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16 settembre 2010

Il dottor Napolano, di cui avevo pubblicato il carteggio riguardante i problemi del sud Italia, ha avuto la gentilezza di inviarmi un brano scritto da Carlo Alianello, brano che non conoscevo pur avendo letto dello scrittore romano d'origine meridionale "L'Alfiere" e "Soldati del re".
Il testo riguarda il problema degli zolfi siciliani, di cui avevo scritto che no sapevo nulla, ed è ricco di dati curiosi. Ecco il brano del dottor Napolano:


Dott. Stanislao Napolano
Cardiologo
Via Tiglio 6 – 80145 Napoli
Tel. 081/5853411 – Cell. 3356780203
e-mail: stan.napolano@libero.it

Napoli 15/09/2010 Egr. Dott.
Claudio G. Fava


Egregio Dottore,
ho letto la nota dove evidenziava la sua poca conoscenza sulla questione degli zolfi siciliani, mi permetta di inviarle uno dei documenti che si possono trovare anche su internet, ma questo che le invio è tratto da uno scritto di Carlo Alianiello, l’autore della “Conquista del Sud”.

“L’odio inglese per le Due Sicilie aveva una radice molto antica, era cominciato nel 1836 con la questione degli zolfi, una questione di altissimi interessi che aprí una crisi profondissima, duratura e insanabile tra Napoli e Londra, nonostante anche i successivi accomodamenti diplomatici, e rischiò di portare allo scontro bellico i due Stati. La vicenda è raccontata egregiamente da Alianiello nel suo libro «La conquista del Sud». Riproponiamo quella pagina perché emblematica dell’amore di Ferdinando II per la Patria Due Sicilie:
«La questione degli zolfi, per chi non la conoscesse, è presto detta. Fin dal 1816 vigeva tra Londra e Napoli un trattato di commercio, dove l’una nazione accordava all’altra la formula della «nazione piú favorita». Subito ne approfittarono i mercanti inglesi per accaparrarsi l’intera, o quasi, produzione degli zolfi, allora fiorente in Sicilia. Compravano per poco e rivendevano a prezzi altissimi. Di questo traffico poco o nulla si avvantaggiava il Reame e meno ancora i minatori e i lavoranti dello zolfo. Ferdinando II volle reagire a questo sfruttamento, tanto piú che, avendo sollevato la popolazione dalla tassa sul macinato, aveva bisogno di ristorare le casse dello Stato in altro modo. Fece perciò un passo forse audace: diede in concessione il commercio degli zolfi a una società francese che lo avrebbe pagato almeno il doppio di quanto sborsavano gli inglesi. Inde irae. Palmerston nel 1836 mandò la flotta nel golfo di Napoli, minacciando bombardamenti, sbarchi e peggio. Ferdinando II non si smarrí, e ordinò a sua volta lo stato d’allarme nei forti della costa e tenne pronto l’esercito nei luoghi di sbarco. Pareva dovesse scoppiare la scintilla da un momento all’altro. Ci si mise fortunatamente di mezzo Luigi Filippo e la Francia prese su di sé la mediazione. Il risultato fu che lo Stato Napolitano dovette annullare il contratto con la società francese e pagare gli inglesi per quel che dicevano d’aver perduto e i francesi per il guadagno mancato. È il destino delle pentole di terracotta costrette a viaggiare tra vasi di ferro. Chi ci rimise fu il povero Regno Napoletano; ma l’Inghilterra se la legò al dito come oltraggio supremo.»

Questo che segue è quanto affermò S.M. il Re Ferdinando II al suo gabinetto ministeriale
«Oggi trattasi di decidere la questione se si deve o no cedere alle pretenzioni e alle minacce che ci dirigono; si tratta di una questione d’onore e di dignità. Io per me sono pronto a respingere le une come le altre. Vi fu un tempo in cui Napoli fece tremare l’Europa. Non dico che possa farla tremare oggi; ma non per questo dobbiamo noi tremare ... Vi sono taluni che ci consiglierebbero di cedere; ma sanno che cosa guadagneremmo noi con ciò, oltre la perdita della dignità e la macchia dell’onore? Bisognerebbe assoggettarsi alle instancabili richieste dell’Inghilterra; e cedendo oggi, dovremmo cedere nel futuro ad altri ... State tranquilli e non temete nulla. La fermezza è il partito che ci conviene contro ingiuste pretenzioni.»”.

Cordiali saluti
Stanislao Napolano

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