Ho deciso di inserire qui una lettera che ho appena scritto a Goffredo Fofi, direttore de "Lo straniero", a proposito di "Scaramouche" di Rafael Sabatini, da poco ripubblicato con una sua prefazione.
Caro Goffredo,
ti scrivo a proposito di un argomento di cui ti sei occupato due volte. Riguarda quello straordinario scrittore di origine italiana, poliglotta per educazione e inglese per scelta, che è Rafael Sabatini (Jesi, 29 Aprile 1875 – Adelboden, 13 Febbraio 1950). I due brani in cui hai parlato di Sabatini e in particolare di “Scaramouche” – uno dei suoi personaggi più famosi – sono l’uno sul bellissimo supplemento domenicale de “Il Sole 24ore” del 1 Marzo 2009 e l’altro su “La Stampa” del 19 Marzo. Gli articoli sono causati dal fatto che i primi di questo mese è stato ripubblicato dall’editore Donzelli proprio il romanzo “Scaramouche”, con una tua introduzione, primo volume della saga del celebre spadaccino insieme a “La congiura di Scaramouche”, che invece in questa occasione non è stato ripubblicato.
Io sono stato un vecchio, e un tempo fedele, lettore di Sabatini, e naturalmente disponevo delle due prime, fatidiche, edizioni italiane dei romanzi editi nell’ anteguerra da Sonzogno (le prime edizioni inglesi sono rispettivamente del 1921 e del 1931), che adesso non riesco più a trovare nel solito guazzabuglio casalingo. Il personaggio di Scaramouche è straordinario ed è talmente tipico dell’autore che le parole iniziali del suo primo romanzo sono anche quelle che la moglie, scultrice, fece incidere sulla sua tomba svizzera di Adelboden: “He was born with a gift of laughter and a sense that the world was mad” (Egli era nato con il dono dell’umorismo e la sensazione che il mondo fosse pazzo). La sincerità ci obbliga a ricordare che il nucleo centrale del romanzo di Sabatini (fra l’altro sembra che il suo vero nome fosse “Sabbatini”, con due “b”) rimanda irresistibilmente ad un famoso libro ottocentesco di Tèophile Gautier, “Il Capitan Fracassa”, pubblicato in Francia tra il 1861 e 1863: anche qui il protagonista, il barone di Sigognac, abbandona il suo castello semidistrutto per unirsi ad una troupe di commedianti smarriti ed alla morte dello specialista “Matamoro” (tipico personaggio d’epoca di pomposo spaccone) ne prende la successione con un personaggio equivalente, e cioè, appunto, “Capitan Fracassa”. Il suo cammino è molto simile a quello disegnato da Sabatini, nell’inventare la figura di André-Louis Moreau (figlio illegittimo di due aristocratici), avvocato di provincia costretto a fuggire perché l’arrogante marchese di La Tour d’Azyr, che in realtà è suo padre, cosa che entrambi ignorano, uccide spietatamente in duello Philippe de Villmorin. Questi, anch’egli un aristocratico ma non un buon spadaccino, è animato da sentimenti ingenuamente rivoluzionari e il marchese si avvale della sua propria esperienza nella scherma per spegnere una voce che giudica pericolosa. Moreau dapprima si scatena contro l’aristocrazia a Rennes e Nantes, con lo pseudonimo di “Omnes omnibus”, poi fugge nascondendosi in una compagnia di teatranti, dove scopre in sé eccellenti doti d’attore e di inventore di copioni in un tipico personaggio di spaccone militare nascosto dal nome reboante di “Scaramouche”. Chiaramente a questo punto i due percorsi si diversificano perché Moreau si inserisce in modo geniale, secondo le regole del romanzo d’appendice, nel tessuto inquieto della Francia agli inizi della Rivoluzione, ed egli dal teatro passerà a diventare titolare di una scuola di scherma e poi ad essere prescelto come rappresentante della sinistra all’Assemblea degli Stati Generali. Qui, la geniale invenzione di Sabatini lo conduce via via a diventare una sorta di simbolo delle profonde mutazioni della Francia dell’epoca: da spadaccino parlamentare, incaricato di uccidere secondo le regole aristocratiche del