti modi di dire venivano usati 10 o 20 anni fa e che adesso sono totalmente dimenticati. Vi ricordate quando i politici dicevano spesso: “non nascondiamoci dietro a un dito” (possibilità terrorizzante perché fa pensare a delle mani deformate da un patereccio). Oppure “non gettiamo via il bambino con l’acqua sporca”, frase che è un vero e proprio inno alla criminalità, formulando un ipotesi che implica un cretinismo totale. 
Per quel che riguarda la posta del 23 settembre ci sono diverse espressioni di dolore e di rimpianto per la scomparsa di Luciano. Non posso che associarmi. Vorrei rassicurare il Principe Myskin: un giorno o l’altro mi occuperò di Malick. E vorrei rassicurare anche Rosellina che ha perso la mia presentazione di “The Boxer”, che ha riscosso gli elogi di Franco Mesturini. Per essere sincero l’ho persa anche io. Per fortuna Class Tv mi ha inviato tutti i DVD (le presentazioni, ovviamente, sono state tutte girate, a casa mia a Genova, prima dell’inizio del ciclo). Una volta andati in onda tutti i film proverò a chiedere a Class Tv se mi da il permesso di pubblicarle sul Blog. 
I commenti del 24 settembre (PuroNanoVergine, Rosellina, Giorgio, il Principe Myskin, Ronin film Production ed Enrico, con le sue correzioni a catena di Gassman e Sordi in “Crimen”) sono tutti dedicati, affettuosamente, al ricordo di Luciano Vincenzoni. Faccio osservare che la “Ronin Film Production”, che ha inviato un messaggio di ringraziamento per quel che ho scritto su Luciano, è la società di produzione per cui Claudio Costa ha diretto il fondamentale documentario “Il falso bugiardo” dedicato appunto al nostro amico scomparso. 
Spero di non aver trascurato nessuno. Come sempre resto in attesa, a piè fermo, dei vostri graditissimi interventi.

25 settembre 2013

UN AFFETTUOSO RICORDO DI VINCENZONI AD OPERA DI VIRGINIA ZULLO

Virginia Zullo mi invia il suo affettuoso ricordo di Luciano Vincenzoni pubblicato sul sito "Daringtodo", che si presenta come un quotidiano on-line. Riporto qui il link che vi consentirà di leggere l'articolo prima citato.

http://www.daringtodo.com/lang/it/2013/09/23/luciano-vincenzoni-addio/

FILM IN USCITA NAZIONALE IL 26 SETTEMBRE 2013


Universitari - Molto più che amici
diretto da Federico Moccia
Enrico Silvestrin, Barbara De Rossi, Maurizio Mattioli, Amanda Sandrelli, Fabio Troiano, Roberta Giarrusso, Tiziana Buldini
Medusa / GuidiLocurcio

Sarebbe stato facile
diretto da Graziano Salvadori
Nicola Conticello

Redemption - Identità nascoste
diretto da Steven Knight
Moviemax / m2 pictures
durata di 100 min.

La fine del mondo
diretto da Edgar Wright
durata di 109 min.


Bling Ring
diretto da Sofia Coppola
durata di 90 min.


Sotto Assedio - White House Down
diretto da Roland Emmerich
Warner Bros / Cristiana Caimmi
durata di 131 min.

Lo sconosciuto del lago
diretto da Alain Guiraudie

Teodora Film / Nicoletta Billi
durata di 110 min.

Vado a scuola                                   
diretto da Pascal Plisson
documentario
durata di 85 min.

