ORFEO
I MOSTRI - Italia - Bianco e nero - Anno: 1963 -
Regia: Dino Risi – Sogg.: Age, Scarpelli, Petri –
Scenegg.: Scola, Maccari – Foto: Alfio Contini –
Mont.: Maurizio Lucidi – Scenogr.: Ugo Pericoli -
Interpreti: Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman -
Distr.ne: Incei Film
Una serie di “sketches”, articolati in altrettanti episodi (salvo errore, una ventina circa) alcuni brevissimi, altri di maggior respiro, nei quali si esplica la vena satirica, facile e superficiale, e non di rado apertamente volgare, ma spesso funzionante e azzeccata, di scenaristi come Age, Scarpelli, Scola e Maccari, che nel cinema comico e nel giornale umoristico ci sono nati e cresciuti. Sovente a lavorare sui copioni di lunghezza ordinaria, mostrano la corda, e, per dirla nel romanesco d’ordinanza del cinema farsesco italiano, “gli viene il fiatone”. Qui sono salvati proprio dalla brevità dei vari episodi. Uno via l’altro, tutti costruiti su misura per il talentaccio parodistico di Gassman e di Tognazzi. Risi, del resto, non è nuovo a imprese del genere. Si ricorderà quel suo “Il mattatore” (costruito, di nuovo, su misura per Gassman) dove la volgarità del tono e la facilità del meccanismo era spesso riscattata dall’indubbio scatto comico delle trovate.
Insomma, un film satirico “all’italiana”. E cioè grassoccio, comodamente filisteo, superficialmente scettico e qualunquista. Ma con molti episodietti azzeccati, ed altri che sono brevi barzellette (quando non aperti luoghi comuni) sceneggiate.
Ecco, ad esempio, Gassman nei panni del grande gigione che, fra un atto e l’altro di “Otello”, in camerino “brucia” l’attore guitto e jellato che gli ha chiesto una raccomandazione e trova il tempo per fare una pipa al capo della “claque” che sbaglia gli applausi: eccolo ancora sotto la toga dell’avocatone penalista svergognare il povero testimone oculare, non immacolato ma sincero, di un celebre delitto, eccolo vestito da donna, letterata querula e toscanamente autoritaria, che fa vincere un premio letterario ad un giovanotto praticamente analfabeta ma vigorosamente primordiale; eccolo nei panni dell’amante abilissimo nello “scaricare” l’amica, persuadendola che è lei a volerlo lasciare. Oppure ecco Tognazzi, ministro devoto ma abilmente dilazionatore quando si tratta di intervenire per tacitare uno scandalo edilizio; oppure soldatino impacciato ma scaltro che vuole vendere ad un giornale per tre milioni e mezzo il diario della sorella, una “squillo” assassinata. E via dicendo.
Un collage di “siparietti”, molti dei quali portano in sé le stigmate e il tono di quel grande avanspettacolo che è il cinema farsesco di casa nostra.
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