duello, proprio all’interno dell’Assemblea, i più arroganti esponenti del Primo Stato, finirà col capire quanto i nobili sentimenti, che avevano portato all’introduzione della democrazia nella vita pubblica francese, fossero degenerati fino a dare origine all’epoca del Terrore e della ghigliottina. Sicché - ed è questa la svolta più inattesa ed affascinante della saga – diventerà un adepto della monarchia in esilio, ponendosi coraggiosamente, come agente segreto, al servizio dei Borboni fuggiaschi, ed in particolare del più anziano fra i fratelli minori di Luigi XVI, il conte di Provenza. Di fatto questi fu il pretendente al trono con il nome di Luigi XVIII sin dalla morte del piccolo Luigi Carlo avvenuta in prigionia nel 1795. Nipote che dai legittimisti venne considerato Luigi XVII, ma che alla sua precoce scomparsa lasciò formalmente erede suo zio, riconosciuto ufficialmente a pieno titolo sovrano di Francia nel 1814, alla caduta di Napoleone. Tutti gli sviluppi della vicenda sono evocati da Sabatini con la felicità di invenzione che lo hanno fatto paragonare a Dumas, ma senza la vigoria romanzesca del francese ottocentesco, lingua tipica del “cappa e spada”. Sabatini, noto poliglotta – parlava correntemente italiano, portoghese, francese, inglese e tedesco - aveva deliberatamente scelto di utilizzare nella sua opera l’idioma della madre, e cioè l’inglese, perché era quello “in cui venivano scritti i libri più belli”. Perciò le sue avventure di agente – fra cui i tentativi di liberare i prigionieri del Tempio, da Luigi XVI a Maria Antonietta - si intersecano con i complessi accadimenti personali che continuano a tormentare la sua privata esistenza. E cioè la presenza continua e sprezzante del marchese di La Tour d’Azyr – entrambi continuano ad ignorare i legami che li uniscono – che si intreccia con la vita sentimentale di Scaramouche, ormai apertamente innamorato di una nobile bretone, Aline de Kerkadiou. Essa, salvatasi in Germania ad opera di André-Louis Moreau, è insidiata addirittura dal conte di Provenza, vale a dire da quello per cui lo stesso André-Louis rischia la vita ogni giorno.
Ricordo che il cinema ha largamente attinto ai romanzi di Sabatini e per questo rinvio al numero speciale di “Biblioteca Aperta” dedicato al Convegno di Studi su Rafael Sabatini (Il fascino della narrazione tra storia ed avventura) tenuto a Jesi il 9-10 Novembre 2001: dispongo degli atti del convegno grazie alla cortesia della dott.ssa Rosalia Bigliardi, allora direttrice della Biblioteca Planettiana, ospitata dalla città della Marche. L’elencazione mi sembra completa fino al 2001 e naturalmente oltre ai puntuali riferimenti a opere sabatiniane largamente conosciute – come il “Capitan Blood” – vengono citati tutti i film legati alla figura di Scaramouche. Dal muto di Rex Ingram del 1923 con Ramon Navarro, a quello di George Sidney del 1952 con Stewart Granger nella parte del protagonista e con Mel Ferrer in quella del Marchese (tutti gli spettatori d’epoca ricordano l’interminabile duello all’interno di un teatro).
ti scrivo a proposito di un argomento di cui ti sei occupato due volte. Riguarda quello straordinario scrittore di origine italiana, poliglotta per educazione e inglese per scelta, che è Rafael Sabatini (Jesi, 29 Aprile 1875 – Adelboden, 13 Febbraio 1950). I due brani in cui hai parlato di Sabatini e in particolare di “Scaramouche” – uno dei suoi personaggi più famosi – sono l’uno sul bellissimo supplemento domenicale de “Il Sole 24ore” del 1 Marzo 2009 e l’altro su “La Stampa” del 19 Marzo. Gli articoli sono causati dal fatto che i primi di questo mese è stato ripubblicato dall’editore Donzelli proprio il romanzo “Scaramouche”, con una tua introduzione, primo volume della saga del celebre spadaccino insieme a “La congiura di Scaramouche”, che invece in questa occasione non è stato ripubblicato.