24 settembre 2013

RICORDO COMMOSSO DI LUCIANO VINCENZONI

Sono già arrivati tre post dedicati a Luciano Vincenzoni e tutti e tre hanno la gentilezza di menzionare le telefonate-interviste che io ebbi con lui e che pubblicai nel Blog. Mi è rimasto il senso di colpa di non avere attivato un ulteriore telefonata, che penso sarebbe stata di estremo interesse per molti appassionati, centrato su un tema che in precedenza aveva appena sfiorato. E cioè l’enorme quantità di amicizie e conoscenze che egli, in almeno 15 anni di stabile soggiorno a Hollywood, aveva intessuto con attori e registi famosi. Me ne aveva fatto cenno una volta quando, quasi casualmente, mi aveva parlato del rapporto di amicizia intessuto con Tony Curtis in occasione di un soggiorno europeo dell’attore, durante non so più quale Festival internazionale. Mi accorsi che avrei potuto moltiplicare i suoi ricordi su decine e decine di persone famose. Poi, colpevolmente, rimandai la telefonata e intanto la salute di Luciano peggiorava. Fino a quando ha dovuto essere assistito dai famigliari, e particolarmente da una figlia di cui non parlava mai ma che sembra lo abbia curato con molta affezione. Negli ultimi tempi il regista Claudio Costa, autore nel 2008 di un prezioso documentario su Vincenzoni intitolato “Il falso bugiardo”, mi teneva informato sulla salute di Luciano che peggiorava di giorno in giorno, per cui fui ovviamente obbligato a rinunciare al mio progetto. “Il falso bugiardo” prendeva in qualche modo le mosse da un libro di memorie intitolato “Pane e Cinema” che Luciano aveva pubblicato nel 2005 e per il quale aveva voluto, molto affettuosamente, che io scrivessi la prefazione. Nel documentario di Costa ci sono molte e disparate testimonianze di persone che ricordano la straordinaria carriera di Vincenzoni, inventore di “storie” cinematografiche a piè sospinto. Fra gli intervenuti ricordo Furio Scarpelli (Luciano lavorò con piacere con lui e con Age) e Dino De Laurentiis, che battezzò clamorosamente la sua carriera comprandogli tutti insieme sette soggetti di film durante un colloquio frutto di una irruzione, non autorizzata. E poi altri personaggi notissimi, come Tullio Kezich, Felice Laudadio, Giorgio Capitani, Enrico Vaime, Vittorio Sgarbi, via via sino a Carlo Lizzani, che per fortuna era presente nell’ufficio di De Laurentiis e si rese garante per lui quando vi piombò inaspettatamente Vincenzoni.

C’è tutto un largo frammento dell’esistenza privata di Vincenzoni, che avrei voluto e dovuto chiarire nella telefonata che non ebbe mai luogo, e cioè quello della passione di Luciano per il gioco d’azzardo. I suoi racconti sulle incursioni che egli compì nei principali Casinò della Costa Azzurra erano da soli un romanzesco soggetto per un film, in cui si mescolavano clamorose vittorie e sconfitte al tavolo della “roulette” e lampeggianti presenze di personaggi famosi che uscivano dai “privè” in cui per lungo tempo non fu ammesso e dove soggiornavano i nomi più famosi della mondanità e della finanza. Credo si debba anche ricordare l’affetto autentico e la profonda devozione che Luciano nutriva per alcuni personaggi decisivi nella storia del cinema: da Pietro Germi, con cui collaborò con grande successo ma con il qual ebbe anche scontri memorabili, a Billy Wilder, l’autore cinematografico che egli amò sopra tutti gli altri.

Vorrei ricordare che la mia amicizia con Luciano nacque tardivamente. Non durante i 25 anni in cui vissi a Roma per lavoro, ma quando ero già tornato a Genova. Egli leggeva la posta con i lettori che io intrattenevo in una piccola rivista, “Film Doc”, pubblicata a cura dell’AGIS di Genova. Mi scrisse, gli risposi e in breve diventammo molto amici. Proprio pochi giorni fa mi ricordai di come egli fosse addolorato del fatto che poco o punto ci si ricordava di Pietro Germi, e del suo indubbio talento di uomo di cinema, proprio perché mi venne fra le mani un numero speciale di una rivista dedicato al regista genovese, nel quale c’era anche un mio articolo su Germi “giallista”. Mi è rimasto il rimpianto di non avere inviato a Luciano una fotocopia del testo, ma forse era troppo tardi.
Giusto per stimolare la fertile memoria dei lettori ricordo qualcuno dei titoli in cui Luciano ha lasciato la sua impronta decisiva come soggettista e/o sceneggiatore. Da “Hanno rubato un tram” (1954), suo esordio come soggettista, gli anni 50-60 furono fitti a diverso titolo di film famosi o comunque importanti come “Il ferroviere” (1956), “La grande guerra” (1959), “Il gobbo” (1960), “Crimen” (1961), “La cuccagna” (1962), “Sedotta e abbandonata” (1964), “La vita agra” (idem), “Signore e Signori” (1965), “Per qualche dollaro in più” (idem), “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966), “Un tranquillo posto in campagna” (1969), e un contributo di alto livello in “Noi donne siamo fatte così” (1971) di Dino Risi. Nei decenni successivi la presenza di Luciano nel cinema è stata ancora intensa ma ancor più come scenarista in proprio, come “Script doctor”, vale a dire come insuperato “verificatore” di sceneggiature altrui, da rivedere e da migliorare in modo decisivo.

