DA OGGI, 17 MARZO 2009, RIPRENDO A PUBBLICARE LETTERE E RISPOSTE TRATTE DA "POSTA D.O.C.", SPERANDO CHE INTERESSI AI CINEFILI. LE PROSSIME VOLTE, AUMENTERO' LA RAZIONE.
Stimo molto le sue risposte. Allora le domando: perché i giornali non fanno più le critiche dei film come una volta tutti i giorni, così che si sapeva di che cosa parlavano? Grazie.
VITTORIO RIDOLFI, Ovada
Non è facile risponderle (mi auguro di non perdere la sua stima). Io ho formulato una mia piccola teoria, che forse è fondata. O almeno me lo auguro. Quel che sta succedendo nei giornali d'oggi (intendo i quotidiani) è un profondo fenomeno di cambiamento. E' cambiato (in parte) il pubblico. Ma soprattutto sono cambiati i capiredattori. Quelli della mia età, o anche più giovani di 10 anni, o sono in pensione o ci stanno andando. Come è fatale, e logico, i loro posti son presi da giornalisti che hanno, generalmente, dai 35 ai 45 anni. Anche questi ultimi, e perciò i più anziani fra i nuovi, sono nati a partire dal 1955. E i più giovani sono del '60 ed oltre. Il che significa che sono stati completamente modellati dalla Televisione durante l'infanzia e l'adolescenza. Perciò quel che a loro interessa è la televisione, E cioè le cronache televisive, i personaggi televisivi, i pettegolezzi televisivi. Non dico che non gli interessi il cinema, ma resta pur sempre un interesse minore, meno febbrile (anche se le loro pagine sono riempite di "flani" cinematografici e non di pubblicità televisiva). Al cinema, si badi, sono pronti a pagare tributi formali. Ad esempio a concedere uno spazio enorme, in certo senso spropositato, quando arriva il momento dei grandi Festival. Non solo quello di Venezia ma anche quello di Cannes, che in genere non ottiene spazi eguali negli stessi giornali francesi. Ma si tratta, appunto, di "grandi" appuntamenti, con le stelle, le stelline, gli stelloni, le feste (quando ci sono) l'arrivo dei divi americani con le guardie del corpo e via citando. Quel che ormai in molti giornali (non proprio in tutti, la provincia in parte si difende ancora, ed anche alcuni quotidiani nazionali sono più regolari) è venuta a mancare è la recensione minuta, quotidiana, regolare, quella che appare il giorno dopo o, eccezionalmente, due giorni dopo la "prima", sicché lo spettatore sa come regolarsi, se per caso è interessato al film (sempre che il critico goda della sua fiducia, il che, evidentemente, apre un altro discorso). Un esempio tipico è quello offerto dal "Corriere della sera", che se non è più l'organo definitivo e supremo del tempo degli Albertini, resta pur sempre il più diffuso quotidiano italiano. Proprio il "Corriere" che, intorno alla fine degli anni '20, trovò il modo di istituire una rubrica sistematica di recensioni di film, coprendo una necessità redazionale legata ai tempi nuovi ma trovando così, anche, un posto regolare e di prestigio per Filippo Sacchi, giornalista di nome e di vaglia, ma sospetto perché antifascista. Sacchi ebbe una rubrica regolare ed i lettori si abituarono a ricercare sistematicamente la nota di servizio sul film appena uscito, come in fondo si faceva per le "prime" teatrali (Milano era allora capitale di tante cose e fra queste del teatro), per quelle delle Opere e per i concerti. Varrà la pena di ricordare che sempre in quel periodo avventurato, o poco dopo, Guglielmina Setti, tenne una rubrica di cinema su un quotidiano (la prima in Italia ad essere affidata ad una donna). Era una caratteristica italiana di cui andavamo orgogliosi. Il "Corriere " di oggi, se ho capito bene, ha concentrato in una pagina settimanale tutto quel che concerne il cinema, e quindi anche le (ridotte) recensioni di vecchi amici come Tullio Kezich e Maurizio Porro, che eravamo abituati a leggere da anni, come avevamo fatto prima con Arturo Lanocita, Leonardo Autera, Giovanni Grazzini….Certo, si scrive ancora di cinema , ma quel contatto quotidiano che fu tipico della nostra generazione di lettori, di spettatori e di giornalisti, è stato in certo modo interrotto e penso che non verrà mai più annodato. So di che cosa parlo, perché ho tenuto la rubrica del cinema sul "Mercantile" dal 1958 al 1981 (e per gli ultimi 11 anni da Roma, aggiungendo fatica a fatica) ed ho ancora nelle ossa e nei polpastrelli, il ricordo delle fatiche immense per restare aggiornato, per non lasciar indietro nessuna "prima" importante, per offrire sino in fondo il promesso servizio ai lettori ….
C'è una bellissima espressione genovese che si usa per alludere alle cose passate, trascorse, che non potranno più tornare. Si dice: "sun messe dite", ovvero "sono messe dette", e la risposta - tipica di un'epoca che aveva molta più famigliarità di ora con la liturgia cattolica in latino - era "…. E Vespri cantè" ovvero " ..e Vespri cantati".
Credo proprio che tutte le Messe siano state celebrate e tutti i Vespri cantati. Dobbiamo rassegnarci.