Io sono stato un vecchio, e un tempo fedele, lettore di Sabatini, e naturalmente disponevo delle due prime, fatidiche, edizioni italiane dei romanzi editi nell’ anteguerra da Sonzogno (le prime edizioni inglesi sono rispettivamente del 1921 e del 1931), che adesso non riesco più a trovare nel solito guazzabuglio casalingo. Il personaggio di Scaramouche è straordinario ed è talmente tipico dell’autore che le parole iniziali del suo primo romanzo sono anche quelle che la moglie, scultrice, fece incidere sulla sua tomba svizzera di Adelboden: “He was born with a gift of laughter and a sense that the world was mad” (Egli era nato con il dono dell’umorismo e la sensazione che il mondo fosse pazzo). La sincerità ci obbliga a ricordare che il nucleo centrale del romanzo di Sabatini (fra l’altro sembra che il suo vero nome fosse “Sabbatini”, con due “b”) rimanda irresistibilmente ad un famoso libro ottocentesco di Tèophile Gautier, “Il Capitan Fracassa”, pubblicato in Francia tra il 1861 e 1863: anche qui il protagonista, il barone di Sigognac, abbandona il suo castello semidistrutto per unirsi ad una troupe di commedianti smarriti ed alla morte dello specialista “Matamoro” (tipico personaggio d’epoca di pomposo spaccone) ne prende la successione con un personaggio equivalente, e cioè, appunto, “Capitan Fracassa”. Il suo cammino è molto simile a quello disegnato da Sabatini, nell’inventare la figura di André-Louis Moreau (figlio illegittimo di due aristocratici), avvocato di provincia costretto a fuggire perché l’arrogante marchese di La Tour d’Azyr, che in realtà è suo padre, cosa che entrambi ignorano, uccide spietatamente in duello Philippe de Villmorin. Questi, anch’egli un aristocratico ma non un buon spadaccino, è animato da sentimenti ingenuamente rivoluzionari e il marchese si avvale della sua propria esperienza nella scherma per spegnere una voce che giudica pericolosa. Moreau dapprima si scatena contro l’aristocrazia a Rennes e Nantes, con lo pseudonimo di “Omnes omnibus”, poi fugge nascondendosi in una compagnia di teatranti, dove scopre in sé eccellenti doti d’attore e di inventore di copioni in un tipico personaggio di spaccone militare nascosto dal nome reboante di “Scaramouche”. Chiaramente a questo punto i due percorsi si diversificano perché Moreau si inserisce in modo geniale, secondo le regole del romanzo d’appendice, nel tessuto inquieto della Francia agli inizi della Rivoluzione, ed egli dal teatro passerà a diventare titolare di una scuola di scherma e poi ad essere prescelto come rappresentante della sinistra all’Assemblea degli Stati Generali. Qui, la geniale invenzione di Sabatini lo conduce via via a diventare una sorta di simbolo delle profonde mutazioni della Francia dell’epoca: da spadaccino parlamentare, incaricato di uccidere secondo le regole aristocratiche del duello, proprio all’interno dell’Assemblea, i più arroganti esponenti del Primo Stato, finirà col capire quanto i nobili sentimenti, che avevano portato all’introduzione della democrazia nella vita pubblica francese, fossero degenerati fino a dare origine all’epoca del Terrore e della ghigliottina. Sicché - ed è questa la svolta più inattesa ed affascinante della saga – diventerà un adepto della monarchia in esilio, ponendosi coraggiosamente, come agente segreto, al servizio dei Borboni fuggiaschi, ed in particolare del più anziano fra i fratelli minori di Luigi XVI, il conte di Provenza. Di fatto questi fu il pretendente al trono con il nome di Luigi XVIII sin dalla morte del piccolo Luigi Carlo avvenuta in prigionia nel 1795. Nipote che dai legittimisti venne considerato Luigi XVII, ma che alla sua precoce scomparsa lasciò formalmente erede suo zio, riconosciuto ufficialmente a pieno titolo sovrano di Francia nel 1814, alla caduta di Napoleone. Tutti gli sviluppi della vicenda sono evocati da Sabatini con la felicità di invenzione che lo hanno fatto paragonare a Dumas, ma senza la vigoria romanzesca del francese ottocentesco, lingua tipica del “cappa e spada”. Sabatini, noto poliglotta – parlava correntemente italiano, portoghese, francese, inglese e tedesco - aveva deliberatamente scelto di utilizzare nella sua opera l’idioma della madre, e cioè l’inglese, perché era quello “in cui venivano scritti i libri più belli”. Perciò le sue avventure di agente – fra cui i tentativi di liberare i prigionieri del Tempio, da Luigi XVI a Maria Antonietta - si intersecano con i complessi accadimenti personali che continuano a tormentare la sua privata esistenza. E cioè la presenza continua e sprezzante del marchese di La Tour d’Azyr – entrambi continuano ad ignorare i legami che li uniscono – che si intreccia con la vita sentimentale di Scaramouche, ormai apertamente innamorato di una nobile bretone, Aline de Kerkadiou. Essa, salvatasi in Germania ad opera di André-Louis Moreau, è insidiata addirittura dal conte di Provenza, vale a dire da quello per cui lo stesso André-Louis rischia la vita ogni giorno.