Naturalmente in questo nuovo secolo il cinema, arte e industria crudele come poche, non ha più fatto ricorso a Luciano con la stessa intensità e regolarità di una volta. Ma è questo un penso che tutti noi che invecchiamo abbiamo pagato o abbiamo già dovuto pagare alle regole feroci dell’esistenza. Queste mie righe sono tuttavia una testimonianza che Luciano non sarà dimenticato così facilmente.

23 settembre 2013

ALLORA QUALCUNO VEDE LE MIE PRESENTAZIONI?

Un fedele corrispondente, Franco Mesturini, ha pensato bene di inviarmi un' e-mail che, essendo io vanitoso, ho deciso a mia volta di pubblicare sul Blog. 

"Ottima la presentazione di The Boxer su Class tv!"- Franco Mesturini

E' MORTO LUCIANO VICENZONI

E' un doloroso dovere a cui non posso sottrarmi. Cioè quello di comunicarvi una sgradevolissima notizia. E' morto ieri a Roma Luciano Vicenzoni. E' stato un grande sceneggiatore del cinema italiano. Era nato a Treviso nel 1926 ed è stato attivo nel cinema, in Italia come negli Stati Uniti, sino a pochi anni fa. Gli affezionati del Blog si ricorderanno due sue memorabili telefonate (l'una del 4 maggio 2010 e l'altra del 18 febbraio 2013) che lo hanno reso popolarissimo anche fra quelli che inizialmente non lo conoscevano. Per ricordare come si deve la sua brillante opera di sceneggiatore intendo tornare sull'argomento fra pochi giorni. 

GENOVA ARRIVA PRIMA NELLA GARA DEGLI SCONTRINI

La Stampa di ieri, come altri giornali, recava la notizia che Genova era in testa alle città virtuose dal punto di vista della correttezza fiscale perché solo un decimo dei negozianti “non” compilava lo scontrino obbligatorio. Evasione che giungeva non so se all' 80 o al 90% a Napoli. In redazione hanno deciso di porre a confronto la notizia con le opinioni di un genovese e di un napoletano. Per Genova il redattore Fabio Pozzo (che è genovese) si è rivolto a me per chiedere un breve parere scritto. Per Napoli mi pare di capire che ci abbia pensato la redazione romana de “La Stampa”, la quale è finita con l’approdare, non so perché, al cantante Nino D’Angelo. Io, che quando mi è giunta la richiesta stavo vedendo una partita di calcio su Sky, non avendo nessuno a cui dettare il mio testo l’ho scritto (ahimè, con un dito) sul computer e l’ho poi telefonato a Torino. Non avendo ricevuto un massimo di lunghezza rigorosamente stimato in battute, ho dovuto poi tagliare il pezzo in diretta al telefono (non mi lamento certo, ho passato metà della mia vita professionale a tagliare i pezzi degli altri). Ho comunque pensato di pubblicare sul Blog il mio testo originario, indicando in nero i brani soppressi. Ricordo a tutti che saper tagliare non solo i testi degli altri ma anche i propri è una componente fondamentale del mestiere del giornalista e del lavoro dello scrittore. C’è un famoso precedente di almeno un secolo e mezzo fa (ma è valido tuttora), concernente gli scrittori inglesi che scrivevano per i giornali americani. “Tenetevi il pezzo davanti”si pensava di dire e “immaginate di doverlo spedire per telegrafo negli Stati Uniti, al prezzo di 25 centesimi di dollaro alla parola. E poi tagliate tutte le parole che vi sembreranno superflue”. 
Fate lo stesso anche voi con i miei “due” testi. Ecco il mio brano con il titolo posto da “La Stampa”.

