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12 gennaio 2012

"LA TALPA" VISTA DA NATALINO BRUZZONE

 Il Secolo XIX mi ha cortesemente dato il permesso di riprodurre il pezzo di Natalino Bruzzone sul recente film tratto dal romanzo di John Le Carrè. Faccio così per far piacere a molti appassionati che troveranno qui precisazioni e indicazioni decisive da parte di un grande specialista della "Spy Story".

Nel Secolo XIX di ieri 11/01/12 è apparso un bell’articolo del mio amico Natalino Bruzzone a proposito del film “Tinker Taylor Soldier Spy” tratto dal famoso romanzo di John Le Carré che in Italia, sia nel libro che in televisione o al cinema è stato, battezzato “La Talpa”. Poiché sono, come si dice, un “culture della materia”, il pezzo di Natalino mi è molto piaciuto. Al punto che ho fatto una cosa abbastanza inusuale per questo blog. E cioè ho chiesto al Secolo XIX il permesso di riprodurlo. Ho parlato con il vicedirettore Alessandro Cassinis il quale, con molta gentilezza e senso di colleganza, mi ha concesso di farlo. Con Natalino abbiamo vecchi trascorsi come fedeli lettori di Le Carré ed anche come sbigottiti testimoni oculari i quali assistettero a Courmayeur, in occasione del “Noir in Festival”, ad una clamorosa conferenza stampa del grande scrittore inglese il quale di fatto rinnegava quasi tutto il suo passato. Ho fatto cenno dell’avvenimento in questo stesso Blog in una nota in data 6 Settembre 2011 a cui rimando per ogni altra indicazione, compresa la citazione del libro che Natalino ha dedicato alla saga di Le Carré, e cioè “La quadratura del Circus”. Ricordando che in essa “Circus” è il gergo dato alla sede centrale del servizio dello spionaggio inglese conosciuto come MI6 (Military Intelligence 6). A Londra il Cambridge Circus è lì incrocio fra la Charing Cross Road con la Shaftesbury Avenue. Non sono tuttavia sicuro che in questo luogo ci sia mai stata una sede dei servizi inglesi.
Ecco dunque il pezzo di Natalino:

