Ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto, soprattutto dopo avermi ascoltato a “Hollywood Party”, ed hanno rischiato la vita annotando in macchina i dati del mio Blog. Ecco qualche risposta, nell’ordine:
1°: Ringrazio Gabriele per gli incoraggiamenti. Mi colpisce molto il fatto che si ricordi di me per via de “La principessa sul pisello” e per una serata di premiazione (in realtà sono state diverse) al “Torino Film Festival”. Dato che sono particolarmente impudico, le trascrivo la testimonianza di Stefano Della Casa, allora direttore del Festival stesso, (adesso c’è Nanni Moretti) pubblicata in quelli che io chiamai “Testi a discarico”, nel mio libricino autobiografico “Clandestino in galleria”, che dà ovviamente la sua impronta al mio Blog. Il libro è edito da LE MANI e si conclude con una mia celebrazione corale per cui forse dovrei arrossire. Ecco quel che scrive Stefano, che noi tutti chiamiamo Steve.
“Essere spalla di Claudio G. Fava è una delle esperienze più formative che abbia avuto nella mia carriera. Non so come sia potuto succedere, ma sta di fatto che è avvenuto. Ero alla ricerca di una persona che fosse adatta a rappresentare lo spirito che avevo cercato di infondere al festival di Torino una volta diventato direttore. Torino è un festival supercinefilo, ultra-militante, ipersperimentale. Io volevo che non perdesse queste caratteristiche ma che al tempo stesso fosse leggibile come occasione di divertimento. Non è impossibile, perché penso che ogni cosa può essere oggetto di divertimento se vissuta con intelligenza e ironia; e penso inoltre che il mestiere di entertainer (perché questo sono gli organizzatori culturali) non sia per forza assimilabile a quello di barzellettiere, anche se non assegno alcun connotato negativo a quest’ultima definizione. Poi mi sono ricordato di un avvenimento pressoché unico che si era svolto nella hall del miglior albergo di Courmayeur quando era in corso il Noir Festival. Un signore con papillon, il cui volto era noto in quanto più volte scrutato dentro il tubo catodico (una sensazione, questa, che produce familiarità con il volto stesso ma, almeno in me, non suscita immediata simpatia e confidenza), ha intrattenuto per più di un’ora il manipolo di cinefili militanti, cahieristi e piuttosto saccenti su un argomento piuttosto insolito, i servizi segreti americani e il loro ruolo all’interno del sistema di sicurezza statunitense con ampia appendice sul significato delle sigle che li indicano e nomi memorabili tra i funzionari che li hanno diretti. Siccome da buon piemontese sono abbastanza diffidente, al termine della conversazione sono salito in stanza e ho cercato un mio amico giornalista che mi ha confermato l’esattezza di quanto gli avevo riferito, stupendosi non tanto per la domanda (insolita da uno come me) ma soprattutto per l’ora: il tempo era infatti volato, senza un attimo di noia.
A partire da questa avventura, ho provato a chiedere se era interessato e per scherzo gli ho scritto dicendo che sarei stato il suo valletto. Poi l’ho fatto veramente. E sono stati momenti altissimi, che a Torino (città dalla mondanità sopita ma dall’umorismo tagliente) sono ancora ricordati. L’assessore Perone presentato con il punto interrogativo presentato con il punto interrogativo: Pérone o Perone? Un dubbio osseo…Il cortometraggista svizzero costretto a un incalzante faccia a faccia su come si fa cinema delle valli alpine. I no global accolti con un elogio a John Milius, notoriamente di diverse posizioni politiche. E così via. Ma anche la sicurezza nel saper commentare qualsiasi tipo di prodotto cinematografico, e solo così l’intera operazione ha funzionato. Perché nasceva dalla competenza, non dall’ignoranza; dalla versatilità e non dal disprezzo. Quanto a me, da quel momento ho visto con spirito diverso le prestazioni cinematografiche di Gianni Agus e Mario Castellani…
Naturalmente, tutto questo va oltre il semplice significato di una serata, e forse proprio per questo la presenza di Claudio G. Fava è poi diventata una piacevole costante, una boa nella mia quotidianità. Ci sentiamo almeno una vola a settimana con la scusa di progetti che a volte vanno in porto (un omaggio a Age e Scarpelli) a volte no ma che ci impegnano a parlare. E devo a Claudio la convinzione sempre più profonda che qualunque cosa, qualsiasi oggetto cinematografico può avere un suo pubblico. Bisogna volerlo, e impegnarsi a trovarlo. Proprio come è capace di fare l’unico vero gentiluomo del cinema che io conosco”.
D’ora in avanti risponderò via via a tutti i commenti, cominciando da Paolo Pizzato (che ho già menzionato in video) per continuare con Luca Paoloni e poi di seguito con gli altri corrispondenti.
