Fra le risposte che ho ricevuto al mio blog su Emanuele Filiberto ve ne è stata anche una del dottor Marcheselli. E’ un signore dalla personalità spiccata che per tredici anni ha fatto il giudice nelle carceri, poi, dopo aver scritto un libro sull’argomento, ha abbandonato la Magistratura e adesso è divenuto professore universitario a Torino. Abita a Genova in un quartiere medio-alto borghese (si chiama Castelletto), e sulle giovani madri del quartiere ha scritto un elzeviro che mi ha mandato. Mi pare divertente e con la sua autorizzazione lo pubblico qui nel blog:
Caro Maestro,
leggerla è sempre una gioia e un conforto (ma anche una ragione di un relativa depressione, per tutto il resto intorno).
Su Emanuele Filiberto posso solo dire che, imbattutomi nel video e notandolo boccheggiare come un'aragosta lessa, in frac, di fianco alla Presentatrice mi sono, per qualche momento, pentito di aver provato pena, qualche volta, al ristorante, vedendo l'acquario dei crostacei da cucinare.
Alberto Marcheselli
P. S.
Non c'entra niente, ma mi viene da accluderLe una cosa che avevo scritto, in preda a una analoga irritazione, qualche tempo fa, quando ero solito accompagnare i bambini a scuola e imbattermi nelle terribili mammine di Castelletto.
Che poi è il mio ambiente amatissimo, per carità.
Le Mammine Mannare
Un mostro si aggira per le città italiane. Non con il favore delle tenebre, ma in pieno giorno, sotto i nostri occhi ancora incapaci di distinguere il pericolo.
Effetto collaterale della dovuta emancipazione femminile e fenomeno meno evidente del vituperato (e temutissimo) fenotipo della vigilessa, per le nostre strade circolano decine, centinaia, migliaia di mammine mannare. Come in quel film di Buster Keaton, dove la città era scorsa da un’orda di donne in abito da sposa, alle ore giuste e nei posti giusti i nostri quartieri sono battuti da legioni di puerpere feroci e mamme grintose.
Scarpe basse Ferragamo, maglioncino cachemire blu (o giallino crema) con collo a v, filo e/o orecchini di perle, nei quartieri in. Tuta, scarpe da ginnastica, tinta casalinga e tatuaggio d’ordinanza, nei quartieri out.
Ma la sostanza è la medesima. Circolano per le strade brandendo le carrozzine come sciabole di invisibili duelli ed esibendo cinturoni messicani di port-enfant, tra gli sguardi bassi dei pochi maschi all’orizzonte e quelli, severi, delle suocere da passeggio.
Ogni quartiere, poi, ha il suo Giardino delle Primipare. Chi abbia sufficiente sprezzo del pericolo può avvicinarsi e carpire qualche brandello di conversazione. Fitti conciliaboli per determinare quale sia il pediatra più autorevole per stabilire se “Luca possa già mangiare l’uovo” o “quale sia l’ora più giusta per Miriam per fare il bagnetto”. Non ci si stupirebbe di veder evocato un ingegnere per insegnare ad Alessio ad allacciarsi le scarpe o un astronomo per misurare l’altezza di Vanessa.
Poco più in là le panchine delle Mamme in Gamba, dove ci si scambiano esperienze sui corsi di Aikido, vela, flamenco, nuoto sincronizzato, arpa e robotica antropomorfa cui i pargoli più cresciuti vengono coartati, per realizzare tutti i sogni dismessi dai genitori.
Alle loro spalle, svolazzano, operose, le più disinvolte mamme in carriera, ansiose di propalare il loro perniciosissimo cattivo esempio. Al posto del collant velatissimo bianco delle prime si azzarda qualche mossa avventata. Un accenno di pitonatura, un tacco assassino sono il punto di appoggio - malfermo, ci mancherebbe - di uno sguardo ugualmente e disperatamente vacuo.
Dopo pochi minuti vieni individuato. I primi a muoversi, come sempre, sono i bambini. Stai giochicchiando con una nespola per terra. Si avvicina il primo innocente: “Cosa è ?” “Una nespola: quando è arancione è molto buona”. Ne accorre un secondo che pesta gioiosamente sul frutto, e chiede cosa succede se si sbucciano i noccioli. Una terza bambina, almeno 7 chili sopra il suo limite di peso, che sarebbe a occhio non più di 25, domanda se “mettere i piedi nell'erba è pericoloso”. Rassicuri sorridendo la bambina da appartamento: è pericoloso solo in caso di maremoto. Sembra sollevata: oggi non c'è maremoto, vero ?
