Ecco la solita pubblicazione al lunedì della rubrica domenicale sul Corriere Mercantile. Chi la leggerà si accorgerà che sono stato stimolato dai verbalismi di Matteo Renzi. La mia reazione linguistica nei suoi confronti è stata autentica e, credo, non causata da motivi di particolare e specifica antipatia. Confesso che quel che mi colpisce in questo uomo politico è, come ho già avuto occasione di scrivere, non tanto la sua programmatica toscanità (che è biologica e non implica scelte specifiche) quanto quel suo programmatico giovanilismo, che traspare in tante sue pubbliche apparizioni e che diventa quasi un riflesso professionale. Per esempio ho notato che non soltanto è sempre in maniche di camicia quando cammina velocissimo da solo ma che lo è anche quando partecipa ad una tavola rotonda di partito, dove tutti gli altri convenuti (almeno 5 o 6) indossano la giacca e lui no. Non si capisce se i suoi colleghi sono freddolosissimi o se lui è sistematicamente colto da scalmane. E' forse un sintomo delle potenziali divisioni fra i membri del PD?
VISTO CON IL MONOCOLO
MATTEO RENZI E L'USO DELL'ARGOT
Fin da ragazzo ho avuto
un debole istintivo, seppur mai sorretto scientificamente da studi adeguati,
per le lingue, i dialetti e i gerghi che vi si innestano. Ad esempio per anni
ho provato un interesse autentico per l’”argot”, cioè quella complessa “lingua
parallela” che, provenendo in genere da fuori legge o mendicanti, si è infiltrato
per secoli nel francese comune, utilizzandone molte parole ma anche
innestandovi moltissimi vocaboli nuovi e decisivi modi di dire, destinati a
fare epoca. Ho ritrovato ancora fra i disordinati libri di casa due dizionari di
“argot”, uno francese, del 1986, ed uno italiano, addirittura del 1939, a
testimonianza di quanto il tema destasse interesse anche da noi più di
settant’anni fa. Si capirà quindi come ancora oggi sia facilmente interessato
da ogni invenzione “argotica” italiana che affiori nella nostra vita pubblica.
Confesso di essere rimasto colpito dal fatto che Matteo Renzi abbia detto che
Bersani, ad un certo punto, si è dimostrato “spompo”: presumo sia una
abbreviazione giovanilistica per “spompato”. E ancor più colpito
dall’espressione usata sempre da Renzi nei confronti degli avversari, dicendo
che, nell’ipotesi di una lotta elettorale, essi sarebbero stati “asfaltati”.
Non ricordo se la frase da lui usata prevedesse, secondo sintassi, l’ipotesi
“li asfalteremo” o “li asfalteremmo”, ma questo era il senso sostanziale.
Probabilmente dimostra ancora una volta il ricorso ad una qualche variazione di
gergo giovanile (nella sostanza l’”argot” è appunto un gergo) ma al tempo
stesso affonda le radici, senza che probabilmente Renzi ne sia consapevole, in
quella sorta di terribilità in cui sovente si muovono i vari “argots”che
parallelamente convivono nel mondo. “Asfaltare” significa, mi pare ovvio,
“ricoprire di asfalto”. Per cui l’espressione acquista una tonalità
ambiguamente minacciosa se viene usata, seppure con palese variazione
paradossale, nei confronti di oggetti che non possono essere inanimati, come lo
sarebbero zolle o frammenti di terreno, e che quindi possono rivelarsi soltanto
come esseri umani. Spesso, al di là delle intenzioni dei singoli, le parole
diventano esplosivi. Tanto più se le usa un uomo pubblico.
(TITOLO ORIGINALE: OGNI LINGUA HA IL SUO
“ARGOT”)
3 commenti:
Grazie per questo articolo come al solito acutissimo e preciso. Sono spesso colpita da vocaboli che usa Renzi e che non capisco...e questo mi lascia un pò perplessa ...
Colgo l'occasione per dirti che purtroppo venerdì scorso non sono riuscita a vedere la tua prefazione al film "The boxer" di J: Sheridan, non c'è modo di recuperare la rubrica di ClassTv?
Comunque spero proprio di non perdermi le prossime!
Grazie
Grazie per questo bell'articolo.
Devo segnalare, visto che l'abbiamo ascoltato nella rubrica "Per piacere, intercettate!" più di una volta, il grandissimo sceneggiatore Luciano Vincenzoni che ci ha lasciato ieri. Grazie per averlo intervistato e averci fatto riflette su cosa sia il vero cinema.
Interessanti considerazioni. Mi affascinano particolarmenti le "sorti" dei termini gergali: alcuni vengono accolti, pur se con qualche riserva iniziale, per lo più, nella lingua comune, altri hanno vita limitata, finendo nel dimenticatoio.
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