1°: Ringrazio Gabriele per gli incoraggiamenti. Mi colpisce molto il fatto che si ricordi di me per via de “La principessa sul pisello” e per una serata di premiazione (in realtà sono state diverse) al “Torino Film Festival”. Dato che sono particolarmente impudico, le trascrivo la testimonianza di Stefano Della Casa, allora direttore del Festival stesso, (adesso c’è Nanni Moretti) pubblicata in quelli che io chiamai “Testi a discarico”, nel mio libricino autobiografico “Clandestino in galleria”, che dà ovviamente la sua impronta al mio Blog. Il libro è edito da LE MANI e si conclude con una mia celebrazione corale per cui forse dovrei arrossire. Ecco quel che scrive Stefano, che noi tutti chiamiamo Steve.
“Essere spalla di Claudio G. Fava è una delle esperienze più formative che abbia avuto nella mia carriera. Non so come sia potuto succedere, ma sta di fatto che è avvenuto. Ero alla ricerca di una persona che fosse adatta a rappresentare lo spirito che avevo cercato di infondere al festival di Torino una volta diventato direttore. Torino è un festival supercinefilo, ultra-militante, ipersperimentale. Io volevo che non perdesse queste caratteristiche ma che al tempo stesso fosse leggibile come occasione di divertimento. Non è impossibile, perché penso che ogni cosa può essere oggetto di divertimento se vissuta con intelligenza e ironia; e penso inoltre che il mestiere di entertainer (perché questo sono gli organizzatori culturali) non sia per forza assimilabile a quello di barzellettiere, anche se non assegno alcun connotato negativo a quest’ultima definizione. Poi mi sono ricordato di un avvenimento pressoché unico che si era svolto nella hall del miglior albergo di Courmayeur quando era in corso il Noir Festival. Un signore con papillon, il cui volto era noto in quanto più volte scrutato dentro il tubo catodico (una sensazione, questa, che produce familiarità con il volto stesso ma, almeno in me, non suscita immediata simpatia e confidenza), ha intrattenuto per più di un’ora il manipolo di cinefili militanti, cahieristi e piuttosto saccenti su un argomento piuttosto insolito, i servizi segreti americani e il loro ruolo all’interno del sistema di sicurezza statunitense con ampia appendice sul significato delle sigle che li indicano e nomi memorabili tra i funzionari che li hanno diretti. Siccome da buon piemontese sono abbastanza diffidente, al termine della conversazione sono salito in stanza e ho cercato un mio amico giornalista che mi ha confermato l’esattezza di quanto gli avevo riferito, stupendosi non tanto per la domanda (insolita da uno come me) ma soprattutto per l’ora: il tempo era infatti volato, senza un attimo di noia.
A partire da questa avventura, ho provato a chiedere se era interessato e per scherzo gli ho scritto dicendo che sarei stato il suo valletto. Poi l’ho fatto veramente. E sono stati momenti altissimi, che a Torino (città dalla mondanità sopita ma dall’umorismo tagliente) sono ancora ricordati. L’assessore Perone presentato con il punto interrogativo presentato con il punto interrogativo: Pérone o Perone? Un dubbio osseo…Il cortometraggista svizzero costretto a un incalzante faccia a faccia su come si fa cinema delle valli alpine. I no global accolti con un elogio a John Milius, notoriamente di diverse posizioni politiche. E così via. Ma anche la sicurezza nel saper commentare qualsiasi tipo di prodotto cinematografico, e solo così l’intera operazione ha funzionato. Perché nasceva dalla competenza, non dall’ignoranza; dalla versatilità e non dal disprezzo. Quanto a me, da quel momento ho visto con spirito diverso le prestazioni cinematografiche di Gianni Agus e Mario Castellani…
Naturalmente, tutto questo va oltre il semplice significato di una serata, e forse proprio per questo la presenza di Claudio G. Fava è poi diventata una piacevole costante, una boa nella mia quotidianità. Ci sentiamo almeno una vola a settimana con la scusa di progetti che a volte vanno in porto (un omaggio a Age e Scarpelli) a volte no ma che ci impegnano a parlare. E devo a Claudio la convinzione sempre più profonda che qualunque cosa, qualsiasi oggetto cinematografico può avere un suo pubblico. Bisogna volerlo, e impegnarsi a trovarlo. Proprio come è capace di fare l’unico vero gentiluomo del cinema che io conosco”.
D’ora in avanti risponderò via via a tutti i commenti, cominciando da Paolo Pizzato (che ho già menzionato in video) per continuare con Luca Paoloni e poi di seguito con gli altri corrispondenti.
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