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20 luglio 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY

Come mi fa gentilmente sapere la AGIS, la Posta di DOC Holliday conta in tutto 67 uscite, dal maggio del 1997 fino ad oggi (adesso siamo nel luglio 2010), sul mensile Film DOC.
Le pubblico tutte integralmente, in ordine cronologico (comprese le prime 14, già pubblicate in questo blog, che lascio intatte), allo scopo di mostrare come funziona una rubrica di posta realizzata con l’attivo apporto di lettori veri, che per anni mi hanno scritto e continuano a farlo assiduamente: una volta sola mi ritrovai senza lettere a cui rispondere e minacciai dalla pagine di Film DOC di interrompere la rubrica. La valanga di accorati appelli subito giunti in redazione, inviati da appassionati lettori e cari amici, mi convinse che da allora non mi sarebbe mai più mancata la materia su cui scrivere. E’ stato così, e buona lettura.


Egregio Doc Holliday, sono sua estimatrice e le scrivo per sentire chi ha ragione tra me e il mio gruppo. Abbiamo visto "Fratello, dove sei?" A me è sembrato noioso, non mi è sembrato neanche un film dei fratelli Coen, ai miei amici è sembrato belle e…divertente !! Mi piacerebbe sapere il suo giudizio. ANTONELLA, GENOVA, Cineclub Lumière

Prendiamola alla larga. Nel 1991 a Cannes (io c'ero, ma la cosa non acquista rilievo storico) i fratelli Coen - Joel ed Ethan, nati entrambi a Minneapolis, Minnesota, il primo il 29 novembre 1954, il secondo il 21 settembre 1957 - vennero definitivamente consacrati. Il loro film "Barton Fink" (in Italia si chiamò anche "E' successo a Hollywood") ricevette una triplice, trionfale segnalazione che fu decisiva per loro carriere internazionali: la Palma d'Oro per il miglior film, il premio per il miglior attore (John Turturro) e quello per la migliore regia. I Coen sino a quel momento erano sempre stati trattati con rispetto e attenzione. Come due trentenni promettenti ed a volte più che ingegnosi . Già dal loro esordio con "Blood Simple - Sangue facile" del 1984 (giallo paradossale centrato su un tizio che, incaricato di eliminare una moglie infedele ed il suo amante, finisce con l'uccidere il mandante del delitto addossando la colpa alla donna) i due giovanotti - uno regista, l' altro sceneggiatore e produttore - furono considerati con molto interesse e molta benevolenza. Vennero poi altri due film, la pazza commedia "Arizona Junior" (Raising Arizona", 1987) e "Crocevia della morte" (Miller's Crossing", 1990) storia della lotta, nel 1929, fra un gangster ebreo assistito da un aiutante irlandese divenutogli nemico, contro un capobanda italiano. Ormai osannati, il trionfo di Cannes li rese in un certo senso inattaccabili. Seguirono "Mr. Hula Hop" ("The Hudsucker Proxy", 1994) opera estremamente diseguale ma con improvvisi guizzi da slapstick e poi, nel 1996, "Fargo" che, fino ad ora, è probabilmente la cosa loro migliore, mescolanza cinica e rabbiosa di giallo e di commedia macabra, investigatrice paesana che è anche incinta al settimo mese. Infine "Il grande Lebowski" ("The Big Lebowski", 1998) incensato da tutti ma scombiccherato nella sua anarchica vocazione nera e ora questo "Fratello" (il titolo originale è volutamente arcaico in un inglese da poesia cinque-seicentesca) che mi pare una delle loro opere più deludenti. Intriso di bella musica "country" usa, come piace ai due fratelli, materiale di riporto dell' avventura muta e della farsa sonora, ma con una sorta di effervescenza disordinata che mescola Baby Face Nelson e la parodia danzata e cantata di una adunata del "Klu-Klux-Klan" (forse la miglior gag collettiva di tutto un film dall'inizio alla fine sempre in cerca di gags), rapine da operetta e sciocchezze mitico-campagnole (i due amici persuasi che il terzo sia stato mutato in un rospo). Nelle informazioni stampa viene ribadito che Joel e Ethan hanno scritto la sceneggiatura pensando alla "Odissea", ma francamente si riesce a fatica a collegare le stanche, disordinate avventure dei tre protagonisti -fra un Turturro fedelissimo dei Coen, ma qui quasi irriconoscibile, ed un Clooney che si diverte a fare il bellone in stile pre-New Deal - con una meditata rivisitazione omerica.
Insomma. Se da un lato si rimane ancora una volta stupefatti di fronte al vitalismo, qui cieco ed altre volte illuminato, dei due fratellini, dall'altro si è costretti a rendersi conto che la Hollywood di oggi è in fondo meno cupamente mercantilistica di quanto si dica. In effetti i due continuano a darsi da fare con una tenacia che testimonia di una certa voglia di rischiare da parte dei produttori. Dopo questo film ne hanno già realizzato o messo in cantiere altri tre: "Intolerabile Cruelty" (2001), "Barber Project" (idem) e "To the White Sea" (2002). Quest'ultimo sembra il più promettente perché è un film d'avventure nei ghiacci polari, a testimonianza della voglia saltuaria di raccontare teso e forte che, tutto sommato, i due posseggono ed avvertono, e del fatto che, nativi del Minnesota, negli inverni innevati si trovano meglio, come dimostra "Fargo", che nelle aride estati del Missisippi,
In quanto alle mie reazioni di fronte al film, le dirò francamente che mi sono quasi sempre annoiato. Ma non so se è una cosa significativa, poiché al cinema mi capita sempre di più.
Devono essere gli anni.

Un corrispondente che mi pare si firmi Rino (o Ennio) Boggero, via Casoni, Genova, mi scrive una lettera appassionata per deprecare la volgarità dei protagonisti, maschi e femmine del "Grande Fratello"che "stanno lì a grattarsi la pancia " attratti dai soldi. E, dopo molte altre considerazioni, conclude "la vergogna è la TV, viva il cinema!". Inoltre scrive anche che spesso "Film Doc", a cui invia i suoi complimenti, all'Universale non c'è. Evidentemente va a ruba. In ogni caso si metta d'accordo con la fondamentale signora Mary (la Madre di Tutte le Cassiere). Forse le userà la gentilezza di tenergliene una copia da parte. Infine la ventiquattrenne Linda, che abita in Versilia e studia recitazione () mi ha mandato una " e-mail"in cui mi dice che il suo più grande desiderio è di diventare doppiatrice. Le risponderò il prossimo numero, perché è un argomento che interessa a molti.


(Pubblicato sul n° 41 Gennaio Febbraio 2001 p. 16)

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