Ma la Psicopolizia è in agguato, una mammina e una vedova ancora in gamba, inesorabili come un pattuglione della morte, ci piombano addosso: una grida, con la calma con cui annuncerebbe un incendio: "attento che ti sporchi". L'altra è disperata: "Le nespole sono velenose !"
Ti allontani, giusto in tempo perché un assembramento attiri di nuovo la tua attenzione. Dai cancelli sotterranei di un edificio giallo e alto, in cui l'occhio del cronista riconosce senza esitazione un luogo istituzionale (si direbbe la sede del Partito) sciamano a frotte bambini, in gruppi omogenei. Hanno qualche cosa di predefinito, una nota di sottofondo unica, come il bordone della musica tradizionale: i maschietti sono vestiti come piccoli ammiragli, come generali in pensione, come commercialisti al sabato, "quando non ci sono clienti da ricevere". Le bambine sembrano bambole meccaniche, ancora lucide, appena uscite dal cellophane. Una frotta di mammine, tutta intorno, li squadra con l'occhio consumato e professionale di un sarto e di uno stilista, considerando con apprensione l'entità di una gualcitura, la simmetria di una pince e, con stizza, la piega della vicina.
Prima di essere catturato, noti che molte di loro, recuperato il Piccolo Prodigio, lo caricano su un SUV Fuoristrada dalle Dimensioni Inverosimili e dalla Potenza Inarrivabile, nel quale annegano, annaspano, galleggiano, allungandosi disperatamente nel tentativo di raggiungere pedali e leve sempre troppo iperuranici e lontani.
Negligentemente, mi lascio sfuggire la terribile domanda: ma perché in fuoristrada, alla fine dell’estate o in primavera, in Italia, quando si potrebbe viaggiare su una biga di petali di rosa trainata da un cocchio di aironi ?
"Perché sono macchine molto robuste, soprattutto in caso di incidente"
Hai capito la mammina previdente? Vuole essere sicura di una cosa, piccolo fiore scrupoloso: che, in caso di scontro con un'altra deliziosa mammina munita di utilitaria, siano - semmai – quella e il suo tenero piccino a morire tra le lamiere.
I bambini - galeotti ai ferri sui seggiolini posteriori di centinaia di auto - roteano gli occhi, cercando un'occasione, un mezzo, un complice per una non facile evasione.
Alberto Marcheselli
Caro Maestro,
leggerla è sempre una gioia e un conforto (ma anche una ragione di un relativa depressione, per tutto il resto intorno).
Su Emanuele Filiberto posso solo dire che, imbattutomi nel video e notandolo boccheggiare come un'aragosta lessa, in frac, di fianco alla Presentatrice mi sono, per qualche momento, pentito di aver provato pena, qualche volta, al ristorante, vedendo l'acquario dei crostacei da cucinare.
Alberto Marcheselli
P. S.
Non c'entra niente, ma mi viene da accluderLe una cosa che avevo scritto, in preda a una analoga irritazione, qualche tempo fa, quando ero solito accompagnare i bambini a scuola e imbattermi nelle terribili mammine di Castelletto.
Che poi è il mio ambiente amatissimo, per carità.
Le Mammine Mannare
Un mostro si aggira per le città italiane. Non con il favore delle tenebre, ma in pieno giorno, sotto i nostri occhi ancora incapaci di distinguere il pericolo.
Effetto collaterale della dovuta emancipazione femminile e fenomeno meno evidente del vituperato (e temutissimo) fenotipo della vigilessa, per le nostre strade circolano decine, centinaia, migliaia di mammine mannare. Come in quel film di Buster Keaton, dove la città era scorsa da un’orda di donne in abito da sposa, alle ore giuste e nei posti giusti i nostri quartieri sono battuti da legioni di puerpere feroci e mamme grintose.
Scarpe basse Ferragamo, maglioncino cachemire blu (o giallino crema) con collo a v, filo e/o orecchini di perle, nei quartieri in. Tuta, scarpe da ginnastica, tinta casalinga e tatuaggio d’ordinanza, nei quartieri out.
Ma la sostanza è la medesima. Circolano per le strade brandendo le carrozzine come sciabole di invisibili duelli ed esibendo cinturoni messicani di port-enfant, tra gli sguardi bassi dei pochi maschi all’orizzonte e quelli, severi, delle suocere da passeggio.
