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1 giugno 2012

A DOMANDA RISPONDE

Rispondo qui a tre post pervenuti il 19/05/2012 in seguito al precedente a “Domanda risponde”. Ringrazio come sempre Rosellina Mariani presente qui con due interventi lusinghieri. Il post del Principe Myskin è molto lungo e articolato. Son contento che complessivamente “L’uomo ombra” gli sia piaciuto. La sua interpretazione del titolo mi pare esatta. La ripetizione dell’espressione “uomo ombra” in tutti i titoli della piccola saga ha esattamente la natura meramente imitativa che hanno assunto da noi le molteplici eredità in “opoli” del neologismo “tangentopoli”. Il titolo ha le stesse caratteristiche anche nell’originale, con la differenza che “The Thin Man” e cioè “L’Uomo sottile” è sicuramente meno romanzesca della versione italiana. Veniamo agli interrogativi cinematografici, sempre del Principe Myskin, e come d’abitudine abbastanza intriganti. Su Kieslowski preferisco non pronunciarmi, anche se a suo tempo ho registrato una serie di presentazioni per molti film del regista polacco editi in DVD dai Paolini. Non le ho mai considerate importanti, anche se qualche tempo fa è venuta a trovarmi un giovane di Sarzana il quale mi tributava riconoscenza perché si era laureato con una tesi appunto su Kieslowski per la quale avevo utilizzato soprattutto i miei interventi in video (a volte sono colto da un dubbio. Per caso non sarò mica intelligente?) Comunque, dato che non voglio turbare il sonno del Principe, provvederò ad inserire “Breve film per uccidere” nell’elenco di competenza. Egli avrebbe voluto vedere inclusi nell’elenco dedicato a Kurosawa “L’idiota” e “Sogni”. Mi riservo di studiare meglio il problema, perché forse andrebbe inclusa nella lista l’intera filmografia del grande regista giapponese, senza discutere titolo per titolo. Infine il Principe Myskin mi pone un complicatissimo quesito riguardante “C’era una volta in America”. Personalmente non saprei rispondere ma vedrò se riuscirò (futuro ma implicitamente anche condizionale) l’unico specialista di Sergio Leone che io conosca, cioè Oreste De Fornari. Rispondo ora a un Post della sempre presente Rosellina giunto il 19/05/12 dopo la pubblicazione di “Il Bianco perde il Banco”. Essa mi ricorda che da bambina parlava (in portoghese) con la tata nera e giocava con un bambino nero senza porsi problemi di sorta. Evidentemente sotto questo profilo il Brasile è un paese ideale per ciò che concerne la convivenza fra le diverse razze umane. “il cammino cinematografico(e navale) di Callisto Cosulich” del 24/05/12 ha provocato un lungo e appassionato intervento di Giulio Fedeli, che mi riempie di elogi, mi nomina membro ad onorem dei cosidetti “Cap Hornier” (cioè di quelli che hanno doppiato Capo Horn a vela), mi iscrive come ligure nella catena Montale-Sbarbaro-Barile e mi chiede un piccolo elzeviro dedicato a Dino Basili. Purtroppo la cosa non è possibile: l’ho solo incontrato una volta in maniera fuggevole, mi ricordo che aveva su “Studi Cattolici” una rubrica intitolata “Piazza Quadrata” (è il nome che abitualmente i romani danno a Piazza Buenos Aires) e non ho mai letto i suoi scritti e i suoi aforismi abbastanza bene per poterne scrivere. Ringrazio Fedeli per l’impeccabile “garde-à-vous”e gli rispondo “Vous pouvez disposer!”. Anche qui la solita, entusiastica missiva di Rosellina, presente anche con molti altri post in occasione di diversi miei scritti. Quello del 30/05/12 intitolato “Terremoti di oggi ma anche del passato” ha provocato, in particolare, una gentile e accorata missiva di Davide Barranca, il quale ha dovuto lasciare la sua casa di campagna a Crevalcore e spostarsi a Bologna in cerca di più sicurezza. Mi pareva doveroso menzionare l’Emilia e, ancor più, sarebbe stato elogiare il coraggio e la rotonda fermezza degli emiliani intervistati (se le interviste televisive riguardano immigrati meridionali o stranieri mi sembra che le tonalità sia più accorate e le riflessioni più disperate). Proprio nel Corriere della Sera di oggi 1/06/12 c’è un bell’articolo di Arrigo Levi per rivendicare i meriti della sua terra e dei suoi abitanti. Nato in una famiglia ebrea emiliana da quattro secoli e poi costretto nel 1938 a rifugiarsi in Argentina, Levi conserva un profondo legame sentimentale con Modena e con la sua regione e lo testimonia in queste sue righe piene di affetto e di nostalgia.

2 commenti:

Rosellina Mariani ha detto...

Spero di non apparire a te e ai lettori del tuo blog eccessivamente entusiasta, ma scrivo quello che penso!

Principe Myskin ha detto...

Io ho una preoccupazione diversa (non risultare troppo petulante), ma identica (parziale) giustificazione (o attenuante): l'entusiasmo.

Ringrazio il Maestro delle - come sempre - pazienti, esaurienti e preziose risposte.

Cercherò di limitarmi a una sola ulteriore domanda.
Continuando a riavvolgere il filo di Arianna dell'elenco dei registi e tornando all'amato Avati, mi è venuto da rivedere, dopo tanto tempo, Festival.
Non so se sia possibile sapere qualcosa di più sull'antefatto, che, da scarne informazioni in rete, sembra essere una Coppa Volpi disputata tra Walter Chiari e Carlo Dellepiane, con qualche ruolo di Alberto Lattuada.
Mi pare che non se ne parli né nella telefonata con Sanguineti né in quella con il regista (se non ricordo male, ma posso sbagliare).
Se poi questa curiosità, più che intrigante, fosse da intrigante, ripiego su una considerazione più generica: non riesco a capire perché spesso si definisca Avati un regista tra il buono e il buonista. A me non pare proprio (ed è tema sul quale litigo spesso). E anche questo ritorno sui suoi passi di Festival (l'antefatto reale mi pare riguardi un film dello stesso Avati) mi sembra notevole e non propriamente melenso.