"SIAMO ONESTI PERCHÉ' CONVIENE"

Non vorrei darmi delle arie ma confesso che la notizia non mi stupisce. Correrò il rischio di sembrar caduto in preda ad un sussulto di dissennato orgoglio cittadino, ma in questo (forse) inatteso scrupolo di correttezza amministrativa riconosco i frammenti, i minuzzoli, i trucioli di quel che fu un tempo (non lontanissimo) l’orgoglio, fra il timido e il torvo, di una città che sapeva occuparsi d’affari. Consapevole del fatto che, alla lunga, negli affari in fondo conviene (o forse, conveniva) dire la verità, per poterla duramente esigere dall’ altro contraente. In effetti, più il tempo passa, più mi accorgo di essere nato e cresciuto in un’altra Genova (Avevo lasciato una Genova) dove il lavoro era visto come un obbligo ossessivo ma totalizzante,  in omaggio al quale perfino l’onestà diventava tollerabile. Sono vissuto a Roma (con animo stendhaliano) per 25 anni , e quando sono tornato, circa vent’ anni fa, ho appreso, con tristezza ma senza soverchio stupore, che la città aveva perso 200.000 abitanti. Cioè un quarto  del totale. Cifra enorme che spiega, ma forse solo in parte, la sparizione di un intero tessuto connettivo industriale: fabbriche, cantieri, Ditte secolari, spirito di iniziativa  e, soprattutto,  voglia di applicarlo. Resistono tuttavia in città antichi riti (paralleli) di una perduta efficienza. (In cui anche possono iscriversi, volendo, quei benedetti scontrini). Son tracce importanti di quel che resta del  piglio genovese d’altri tempi: dall’ Ansaldo ai piroscafi fatati (alle navi) della Navigazione Italia alla Vespa. Ai genovesi è rimasta, in fondo, la riserva fescennina e triste, della variazione grottesca e satirica fra il tragico ed  il faceto. Che non a caso, nell’ Italia di oggi, è rappresentata  da due genovesi: Crozza e Grillo.

L' OSSERVATORE GENOVESE

Ecco la solita pubblicazione al lunedì della rubrica domenicale sul Corriere Mercantile. Chi la leggerà si accorgerà che sono stato stimolato dai verbalismi di Matteo Renzi. La mia reazione linguistica nei suoi confronti è stata autentica e, credo, non causata da motivi di particolare e specifica antipatia. Confesso che quel che mi colpisce in questo uomo politico è, come ho già avuto occasione di scrivere, non tanto la sua programmatica toscanità (che è biologica e non implica scelte specifiche) quanto quel suo programmatico giovanilismo, che traspare in tante sue pubbliche apparizioni e che diventa quasi un riflesso professionale. Per esempio ho notato che non soltanto è sempre in maniche di camicia quando cammina velocissimo da solo ma che lo è anche quando partecipa ad una tavola rotonda di partito, dove tutti gli altri convenuti (almeno 5 o 6) indossano la giacca e lui no. Non si capisce se i suoi colleghi sono freddolosissimi o se lui è sistematicamente colto da scalmane. E' forse un sintomo delle potenziali divisioni fra i membri del PD?


VISTO CON IL MONOCOLO
MATTEO RENZI E L'USO DELL'ARGOT
Fin da ragazzo ho avuto un debole istintivo, seppur mai sorretto scientificamente da studi adeguati, per le lingue, i dialetti e i gerghi che vi si innestano. Ad esempio per anni ho provato un interesse autentico per l’”argot”, cioè quella complessa “lingua parallela” che, provenendo in genere da fuori legge o mendicanti, si è infiltrato per secoli nel francese comune, utilizzandone molte parole ma anche innestandovi moltissimi vocaboli nuovi e decisivi modi di dire, destinati a fare epoca. Ho ritrovato ancora fra i disordinati libri di casa due dizionari di “argot”, uno francese, del 1986, ed uno italiano, addirittura del 1939, a testimonianza di quanto il tema destasse interesse anche da noi più di settant’anni fa. Si capirà quindi come ancora oggi sia facilmente interessato da ogni invenzione “argotica” italiana che affiori nella nostra vita pubblica. Confesso di essere rimasto colpito dal fatto che Matteo Renzi abbia detto che Bersani, ad un certo punto, si è dimostrato “spompo”: presumo sia una abbreviazione giovanilistica per “spompato”. E ancor più colpito dall’espressione usata sempre da Renzi nei confronti degli avversari, dicendo che, nell’ipotesi di una lotta elettorale, essi sarebbero stati “asfaltati”. Non ricordo se la frase da lui usata prevedesse, secondo sintassi, l’ipotesi “li asfalteremo” o “li asfalteremmo”, ma questo era il senso sostanziale. Probabilmente dimostra ancora una volta il ricorso ad una qualche variazione di gergo giovanile (nella sostanza l’”argot” è appunto un gergo) ma al tempo stesso affonda le radici, senza che probabilmente Renzi ne sia consapevole, in quella sorta di terribilità in cui sovente si muovono i vari “argots”che parallelamente convivono nel mondo. “Asfaltare” significa, mi pare ovvio, “ricoprire di asfalto”. Per cui l’espressione acquista una tonalità ambiguamente minacciosa se viene usata, seppure con palese variazione paradossale, nei confronti di oggetti che non possono essere inanimati, come lo sarebbero zolle o frammenti di terreno, e che quindi possono rivelarsi soltanto come esseri umani. Spesso, al di là delle intenzioni dei singoli, le parole diventano esplosivi. Tanto più se le usa un uomo pubblico.

