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5 febbraio 2008

Antologia da "La posta di D.O.C. Holliday"

Questa è la prima puntata della rubrica di corrispondenza con i lettori pubblicata nella rivista genovese "Film D.O.C.", di cui si sia conservata la versione nel mio computer.

D'ora in avanti le puntate della rubrica verranno qui riproposte in ordine cronologico.





- LA POSTA DI D.O.C. HOLLIDAY -



A TUTTI. Mi pervengono richieste di notizie e giudizi su attrici ed attori. Sintomo di un indice di gradimento favorevole, sin dal tempo della favolosa rubrica firmata "Il postiglione " su "Cinema" sulla quale si formò una intera generazione di appassionati ( di quel che allora non si chiamava ancora il grande schermo perché era l'unico schermo a disposizione) dall'anteguerra al dopo­guerra. Perciò senza altre interruzioni passo baldanzosamentre alla prima lettera:

"Una mia amica presente alla conferenza da lei tenuta AL Museo dell'Attore, mi ha detto che Lei ha osservato che si aprono tanti cinema e che addirittura si cambiano i cinema a luce rossa in cinema di qualità. Sarà, ma io credo che chiudono i cinema a luce rossa perché ormai la luce rossa é dappertutto. Io non vado molto al cinema ma vedo che in tutti i film ormai c'é la scena di letto tutti nudi e parlano sempre più sporco e volte attrici e attori fanno la figura di bestie. Ci vuole un bel coraggio. Speriamo che i teatri siano ben riscaldati , se no sempre lì come mamma li ha fatti rischiano la polmonite. Lei cosa ne pensa? Lo stesso si può dire della televisione. Anche lì non scherzano mica. Tutte le scuse sono buone per parlare sempre di sesso e annessi e connessi. Ma una volta la gente non se li poneva mica tanti pro­blemi, eppure il mondo andava avanti, no ?Approfitto di Film Doc, come mi suggerisce questa mia amica, e aspetto una risposta. Sono anche una sua ammiratrice di quando faceva il com­missario in televisione. Grazie."

Antonietta Bollo. Genova - Cornigliano

Per scusarmi di averla fatta attendere tanto tempo (ed anche perché sono vanitoso) pubblico per in­tero la sua lettera. Risposta forzatamente breve. Quel che ho detto sui cinematografi è vero e le sta­tistiche lo provano. Ma é anche vero che la liberalizzazione dei costumi è esplosa nel cinema da una ventina d'anni. Da allora molti produttori pensano essere almeno un accoppiamento, con i protago­nisti intenti a fingere tenacemente ed a più riprese un faticoso e rantolante piacere (come si sa al cinema, per mille motivi tecnici, è raro che il primo "ciak" sia quello buono), assolutamente indi­spensabile per dimostrare che si è rispettabili professionisti. Il problema è sempre lo stesso. E' stato il cinema ad influenzare i costumi o sono stati i costumi ad influenzare il cinema? E' se è accaduto è accaduto perché il pubblico "liberalizzato" richiedeva sullo schermo la stessa esplicita franchezza di rapporti che avrebbe desiderato praticare nella vita ? eccetera. In televisione, poi, si è trattato di un fenomeno riflesso. Finché gli sceneggiati ed i telefilm di produzione avevano per concorrenti i film relativamente moderati degli anni '60 (intendo moderati nelle immagini ma soprattutto nel doppiag­gio, ancor ricco di pudibondi freni primonovecenteschi) , il piccolo schermo restò una sorta di distaccata isola fra il gozzaniano ed il bacchelliano. Quando arrivarono con maggior larghezza, i film degli anni '70 e '80 (nelle private come alla Rai) tutte le barriere crollarono. In quanto al freddo sui "set" non si preoccupi: i riflettori creano sempre un caldo possente, a volte atroce. Raffreddori non se ne prendono, per quel che so io.

Vorrei chiedere perché non si girano più film a Genova? E' vero che non danno i permessi? E per­ché non fanno un film che si svolge al Salone Nautico? Non sarebbe un bel posto pieno di gente ? Potete far qualcosa in merito ? Grazie.

Diego Molinari. Genova-Quinto


Non credo sia un problema di permession credo sia un provl Non credo sia un problema di permessi . In passato sono sempre stati concessi dalle autorità (come si dice) competenti. Probabilmente la città, che ha sempre interessato poco i produttori, interessa an­cor meno di prima. Se si ricorda, vi fu una eccezione quando la scopersero i realizzatori dei "poliziotteschi" degli anni 70. Genova offriva il mare, il porto, le montagne a ridosso, il centro sto­rico, Corso Italia e Portoria diventata Piccapietra: i genovesi poterono vedere sullo schermo una città fantasiosa, reinventata per motivi di montaggio, in cui percorrendo via XX Settembre si sbu­cava magari a Boccadasse e dalla stazione dei Mille ci si trovava al Righi in pochi secondi, a mag­gior gloria delle fascinose qualità del montaggio. Ma girare in esterni lontano da casa costa di più che girare nel Lazio, laddove attori e tecnici possono tornare a casa alla sera e non sono in trasferta. Il cinema in Italia é fatto e pensato al 95% a Roma , e per il restante 5% altrove ma non certo a Ge­nova. Senza abbandonarmi al solito piagnisteo nostrano, le ricordo che le cose in Italia si decidono a Roma e, in misura sempre minore, a Milano. Genova è lontana dagli occhi e dal cuore (ho vissuto a Roma un quarto di secolo e so quel che dico). L'idea del film ambientato all'acquario (attenzionel'errore è stato rilevato da Piero e corretto nel testo) è divertente e potrebbe benissimo rappresentare lo spunto per un racconto giallo. Ma francamente non vedo bene che cosa potremmo fare da qui e con i nostri mezzi.

(Da "La posta di D.O.C. Holliday", "Film D.O.C.", anno 6, n. 26, Mar.-Apr. 1998)


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