VITTORIO RIDOLFI, Ovada
Non è facile risponderle (mi auguro di non perdere la sua stima). Io ho formulato una mia piccola teoria, che forse è fondata. O almeno me lo auguro. Quel che sta succedendo nei giornali d'oggi (intendo i quotidiani) è un profondo fenomeno di cambiamento. E' cambiato (in parte) il pubblico. Ma soprattutto sono cambiati i capiredattori. Quelli della mia età, o anche più giovani di 10 anni, o sono in pensione o ci stanno andando. Come è fatale, e logico, i loro posti son presi da giornalisti che hanno, generalmente, dai 35 ai 45 anni. Anche questi ultimi, e perciò i più anziani fra i nuovi, sono nati a partire dal 1955. E i più giovani sono del '60 ed oltre. Il che significa che sono stati completamente modellati dalla Televisione durante l'infanzia e l'adolescenza. Perciò quel che a loro interessa è la televisione, E cioè le cronache televisive, i personaggi televisivi, i pettegolezzi televisivi. Non dico che non gli interessi il cinema, ma resta pur sempre un interesse minore, meno febbrile (anche se le loro pagine sono riempite di "flani" cinematografici e non di pubblicità televisiva). Al cinema, si badi, sono pronti a pagare tributi formali. Ad esempio a concedere uno spazio enorme, in certo senso spropositato, quando arriva il momento dei grandi Festival. Non solo quello di Venezia ma anche quello di Cannes, che in genere non ottiene spazi eguali negli stessi giornali francesi. Ma si tratta, appunto, di "grandi" appuntamenti, con le stelle, le stelline, gli stelloni, le feste (quando ci sono) l'arrivo dei divi americani con le guardie del corpo e via citando. Quel che ormai in molti giornali (non proprio in tutti, la provincia in parte si difende ancora, ed anche alcuni quotidiani nazionali sono più regolari) è venuta a mancare è la recensione minuta, quotidiana, regolare, quella che appare il giorno dopo o, eccezionalmente, due giorni dopo la "prima", sicché lo spettatore sa come regolarsi, se per caso è interessato al film (sempre che il critico goda della sua fiducia, il che, evidentemente, apre un altro discorso). Un esempio tipico è quello offerto dal "Corriere della sera", che se non è più l'organo definitivo e supremo del tempo degli Albertini, resta pur sempre il più diffuso quotidiano italiano. Proprio il "Corriere" che, intorno alla fine degli anni '20, trovò il modo di istituire una rubrica sistematica di recensioni di film, coprendo una necessità redazionale legata ai tempi nuovi ma trovando così, anche, un posto regolare e di prestigio per Filippo Sacchi, giornalista di nome e di vaglia, ma sospetto perché antifascista. Sacchi ebbe una rubrica regolare ed i lettori si abituarono a ricercare sistematicamente la nota di servizio sul film appena uscito, come in fondo si faceva per le "prime" teatrali (Milano era allora capitale di tante cose e fra queste del teatro), per quelle delle Opere e per i concerti. Varrà la pena di ricordare che sempre in quel periodo avventurato, o poco dopo, Guglielmina Setti, tenne una rubrica di cinema su un quotidiano (la prima in Italia ad essere affidata ad una donna). Era una caratteristica italiana di cui andavamo orgogliosi. Il "Corriere " di oggi, se ho capito bene, ha concentrato in una pagina settimanale tutto quel che concerne il cinema, e quindi anche le (ridotte) recensioni di vecchi amici come Tullio Kezich e Maurizio Porro, che eravamo abituati a leggere da anni, come avevamo fatto prima con Arturo Lanocita, Leonardo Autera, Giovanni Grazzini….Certo, si scrive ancora di cinema , ma quel contatto quotidiano che fu tipico della nostra generazione di lettori, di spettatori e di giornalisti, è stato in certo modo interrotto e penso che non verrà mai più annodato. So di che cosa parlo, perché ho tenuto la rubrica del cinema sul "Mercantile" dal 1958 al 1981 (e per gli ultimi 11 anni da Roma, aggiungendo fatica a fatica) ed ho ancora nelle ossa e nei polpastrelli, il ricordo delle fatiche immense per restare aggiornato, per non lasciar indietro nessuna "prima" importante, per offrire sino in fondo il promesso servizio ai lettori ….
C'è una bellissima espressione genovese che si usa per alludere alle cose passate, trascorse, che non potranno più tornare. Si dice: "sun messe dite", ovvero "sono messe dette", e la risposta - tipica di un'epoca che aveva molta più famigliarità di ora con la liturgia cattolica in latino - era "…. E Vespri cantè" ovvero " ..e Vespri cantati".
Credo proprio che tutte le Messe siano state celebrate e tutti i Vespri cantati. Dobbiamo rassegnarci.
(Film D.O.C., anno 8, n. 39, Set.-Ott. 2000)
1 commento:
Tutto verissimo.
Aggiungerei, ma questo l'amico G. Fava è troppo signore per scriverlo, che forse, ma forse è anche un pò sbiadito il tono e il livello di tanti capiredattori e dei quotidiani stessi.
Se sono le bizze di una "stellina" da reality ad occupare l'informazione sullo stato di salute del cinema, non vedo altri responsabili...
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