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20 luglio 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY (10)

Gentile Doc, beato lei che ha fatto “Beautiful” a Portofino? Ha visto anche Ridge ? Può dirmi qualcosa ? E il film “Signs” lo ha visto? Cosa ne pensa ? Grazie.
Sua ammiratrice ROSANNA SECCHI –GENOVA

Guardi, le cose sono andate così. Le fornisco qualche precisazione perché ho l’impressione che molti dei lettori abituali di “Film DOC” non seguano particolarmente il mondo delle soap. Qualche tempo fa il collega Mauro Boccaccio, in previsione della progettata (e poi effettuata) spedizione dell’équipe di “Beautiful” a Portofino, mi ha fatto un’intervista per “La Stampa” richiedendomi le inevitabili precisazioni sull’acquisto del programma ad opera di Raidue. Precisazioni che sono ormai abituato a fornire (a richiesta, badi, io cerco di parlarne il meno possibile) da almeno una dozzina d’anni. Nella mia qualità di capostruttura della Rete avevo, fra l’altro, la responsabilità non solo della programmazione –e quindi dell’acquisto - dei film, ma anche quella dei telefilm, TVFilm, sceneggiati non di produzione, e via svariando. Per colmare il “buco” delle ore 14 (circa) su Raidue che contava poche centinaia di migliaia di spettatori, con l’allora direttore di Rete, Pio De Berti Gambini (un amico, morto oramai da anni) decidemmo di provare a tastare il polso al mercato americano delle “soap-operas” che negli Stati Uniti vantavano milioni di spettatori (in prevalenza di condizione sociale e di cultura modesta, spesso immigranti “latinos”). Facemmo acquistare l’unica “soap” ancora negoziabile, “Capitol”, che alla Rai funzionò benissimo. Creandosi in poco tempo un pubblico di milioni di spettatori, probabilmente intrigati anche dalla collocazione “politica” della vicenda, assolutamente inusuale in un programma del genere (fu, immagino, una delle ragioni che causarono la fine di “Capitol” negli Stati Uniti, perché il programma era disceso al di sotto dei “ratings”, come impone di dire il gergo televisivo, i quali garantiscono un minimo redditizio di pubblicità). Il successo fu tale che io comprai, al buio, una seconda soap ancor prima che la producessero (si chiamava “Loving”, noi la battezzammo “Quando si ama”) sicché quando venne la notizia che “Capitol“ era stata abolita alla fonte e che di lì a poco avrebbero chiuso baracca e burattini - non è un modo di dire, il produttore, John Cowboy, licenziò tutto il suo personale e non so che cosa di mise a fare lui stesso - il pubblico rimase malissimo come se la colpa fosse la nostra. Quel che è sicuro è che gli sceneggiatori per vendicarsi, allestirono una puntata finale assolutamente incomprensibile, cosicché io fui costretto a girare un programma per spiegare quel che era successo, e dovetti anche replicarlo: la gente non ci credette lo stesso, persuasa, che fossero state la pigrizia e la malavoglia della RAI a fare saltare “Capitol” (24 anni d’azienda mi hanno insegnato che, si operi bene o male, lì per lì la colpa è sempre della RAI; poi, col passare del tempo, il pubblico ragiona). Insomma l’urgenza di sostituire “Capitol” aumentava ogni giorno (nel palinsesto si sarebbe spalancato un buco quotidiano di più di 40 minuti in una zona di primo pomeriggio che con le soap aveva almeno decuplicato il numero degli spettatori). Sicché al primo MIP di Cannes - è forse il più importante mercato cinetelevisivo d’Europa, ed ha luogo, nel palazzo del Festival, poche settimane prima del Festival stesso – quando mi venne sottoposto un “pilota” appena uscito che si svolgeva, prevalentemente nel mondo della moda e dove imperava la mascella volitiva di Ridge, non ebbi esitazioni. Telefonai a Roma – allora, se ricordo bene il direttore di Raidue era Gigi Locatelli, e quel che mandava avanti la baracca era il vicedirettore Agostino Saccà, oggi, mentre scrivo, direttore generale della Rai (alla prese ogni giorno con diecimila terribili problemi: non lo invidio) – e chiesi un impegno immediato d’acquisto, cosa non facile alla Rai, che nel fondo è un ministero, ma non impossibile quando c’è la buona volontà. Così bloccai al volo il programma, lo feci doppiare con calma e lo lanciai d’estate quando non si lanciano i nuovi programmi che in genere vengono tenuti per l’autunno. Nella collocazione di “Capitol” funzionò in modo clamoroso sin dalle prime puntate e finì per stabilizzarsi sui 5 milioni di spettatori. Cifra fisiologica. La Rai lo perdette, me lo ha confermato di recente al Festival di Torino Giampaolo Sodano succeduto a Locatelli come direttore di Raidue, quando Mediaset si rivolse direttamente ai produttori, la famiglia Bell, offrendo il triplo di quel che pagavamo noi ai distributori ormai “scaduti”. La Rai, essendo appunto un ministero, non ebbe probabilmente la capacità di reagire subito, in presenza di una normale trattativa d’affari, e di rilanciare come a poker, e perse così un programma che ora sfiora i 6 milioni di spettatori. Cifra enorme, se rapportata all’ora di ascolto. Che poi, in senso assoluto, sia un bene o un male, dipende da quel che si chiede ad una Televisione pubblica come la Rai. A noi veniva chiesto soltanto ed unicamente di agire in base all’Auditel. I risultati, alla lunga si vedono.
Veniamo, finalmente, a Portofino. In seguito alla intervista di Boccaccio sono stato invitato da Teresa Piu ad assistere a Portofino alle riprese in esterno di un episodio di “Beautiful” ed accettai. Una macchina venne a prendermi alle 7,15 a casa. Rimasi sino alle 11 nella hall dell’Hotel Splendid di Portofino a leggere i giornali, per esser poi fatto salire su un barcone dove aveva preso posto una fittizia Giuria incaricata di giudicare una sfilata di moda. A questo punto le cose hanno preso il ritmo di tanti interminabili esterni del cinema (qui, abituati come sono i realizzatori di “Beautiful” agli interni tipici delle “soap”, probabilmente i tempi si sono ancora più allungati). Salvo una interruzione per un pranzo goliardico al “Pitosforo” –ove salutai di persona un membro della famiglia Bell, da lontano Ridge che non credo mi abbia riconosciuto al contrario di un altro attore, Eric, il quale si ricordava di me a Venezia ed a Los Angeles –sono sempre stato al fianco di Silvana Jacobini direttore di “Chi” ed anch’essa membro della Giuria fittizia, sino a quando alle 17, col freddo che cominciava a farsi sentire sul barcone, ho tagliato la corda proprio quando giravano i primi piani. Dovevo essere a Genova, alla FNAC, alle 18 e ci arrivai giusto in tempo grazie ad un eccellente autista argentino con due lauree in ingegneria (come si vede la “soap” è dappertutto).
Non so quando andranno in onda (fra un anno? Prima? Dopo?) gli episodi ambientati a Portofino. Se non verranno tagliati, la signora che scrive potrà vedere, lontanissimo, un giurato in barca – quando hanno girato i primi piani me ne ero già andato - che prima suda e poi batte i denti. Quello sono io.

Ho perso il conto dello spazio ed ho esagerato. Tutti gli altri quesiti, “Signs” compreso, alla prossima puntata. Chiedo veramente scusa per aver infranto la promessa alla signora Mancuso. Mi rifarò.
(Pubblicato sul n° 51 Gennaio-Febbraio 2003 p. 18)

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