(TITOLO ORIGINALEOGNI LINGUA HA IL SUO “ARGOT”)

17 settembre 2013

LA FASCIA D'ETA' DEI CINECLUB-CINEFORUM

Ho ricevuto, al mio indirizzo e-mail, claudiogfava@gmail.com (è riportato nella mia rubrica settimanale sul “Corriere Mercantile”)  la seguente lettera di Eugenio Gio Batta (lo scrive così) Carlini. Evidentemente motivata da quel che ho scritto sulla TV come grande Cine-Club e sui miei ricordi professionali in merito. Carlini  mi autorizza a riportare la lettera nel Blog. Eccola dunque qui di seguito. Mi riservo di rispondere in un secondo tempo.

Caro Claudio G. 
appartengo ad una fascia di età che è appunto quella dei cineclub-cineforum .
Riemergono ricordi di episodi quali:
fare tardi per dibattere il significato "profondo" della dipintura in rosso della pistola in "Dillinger è morto"
accanirsi per il finale di "l'oriente è rosso" 
E così via 
Eravamo politicizzati ma giovani ed almeno speranzosi
Io personalmente seguivo,seppur socialista , essendo di Sestri Ponente, il cineforum al cinema della azione cattolica in via C. Menotti adiacente al cinema estivo "La Perla" ma anche frequentavo assiduamente in centrocittà i film proiettati al cinema nel palazzetto dei combattenti e reduci adiacente alla questura e al pomeriggio il "centrale" molto pre-luci rosse
Sono stato alunno di padre Arpa al liceo scientifico Fermi negli anni 60-65, devo però dire senza costrutto: 
 il suo interesse verso di noi era pari a zero, nessun coinvolgimento filmico anzi, contribuì a fare abbracciare l'ateismo ad alcuni di noi limitandosi ad un suo caldo invito ad essere luci-fiamme di adorazione al SS. Sacramento con ferrei turni in stile militare (a cui i più svegli si sottrassero ovviamente). 
Ma adesso una richiesta:
come avere in DVD ADALEN 31 il film con Max von Sydow
anche di questo ricordo con disappunto i fischi dei miei coetanei al Cinema Verdi di Sestri per il finale socialdemocratico riformista, avendo però poi appreso che Simone de Beauvoir lo esalta in una lettera a Sartre
esiste per questo film una damnatio memoriae???
con simpatia ed affetto 
Eugenio Gio Batta Carlini

P.S. mi sento di una età ed in una condizione di scoraggiamento emotivo  tale per cui mi devo adattare a quello che "passa il convento" TV
Ringrazio per l'iniziativa


16 settembre 2013

CICLO "AMOR DI CINEMA"

SU CLASS TV 9 FILM DA ME PRESENTATI

Venerdì 13 Settembre ha avuto inizio su Class TV (canale 27 del digitale terrestre inizio circa ore 20.50) un ciclo di 9 film, intitolato “Amor di Cinema”,  da me presentato (non vorrei spaventare il lettore, si tratta di presentazioni brevi di circa 3 minuti).
Confesso di aver dimenticato di annunciarlo nel mio Blog! Lo faccio adesso, scusandomi per il ritardo. Ecco dunque l’elenco dei film, ciascuno con regista e autori,  le date di programmazione e un breve profilo dell’opera. 
Mi auguro che la cosa possa interessare i lettori abituali.

PROGRAMMA

Venerdì 13/09 ore 20.50
OCCHIO INDISCRETO (Public Eye)
Di Howard Franklin. 
Con Barbara Hershey, Stanley Tucci, Joe Pesci.  Thriller. 1992.
New York, 1941/42: Leon “Bernzy” Bernstein, fotoreporter di cronaca nera, si fa coinvolgere per amore di una donna nella guerra tra bande della malavita italoamericana. Notevole interpretazione di Joe Pesci modellato su un personaggio veramente esistito, Arthur Fellig, grande interprete (con il nome di battaglia di “Weege”) di una tagliente New York notturna.

