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6 luglio 2009

KARL MALDEN, BASTA NON FARCI NASO





















(Nella foto qui sopra: Karl Malden ai tempi di "Le strade di San Francisco)


In questi giorni molto si è doverosamente scritto nei giornali italiani per ricordare la figura di Karl Malden, morto a Los Angeles all’età di 97 anni (era nato a Chicago il 22 Marzo 1912). E tutti quelli che gli hanno dedicato un coccodrillo (a cominciare dal mio vecchio amico Maurizio Porro su “Il Corriere della Sera”, ma potrei citarne molti altri) hanno insistito su alcuni elementi trainanti della sua carriera di attore. E cioè, per l’esattezza, su quelli strettamente cinematografici. E quindi l’esperienza all’ “Actors’ Studio” e apparizioni spesso decisive in film come “Un tram chiamato desiderio” (“A Streetcar Named Desire”, 1951) di Elia Kazan, per il quale ricevette un Oscar come attore non protagonista, “Fronte del porto” (“On the Waterfront”, 1954) sempre di Kazan, dove era il coraggioso prete cattolico padre Berry, e un lungo elenco di film importanti sino agli anni ’60 e ’70 in cui spiluzzicando quasi a caso troviamo “Il 13 non risponde” (“Rue Madeleine”, 1946) e “Il bacio della morte” (“Kiss of Death”, 1947), entrambi di Henry Hathaway, e poi ancora la parte di un ispettore in “Io confesso” (“I confess”, 1953) di Alfred Hitchcock, “Baby Doll, la moglie bambina” (“Baby Doll”, 1956) ancora di Kazan, “L’albero degli impiccati” (“The Hanging Trees”, 1958) di Delmer Daves, “I due volti della vendetta” (“One Hayed Jacks”, 1961) di e con Marlon Brando, fu l’antagonista di Steve McQueen in “Cincinnati Kid” (“The Cincinnati Kid”, 1965) di Norman Jewison e “Nevada Smith” (idem, 1966), ancora del grande Hathaway, via via sino a “Uomini selvaggi” (“Wild Horses”, 1971) di Blake Edwards, ribadendo ancora ai giorni nostri una cauta ma concreta carriera divistica, che purtroppo trovò solo una traduzione nella regia, con “Fronte del silenzio” (Time Limit”, 1957), ove diresse Richard Widmark.



(Nella foto qui sopra: Karl Malden, insieme a Eva Marie Saint, in una scena di "Fronte del porto")

Salvo errore, la sua ultima apparizione risale alla presenza di padre Thomas Cavanaugh in un episodio dell’eccellente seriale televisivo “The West Wing” e non è un caso che, a partire dagli anni ’80 quasi tutte le sue ultime interpretazioni siano di origine televisiva. Come a ribadire quello che è stato il successo determinante della sua carriera di attore che i miei amici cinefili hanno in qualche modo fatalmente trascurato. E cioè le 120 apparizioni come protagonista in cinque anni di televisione dal 1972 al 1977 nei panni del tenente Mike Stone, ne “Le strade di San Francisco”, successo televisivo che in realtà limitò ma condizionò la sua carriera. Cinque anni di televisione a getto continuo – ne so qualcosa perché poi a RAIDUE trasmisi molti degli episodi in replica – costruirono un fondamento divistico decisivo nella carriera di Malden, che rimase impresso nella memoria di milioni di spettatori con una continuità ed una tenacia che solo chi non ha esperienza attiva di televisione può considerare equivalenti a quelli di un film di successo. La vocazione divistica propria del piccolo schermo, e in particolare dei seriali di successo, non solo impose in modo totale il viso simpatico e il naso spappolato di Karl Malden, ma di fatto servì ad issare alle soglie della popolarità il riluttante Michael Douglas. Non è un caso che Karl fosse un vecchio amico di Kirk Douglas, il cui vero nome ribadiva in modo clamoroso l’origine esotica di tanto vecchio divismo americano. Il vero nome di Kirk era Issur Danielovitch Demsky, di una famiglia israelita di origine russa, così come il vero nome di Malden, era Mladen George Sekulovich, nato a Chicago da madre ceca e da padre serbo. Ancora due intrecci slavi che davano vita a tipici prodotti degli Stati Uniti. Ammetto che dopo tanti coccodrilli separarmi definitivamente da Karl Malden mi costa un po’ di dolore. Cercherò di attenuarlo ricordando anche una sua presenza in un film italiano di Dario Argento, “Il gatto a nove code” (1971), nel quale, salvo mio errore, era il protagonista a fianco di James Franciscus, Catherine Spaak, Rada Rassimov e Tino Carraro. Così lo sentiamo più nostro.

Claudio G. FAVA

4 commenti:

Anonimo ha detto...

non ho letto alcun coccodrillo di malden nei giornali italiani, impegnati come sono a seguire il calcio e berlusconi (e nient'altro!).
ma il blog di claudio g., per fortuna, esiste!!! ;–))
saluti dal suo ex allievo

m. m.

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)