Ogni quartiere, poi, ha il suo Giardino delle Primipare. Chi abbia sufficiente sprezzo del pericolo può avvicinarsi e carpire qualche brandello di conversazione. Fitti conciliaboli per determinare quale sia il pediatra più autorevole per stabilire se “Luca possa già mangiare l’uovo” o “quale sia l’ora più giusta per Miriam per fare il bagnetto”. Non ci si stupirebbe di veder evocato un ingegnere per insegnare ad Alessio ad allacciarsi le scarpe o un astronomo per misurare l’altezza di Vanessa.
Poco più in là le panchine delle Mamme in Gamba, dove ci si scambiano esperienze sui corsi di Aikido, vela, flamenco, nuoto sincronizzato, arpa e robotica antropomorfa cui i pargoli più cresciuti vengono coartati, per realizzare tutti i sogni dismessi dai genitori.
Alle loro spalle, svolazzano, operose, le più disinvolte mamme in carriera, ansiose di propalare il loro perniciosissimo cattivo esempio. Al posto del collant velatissimo bianco delle prime si azzarda qualche mossa avventata. Un accenno di pitonatura, un tacco assassino sono il punto di appoggio - malfermo, ci mancherebbe - di uno sguardo ugualmente e disperatamente vacuo.
Dopo pochi minuti vieni individuato. I primi a muoversi, come sempre, sono i bambini. Stai giochicchiando con una nespola per terra. Si avvicina il primo innocente: “Cosa è ?” “Una nespola: quando è arancione è molto buona”. Ne accorre un secondo che pesta gioiosamente sul frutto, e chiede cosa succede se si sbucciano i noccioli. Una terza bambina, almeno 7 chili sopra il suo limite di peso, che sarebbe a occhio non più di 25, domanda se “mettere i piedi nell'erba è pericoloso”. Rassicuri sorridendo la bambina da appartamento: è pericoloso solo in caso di maremoto. Sembra sollevata: oggi non c'è maremoto, vero ?
Ma la Psicopolizia è in agguato, una mammina e una vedova ancora in gamba, inesorabili come un pattuglione della morte, ci piombano addosso: una grida, con la calma con cui annuncerebbe un incendio: "attento che ti sporchi". L'altra è disperata: "Le nespole sono velenose !"
Ti allontani, giusto in tempo perché un assembramento attiri di nuovo la tua attenzione. Dai cancelli sotterranei di un edificio giallo e alto, in cui l'occhio del cronista riconosce senza esitazione un luogo istituzionale (si direbbe la sede del Partito) sciamano a frotte bambini, in gruppi omogenei. Hanno qualche cosa di predefinito, una nota di sottofondo unica, come il bordone della musica tradizionale: i maschietti sono vestiti come piccoli ammiragli, come generali in pensione, come commercialisti al sabato, "quando non ci sono clienti da ricevere". Le bambine sembrano bambole meccaniche, ancora lucide, appena uscite dal cellophane. Una frotta di mammine, tutta intorno, li squadra con l'occhio consumato e professionale di un sarto e di uno stilista, considerando con apprensione l'entità di una gualcitura, la simmetria di una pince e, con stizza, la piega della vicina.
Prima di essere catturato, noti che molte di loro, recuperato il Piccolo Prodigio, lo caricano su un SUV Fuoristrada dalle Dimensioni Inverosimili e dalla Potenza Inarrivabile, nel quale annegano, annaspano, galleggiano, allungandosi disperatamente nel tentativo di raggiungere pedali e leve sempre troppo iperuranici e lontani.
Negligentemente, mi lascio sfuggire la terribile domanda: ma perché in fuoristrada, alla fine dell’estate o in primavera, in Italia, quando si potrebbe viaggiare su una biga di petali di rosa trainata da un cocchio di aironi ?
"Perché sono macchine molto robuste, soprattutto in caso di incidente"
Hai capito la mammina previdente? Vuole essere sicura di una cosa, piccolo fiore scrupoloso: che, in caso di scontro con un'altra deliziosa mammina munita di utilitaria, siano - semmai – quella e il suo tenero piccino a morire tra le lamiere.
I bambini - galeotti ai ferri sui seggiolini posteriori di centinaia di auto - roteano gli occhi, cercando un'occasione, un mezzo, un complice per una non facile evasione.
Alberto Marcheselli
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