Come è ormai un'abitudine riproduco qui il testo della mia rubrica citata nel titolo, apparso nel Corriere Mercantile di domenica 27/01/2013.
GIANNI & ALBERTO RE D'ITALIA DA ESPORTAZIONE
“La Stampa” ha pubblicato Domenica scorsa uno “speciale” per commemorare Gianni Agnelli nel decennale della scomparsa (era nato il 12/03/1921 e morì il 24/01/2003). Queste righe appaiono in un giornale che con “La Stampa” (quotidiano di famiglia) viene venduto, come si dice, “in panino”ma ribadiscono comunque il carattere estremamente rappresentativo di Agnelli. In questi giorni tutti i giornali italiani si sono furiosamente dedicati a rievocarlo, e non vorrei pertanto cimentarmi in una ulteriore ostentazione (al di là della personale, enorme simpatia per un uomo troppo al di sopra della mia collocazione sociale perché io potessi conoscerlo e frequentarlo; chi mi conosce sa che ero considerato piuttosto bravo nell’imitarne l’accento e il rotacismo). Quel che ancora una volta mi ha colpito nella sua morte è stato il misterioso legame che in questa occasione lo ha unito ad Alberto Sordi (quasi coetaneo, era nato il 15/06/1920 e morì il 24/02/2003, ad un mese esatto di distanza). Seguii con attenzione in televisione entrambi i funerali (a quello di Sordi avrei potuto, avendo scritto un libro su di lui, essere ospitato ma preferii astenermi) e non posso dimenticare l’enorme impressione che in entrambi i casi mi fece il concorso della folla. Le due cerimonie divennero una sorta di parafrasi regale, quasi si celebrasse la morte di un ipotetico Re del Centro Sud- e di uno altrettanto ipotetico del Nord. Le due folle immense che seguirono le celebrazioni avevano caratteristiche precise e rivelatrici: quella romana dichiarava la profondissima affinità nutrita verso un Figlio Prediletto in cui riconoscersi e giustificarsi (so cosa voleva dire andare in giro per Roma con Sordi a fianco: la gente rimaneva fulminata come se avesse visto il Papa). Quella torinese, passando davanti alla famiglia compostamente riunita al Lingotto, svelava le due profonde radici della città. Da un lato i piemontesi che salutavano “L’Avucat”. Dall’altro i meridionali ed i loro figli e nipoti che testimoniavano della loro fedeltà ad un “padrino” che li aveva presi di peso a casa e condotti in un altro mondo. Un immagine che aveva la schiacciante, indimenticabile lucidità di un trattato di sociologia.
3 commenti:
Grazie per l'articolo : hai parlato di due grandi, due stili diversi, due persone che hanno amato il mondo :due signori, punto.
Confesso di non aver mai provato grande simpatia per Gianni Agnelli,mentre ho sempre ammirato Alberto Sordi,che per me rimane un personaggio in parte misterioso : attore strepitoso e in pochi istanti padrone della situazione su qualunque palcoscenico e in qualunque situazione,geloso custode della propria vita privata,flirt più immaginati che documentati dai rotocalchi,la beneficienza fatta in punta di piedi,la curiosa (e scientificamente corretta) abitudine di prendere un'aspirina al giorno...se dovessi trovare un aggettivo per definire l'atteggiamento dei torinesi alle esequie di Agnelli e un altro per quello dei romani con Sordi (fatte salve le differenze "umorali" fra piemontesi e romani) userei "deferenza" e "amore"
Un bellissimo articolo che profuma di ricordi.
Possiamo avere un Bis magari su Adriano Olivetti, figlio di Camillo?
Ho un ricordo vago del primo computer, tutto di nostra produzione! Decisamente stra-esportato e invidiato (secondo me anche dai più zelanti giapponesi!)
Che dire se non "Erano bei tempi, i tempi d'oro".
LmS
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