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9 ottobre 2013

A PROPOSITO DI MARCELLO MARCHESI (E DI TANTI ALTRI PICCOLI GENI)

Domenica 29 Settembre Pierluigi Battista (che non conosco personalmente) ha scritto ne "La Lettura" un bell'articolo intitolato "L'umorismo italiano ucciso dal Sessantotto" (il titolo rievoca giustamente una tragedia generazionale che investì tutto l'occidente e in Italia ebbe conseguenze particolarmente dannose). Battista si chiede infatti "Chi ha ucciso in Italia il senso dell'umorismo? Che fine ha fatto quella tradizione formidabile di battutismo beffardo, quel vulcano di epigrammi, calembour, motti sferzanti, arguzie, meravigliosi aforismi di cui la cultura italiana poteva andare fiera fino a qualche decennio fa?". E continua rievocando il "Malloppo" e il "Dottor Divago" dovuti alla geniale allegria di Marcello Marchesi. E via via Battisti rintraccia il disegno di quella che fu quell'Italia lontana ma irrimediabilmente perduta: quella di Marchesi, certo, ma anche di Valter Chiari, di Paolo Panelli e Bice Valori, di Vianello e Tognazzi e dei grandi sceneggiatori d'epoca: Age & Scarpelli, Rodolfo Sonego, Ennio Flaiano, Ettore Scola e via ricordando. 
Stimolato dallo scritto di Battista gli ho inviato il brano che pubblico qui di seguito e che mi auguro possa interessare qualche lettore. 

Battista ha avuto la cortesia di rispondermi una e-mail brevissima ma piena di gentilezza: "La ringrazio moltissimo per la Sua godibilissima lettera. Un caro saluto
Pierluigi Battista".

Ecco qui di seguito il testo della mia lettera:

"Caro Battista,

scrivo a proposito del suo articolo apparso domenica 29 ne “La Lettura” (non è stato facile trovare un indirizzo e-mail e ho dovuto scomodare Paolo Mereghetti: purtroppo nel settimanale non ci sono indicazioni redazionali e mettersi in comunicazione con il “Corriere della Sera” non è facilissimo). Volevo complimentarmi per la rievocazione di Marcello Marchesi, personaggio brillante e ingiustamente dimenticato da un’Italia capace soprattutto di dimenticare. Io lo conoscevo poco personalmente ma sono sempre stato persuaso che avesse un grande talento: di quel tipo che i francesi sanno valorizzare al massimo, spesso esagerando, mentre noi tendiamo a sottovalutarlo e, se possibile, a nasconderlo. Una volta mi capitò di dirgli (il momento storico era diverso) che lo consideravo “il Longanesi dell’ampex”. Mi rispose che la definizione gli piaceva.

Più largamente mi ha fatto piacere anche il ricordo di Oreste del Buono, con cui fraternizzai per anni, uniti dalla comune passione per il “noir”, dal Mystfest di Cattolica in poi. Mi raccontò molte volte la sua straordinaria storia famigliare: era il nipote di Teseo Tesei. Il quale, insieme a Eros Toschi, inventò i famosi Siluri a Lenta Corsa, detti “Maiali”, che rivoluzionarono all’inizio degli anni ’40 la guerra sottomarina e i cui sommozzatori riscossero la stupefatta ammirazione di Winston Churchill. Oreste, (forse uno non se lo aspettava in un personaggio così poliedrico, sfaccettato, aggiornato e aggiornante) aveva per lo zio una tale adorazione che quando questi, a 32 anni, morì a Malta saltando per aria nel porto di La Valletta, decise di seguirne l’esempio. Appena gli fu possibile entrò, nel 1943, all’ Accademia di Livorno. Tutti gli accademisti, portati in Veneto, vennero catturati dai tedeschi l’otto settembre, e Oreste passò due anni di prigionia (amante dei paradossi come era mi ripeteva sempre: “la cosa più bella è essere prigionieri di guerra: ti dicono che cosa devi fare e non devi pensare a nulla”).

Ma in realtà, come si dice chiaramente nel suo articolo, nel mondo brulicante di talenti in cui si mossero Marchesi, Del Buono e tantissime altre persone di grande talento, si avvertiva una sorta di grande pressione popolare, di immensa e semi-sotterranea vocazione all’ironia e allo scherzo, che trovò la più esplicita e clamorosa incarnazione nei due giornali umoristici: “Marc’Aurelio” e “Bertoldo”. Probabilmente senza di loro non sarebbe venuto nulla oppure sarebbe stato diverso. Non è un caso che tanti, da Fellini a Scola, si siano incrociati, con Age e Scarpelli, nella redazione del giornale romano, così come Mosca, Guareschi, Marotta e molti altri si incrociarono nella redazione del giornale milanese. Penso anzi che Age e Scarpelli siano fra gli scrittori italiani più interessanti, e non è un caso che con “ La donna della domenica” abbiano percorso un tratto di cammino con l’altra coppia fondamentale delle lettere italiane di qualche decennio fa, Fruttero e Lucentini. Probabilmente a causa della mia età sono molto sensibile a tutti i motivi e alle persone che ho evocato (mio padre gran lettore di giornali, comprava regolarmente sia il “Marc’Aurelio” che il “Bertoldo” e io bambino semi-ignaro li divoravo). E ho sempre orgoglio di essere stato l’unico che ha dedicato un ampio ciclo di prima serata proprio a Age e Scarpelli, che la cultura cinematografica italiana più altezzosa tendeva ad ignorare.

Spero di non averla annoiata e molti cordiali saluti."

3 commenti:

Rosellina Mariani ha detto...

L'ironia , lo scherzo ,il saper ridere sono, secondo me, preziosi alleati della vita : non ho mai amato le persone accigliate che si prendono troppo sul serio segno di poco amore per la vita e , scusate se oso, di cretineria....Ero ragazzina, ma ricordo alcune apparizioni di Marchesi in televisione che mi facevano molto ridere...
Credo che tu debba andare giustamente orgoglioso ( e non solo di questo) di aver dedicato un ciclo ad Age e Scarpelli : due grandi del cinema italiano!
Grazie come sempre di questo articolo

Enrico ha detto...

Facendo da tanti anni il medico in un grande ospedale e assistendo impotente allo scempio della cultura da parte dei cosiddetti "alti dirigenti",ho trovato molto conforto nell'articolo da lei citato,in particolare queste tre fulminanti definizioni si attagliano alla perfezione a quei signori : "Non capisce,ma lo fa con grande autorità e competenza","un cretino con lampi di imbecillità","un cretino pieno di idee".

Rita M. ha detto...

Marchesi era davvero irresistibile: i suoi aforismi folgoranti restano indelebili nella mente di chi li ascolta. Era il Marziale del Novecento, ma assolutamente privo di eccessi e oscenità. Molto interessante anche il Suo ricordo di Del Buono, al quale sono profondamente grata per avere sostenuto Raymond Chandler come grande scrittore: anch'io amo il meraviglioso padre di Philip Marlowe, autore assurdamente sottovalutato. Peccato che anche le qualità di scrittore di Guareschi oggi siano poco considerate: tutto sommato, di lui ormai si parla poco