Venerdì 20/09 ore 20.50
THE BOXER (idem)
Di J. Sheridan. Con Daniel Day-Lewis, Brian Cox, Ken Scott. Drammatico. 1997. 
L'irlandese Danny esce dal carcere dopo 14 anni e torna nel quartiere cattolico di Belfast dove Maggie, sua ex ragazza, ha sposato un suo amico, anch'egli carcerato per motivi politici, ed è madre di un ragazzino. Terzo film di Sheridan con Daniel Day-Lewis, in un’interpretazione ottima insieme a quella di Emily Watson.

Venerdì 27/09 ore 20.50
CRONISTI D’ASSALTO (The Paper)
Di Ron Howard. Con Robert Duvall, Glenn Close. Drammatico. 1994.
Nell'arco di 24 ore al direttore di una testata giornalistica viene diagnosticato un cancro, il capocronista potrebbe cambiare lavoro, c'è una nascita anticipata. L’ex divo di “Happy Days” sa come imprimere un ritmo quasi ossessivo in un abile film di genere.

Venerdì 04/10 ore 20.50
I FALCHI DELLA NOTTE (Nighthawks)
Di Bruce Malmuth. Con Sylvester Stallone, Billy Dee Williams. Poliziesco. 1981.
Il poliziotto Da Silva, insieme a un collega di colore, va a caccia di un pericoloso terrorista per i quartieri malfamati di New York. Film di ambizioni forse modeste ma di successo assicurato.

Venerdì 11/10 ore 20.50
JUNGLE FEVER (idem)
Di Spike Lee. Con Wesley Snipes, Annabella Sciorra, Samuel L. Jackson. Drammatico. 1991.
Architetto nero di New York, con moglie e figlia, ha una relazione con la segretaria italoamericana, che ha il babbo e due fratelli a carico. Male accolta nei rispettivi ambienti, la loro storia li fa espellere dalle famiglie. La rivendicazione “etnica” è la molla fondamentale del cinema di Spike Lee, regista tanto dotato di talento quanto di aggressività.

Venerdì 18/10 ore 20.50
L’ULTIMO SIPARIO (The Final Curtain)
Di Patrick Harkins. Con Peter O'Toole. Drammatico. 2002.
Due conduttori di show televisivi concorrenti farebbero qualunque cosa per raggiungere l'ascolto più alto. Quando si arriverà all'ultimo sipario ci sarà solo un vincitore. Il film è interessante per l’alto livello della interpretazione di Peter O’Toole, divo dalle prestazioni diseguali ma ricco di talento.

Venerdì 25/10 ore 20.50
MASK – DIETRO LA MASCHERA (idem)
Di Peter Bogdanovich. Con Cher, Sam Elliott, Eric Stoltz. Drammatico. 1985. 
Affetto da una rara malattia che gli deforma i lineamenti del viso, un sedicenne intelligente e sensibile è sorretto dalla madre, sbandata ma affettuosa, e dagli amici i quali non gli fanno pesare la sua diversità. Bogdanovich (“L’ultimo spettacolo”, “Paper Moon”, eccetera) è caro ai cinefili per le sue interviste ad alcuni grandi registi.

Venerdì 01/11 ore 20.50
RUSTY IL SELVAGGIO (Rumble Fish)
Di Francis Ford Coppola. Con Mickey Rourke, Matt Dillon, Dennis Hopper, Nicolas Cage. Drammatico. 1983. 
Oklahoma, anni '60. Il sedicenne Rusty vive col padre, avvocato fallito e alcolizzato, e sogna di diventare come il fratello maggiore, leader del quartiere, eroe solitario a cavallo della sua moto. Dopo i successi mondiali di “Apocalypse Now” e della serie “Il Padrino” Coppola ritorna qui ad interessanti variazioni giovanilistiche.

Venerdì 08/11 ore 20.50

SIXTY 6 (idem)
Di Paul Weiland. Con Helena Bonham Carter. Commedia. 2006.
Il bar-mitzvah di un ragazzino rischia di essere un vero disastro: coincide infatti con la finale della Coppa del Mondo di calcio del 1966. Curiosa variazione su un tipico tema ebraico (la festa dell’ingresso nel mondo degli adulti) inserito all’interno di un’ anglicissima visione del “football” .