Ricordo che il cinema ha largamente attinto ai romanzi di Sabatini e per questo rinvio al numero speciale di “Biblioteca Aperta” dedicato al Convegno di Studi su Rafael Sabatini (Il fascino della narrazione tra storia ed avventura) tenuto a Jesi il 9-10 Novembre 2001: dispongo degli atti del convegno grazie alla cortesia della dott.ssa Rosalia Bigliardi, allora direttrice della Biblioteca Planettiana, ospitata dalla città della Marche. L’elencazione mi sembra completa fino al 2001 e naturalmente oltre ai puntuali riferimenti a opere sabatiniane largamente conosciute – come il “Capitan Blood” – vengono citati tutti i film legati alla figura di Scaramouche. Dal muto di Rex Ingram del 1923 con Ramon Navarro, a quello di George Sidney del 1952 con Stewart Granger nella parte del protagonista e con Mel Ferrer in quella del Marchese (tutti gli spettatori d’epoca ricordano l’interminabile duello all’interno di un teatro).
(Nelle foto qui sopra: tre immagini dal film "Le avventure di Scaramouche" di George Sidney, 1952, interpretato da Stewart Granger e Mel Ferrer)
Caro Goffredo, ho indugiato in questa ricostruzione, i cui termini tu conosci perfettamente, perché intendo pubblicare il testo anche nel mio Blog (http://clandestinoingalleria.blogspot.com) ed è quindi doveroso da parte mia informare i lettori appassionati di Sabatini ma anche quelli che lo conoscono poco. Per concludere, vorrei ribadire una cosa, e cioè che la seconda parte delle avventure di Scaramouche” – in italiano “La congiura di Scaramouche” e in originale “Scaramouche–The King Maker”, ovvero “Il fabbricante di re”, - secondo me è la parte più bella della saga, e possibilmente dovrebbe essere pubblicata non disgiunta dal primo volume. E proprio nel subitaneo risvolto della clamorosa carriera repubblicana di André-Louis Moreau, diventato monarchico per lucidità di ragionamento, e quindi duramente punito nei suoi sentimenti per Aline, risiede la struttura più inventiva e bizzarramente coerente dell’intera vicenda.
Mi raccomando, siamo in tanti ad aspettare il secondo volume, naturalmente con una tua prefazione.
In the name of Sabatini
Claudio G. FAVA
Mi raccomando, siamo in tanti ad aspettare il secondo volume, naturalmente con una tua prefazione.
In the name of Sabatini
Claudio G. FAVA
4 commenti:
molto intiresno, grazie
necessita di verificare:)
Your blog keeps getting better and better! Your older articles are not as good as newer ones you have a lot more creativity and originality now keep it up!
Provo davvero un gran dispiacere che in Italia Rafael Sabbatini e poco conosciuto fra i lettori giovani. Appartengo ad un altra cultura, e da quando siamo adolescenti adoriamo e amiamo questo scrittore non solo per i suoi più celebri romanzi, ma anche per romanzi e racconti storici. Ultimamente abbiamo avuto una ristampa in 14 volumi di Sabatini. Come mi piacerebbe vedere gli adolescenti italiani leggere libri come Scaramouche, Capitano Blood o Bellarion! Avrebbero qualche valore morale in più una volta diventati grandi!
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