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31 dicembre 2012

L'OSSERVATORE GENOVESE


VISTO CON IL MONOCOLO

Come da abitudine ricopio qui il testo apparso domenica 30 dicembre nella mia settimanale rubrica domenicale sul Corriere Mercantile. Posso preannunciare che anche la prossima puntata (e perchè non la terza?) verterà sul tema: allenatori di calcio. Come noto essi sono fra i protagonisti visuali e morali della tensione dialettica propria del nostro tempo. Ancora mezzo secolo fa contavano relativamente poco e semmai la notorietà riguardava in buona parte quelli che fra di loro avevano incarichi "nazionali" (si pensi alla fama patriottica e quasi risorgimentale di Vittorio Pozzo od a quella, fra il letterario e il dialettale, che Gianni Brera aveva cucito addosso a Nereo Rocco). Adesso essi sono in televisione fra i massimi interpreti e commentatori del nostro tempo, vale a dire quelli a cui ci si rivolge per avere lumi sul presente e sul futuro, al pari dei "gazzettieri" metereologici e dei giornalisti della Rai di Milano incaricati di fornirci l'ammontare dello "spread".
Mi auguro che il tema interessi  qualche lettore.


GLI ALLENATORI SONO STAR DA PALCOSCENICO

In passato mi sono occupato spesso di un quartetto straordinario che ha animato la commedia (e la tragedia) all’italiana: Gasman, Manfredi, Sordi e Tognazzi (sugli ultimi due ci sono anche libri a mia firma). Non mi sembra che abbiano lasciato sostituti all’altezza, in un cinema italiano dominato da vecchi caratteristi di genio e da giovani, vaghi protagonisti. Non nel cinema, dunque, ma nel calcio. Non fra i calciatori ma fra gli allenatori. I quali sono una vecchia istituzione del football ma una recente entità del divismo. Negli ultimi vent’anni sono diventati protagonisti a pieno titolo: si parla di loro come dei grandi direttori d’orchestra, imprestandogli la capacità di modellare a piacimento, in un caso la resa di una partitura e nell’altro quella di una partita (quasi che nel calcio tutto non dipendesse invece dai giocatori: datemi Messi, Iniesta e Cristiano Ronaldo e divento un grande allenatore anch’io). Naturalmente non tutti sono allo stesso livello. Considerata la qualità media delle loro interpretazioni i tre migliori caratteristi sono sicuramente Mazzarri, Conte e Zeman.  Il primo sembra il mattatore di una compagnia teatrale della sua città: si agita, suda, si toglie e si rimette confusamente la giacca, si preme la mano sul cuore come se attendesse un infarto: la mimica e l’accento sono esageratamente livornesi. Conte è in certo senso un suo equivalente ma carico di una tragicità tutta meridionale: sotto la folta capigliatura fortunosamente recuperata il suo volto si contrae quasi a sintetizzare tutte le tristezze di una lontana emigrazione. Per parlare con i giocatori inveisce, grida, si strozza, con una rabbia spropositata rispetto al tema ed al destinatario. Infine, grande caratterista, Zeman incarna in un modo quasi doloroso una cupezza boema che sembra esagerata per i limitati confini intellettuali del gioco del calcio. Invecchiando è diventato ancora più doloroso, più silenzioso e più immobile. Quando parla (di rado) in un italiano sintatticamente impeccabile ricorda fatalmente un “robot”, che non a caso è un invenzione letteraria (si veda R.U.R) di uno scrittore suo connazionale: Karel Čapek.
Degli altri allenatori parlerò la prossima volta.

Claudio G. Fava

3 commenti:

Rosellina Mariani ha detto...

Anche se sono digiuna di calcio il tuo articolo mi ha molto divertita! Nonostante la mia ignoranza conosco i personaggi di cui parli e la tua acutezza nel descriverli è , oserei dire, esilarante!
Buon Anno e buon lavoro per i tuoi libri , aspettando i nuovo apporti nel blog del 2013.
Grazie sempre dei tuoi preziosi articoli.

Principe Myskin ha detto...

Mi ha molto divertito!

Nelle seconde file non trascurerei Delio Rossi, con una vaga aria da lift d'hotel diversamente giovane, diciamo così. Lo vedo benissimo con livrea e cappello cilindrico con laccetto

Su Del Neri ispettore Clouseau si è forse detto troppo, io non lo vedrei male pescatore sulla Diga Foranea. O anche a calatafare un gozzetto sotto la passeggiata di Nervi, il lunedì (salvo posticipo, s'intende).


Potrebbe essere una bella scena, per la pubblicità di un famoso amaro, se dall'elicottero, di fronte alla Passeggiata Anita Garibaldi, gli lanciassero con il paracadute uno stopper (o anche due), invece che un'anfora.


Di Alberto Malesani in calzamaglia in un film di Luigi Magni, purtroppo, ho già scritto.


Enrico ha detto...

Anche gli allenatori vanno incontro all'evoluzione della specie : anno dopo anno il gesticolare si è fatto più convulso (anche se il Trap di qualche anno fa che si inarca.si aggruzza,sparge acqua benedetta è difficilmente superabile).Mi pare che siano venuti a mancare i soprannomi : tanti anni fa avevamo Rocco "il paròn",Pesaola "il petisso" (che mai vorrà dire?),,Pugliese "il mago di Turi".Adesso mi viene in mente solo Mourinho "the special one".