Uomini che odiano e amano altri uomini. Nell’esercizio di una professione da maschere e pugnali dove anche il burattinaio dei traditori ha uno pseudonimo femminile. Sono dei vampiri del sangue, della carne e dell’anima del potere. Così lo svedese Tomas Alfredson,  dopo i glaciali canini della ragazzina protagonista dell’ambizioso horror “Lasciami entrare”, rilegge in immagini un testo fondamentale della Guerra Fredda combattuta nella finzione, “La talpa”. In principio era il verbo leggendario dell’olimpo della spy story ovvero il romanzo di John le Carré, poi un serial televisivo con uno straordinario Alec Guinness e ora un film, da venerdì nelle sale, che vuole colpire al cuore i giurati degli Oscar. Come spesso accade quando i capitoli di un libro diventano sequenze si possono accendere più di una discussione  su libertà interpretative, fedeltà e travisamenti. Ma per non cadere nelle trappola di chi scambia, recriminando, il  pupazzo che accoglie i visitatori dei parchi Disney con il vero Topolino dei cartoni, è meglio tenere ben separate le due dimensioni. E il primo consiglio, seppur paradossale, da rivolgere ai lettori del thriller è di dimenticare le pagine di le Carré. Sarà una sofferenza ma è indispensabile, altrimenti si rischia di non apprezzare il lavoro di Alfredson su uno spartito che rimanda all’inizio degli Anni Settanta, quando non solo era ancora in corso il conflitto iniziato nel 1917 con la Rivoluzione d’Ottobre, ma dilaniava il ricordo della generazione perduta dei Kim Philby, i figli prediletti dell’establishment di Sua Maestà che erano passati, armi bagagli e informazioni letali, alla Santa Madre Rossa di Mosca.  Allora: dopo la disastrosa “Operazione Testimone” fallita nel sangue a Budapest e che avrebbe dovuto fornire a Control, il capo dell’Mi6 britannico, il nome della talpa impiantata dal Kgb di Karla tra i massimi dirigenti del Circus, denominazione delle centrale londinese d’intelligence, scatta una purga che insieme al direttore manda in pensione anticipata anche l’anziano George Smiley, un “rospo” con impermeabile e occhiali, angariato da una moglie bella e sfacciatamente adultera ma anche il più geniale dei cervelli che abbiano difeso il Regno. Ma il ritorno in patria di un supposto disertore convince ministro e sottosegretario che ci sia del marcio dove ora spadroneggia il pomposo Percy Alleline. Esiste e chi è l’infiltrato di Karla? E’ un’indagine che solo Smiley può condurre al capolinea sconfiggendo enigmi che si celano dentro altri enigmi.
Comprimendo in 127 minuti trame e sottotrame lecarriane, Alfredson ha imboccato il sentiero che sfronda , taglia e cambia: la sua stella cometa è l’allestimento di un’atmosfera paranoica all’interno di un nevrotico apparato burocratico dove per la sua macchina da presa più che il cappa e spada dello spionaggio contano i duelli tra i caratteri delle persone. Una fiera della vanità alla quale si oppone il quasi geometrico e risoluto muoversi di Smiley, il Convitato di Pietra che difende il senso della lealtà e della moralità. L’etica di Smiley comporta dolori e sacrifici, pietas e crudeltà, lacrime e vendette. Alfredson gioca con i suoi Tinker ,Tailor, Soldier, Spy, il titolo originale del romanzo e del film derivato da una cantilena infantile applicata da Control come etichetta in codice a ciascun sospetto, pedinandoli con carrellate a seguire e a scoprire nel rigore di uno stile che si ammenta di mistero e patologia anche sentimentale. Tanto per non equivocare: “La Talpa” di le Carré è un capolavoro assoluto, “La Talpa” di Alfredson no, ma possiede la gemma incastonata nel labirinto dell’inganno: l’interpretazione che Gary Oldman assesta a Smiley  è abbacinante, soggiogante, una di quelle prove d’attore che valgono una carriera intera. Il suo Smiley è impastato nella tempra dei Churchill, capace di trasformare una debolezza in virtù, minaccioso e ironico, quasi mefistofelico e che alla fine con compiacimento prenderà posto sulla poltrona di Control. Tutto il cast, con la prevalenza umorale di un grande John Hurt e il sottotono  di Colin First, è di eccellente livello. Ma ad Alfredson che rivolgeva sguardo e attenzione altrove sfugge il fatto che la “talpa” sia qualcosa di più di un assassino da arrestare e così l’opera risente della mancata incombenza del colpevole, surrogata, ma non basta, dall’incubo Karla.
Dato al cinema quello che è del cinema, il catecumeno e lo studioso di le Carré hanno molto di che lamentarsi. Per esempio: perché Peter Guillam, donnaiolo impenitente, diventa gay?; perché spunta alla fine un fucile di troppo?; perché la Cecoslovacchia è diventata l’Ungheria e perché l’agguato tra i tavolini di un bar e non in una foresta di notte?; perché inventare che gli americani hanno torturato e strappato le unghie a Karla?; perché un party natalizio, creato dagli sceneggiatori,  che dovrebbe dare la sensazione del Circus come circolo aziendale e si rivela unicamente grottesco? Potrei continuare ma preferisco ricordare, invece, in  positivo, il montacarichi dell’archivio dei dossier riservati che allude alla fondamentale  religione dell’investigazione cartacea praticata da Smiley. E per chiudere, di Alfredson lascia assai perplessi una dichiarazione: "Ora che c’è un po’ di distanza dal periodo della Guerra Fredda possiamo avere uno sguardo più obiettivo sugli eventi di allora: i cattivi erano davvero cattivi?". Come dire: forse Dracula era un donatore di sangue.
(Natalino Bruzzone)     

2 commenti:

Rosellina Mariani ha detto...

Il pezzo del tuo amico Natalino Bruzzone ha aumentato la mia curiosità sul film " La talpa" ( ho perso l'anteprima!)Ho gustato per ora l'articolo dal punto di vista della scrittura e della corposità letteraria , ti farò sapere se condivido il giudizio sul film.
Grazie di alimentare sempre la mia curiosità!

Anonimo ha detto...

Al cinema c'era il pienone. A metà film buona parte del pubblico si è alzata e se n'è andata. Io ero lì lì per addormentarmi. Il film è grigio, lentissimo e francamente non capisco dove sia la straordinaria prova d'attore di Oldman (che comunque è un attore che ammiro). Ok, io non me ne intendo per nulla, però mi è dispiaciuto annoiarmi così tanto.