Come va ? Prima di rispondere alle lettere ancora inevase (come si diceva quando le fughe dalle carceri erano più rare) vorrei dire rapidamente due cose.
Innanzitutto un grazie caloroso alle amiche ed agli amici che ogni primo lunedì del mese vengono a rinserrarsi nella stanzetta della Società di Storia Patria, al pianterreno del Palazzo Ducale (gentilmente concessa del professor Puncuh) per assistere alla discussione dei film del mese organizzata dalla Stanza del Cinema. Quando tre anni fa Arnaldo Bagnasco mi offerse di aprire, così come esisteva la Stanza della Poesia, una Stanza del Cinema, io girai l’offerta ai colleghi del Gruppo Ligure Critici Cinematografici e tutti insieme decidemmo di affrontare l’avventura. Sicuramente non sapevamo se la cosa avrebbe interessato qualcuno e se avrebbe avuto fortuna. In certo senso ci bastò la prima puntata – con la gente in piedi che affollava la saletta – per capire che avevamo puntato su una carta vincente e che tutto dipendeva da un interrogativo: saremmo riusciti a mantenere l’impegno? Stiamo arrivando alla conclusione del terzo anno, vediamo che la gente non ci ha abbandonato e che dal canto nostro noi riusciamo, grazie al sacrificio di molti di noi, a tener fede al compito. Forse dovremo rinnovarci, forse dovremo cambiare qualche cosa ma comunque val la pena di dire (sottovoce, per amor di Dio) che in questa città dove è così difficile inventare qualcosa di nuovo che rischi anche di essere duraturo, abbiamo portato una piccolissima tessera ad un disegno comune spesso oscuro e non di rado lacerato e dimenticato.
La seconda cosa è che il Genova Film Festival intende, nell’edizione di quest’anno (30 giugno-6 luglio), dedicarmi un omaggio quotidiano. A scrivermelo così da solo sembro matto (forse lo sono ?) ma mi auguro che la cosa non mi faccia perdere la testa e mi consenta invece di ritrovare tanti amici e di ripercorrere tanti passi di un cammino ormai lungo, troppo lungo……
Ed ora ecco le missive “inevase”:
La prima è vecchissima e lo dico consapevole delle mie colpe:
Siano suoi estimatori. Che cosa ne pensa dell’ultimo “Guerre stellari”? Grazie. Silvia Jomini (?) e amici. Genova.
Potreste farmi osservare che se aspettavo ancora un po’ avremmo potuto parlare della quinta o della sesta puntata della saga. Vorrei solo osservare che mi sento a disagio ad occuparmi di George Lucas. Lo abbiamo visto esordire, giovinetto o poco più, e adesso è un 59enne barbuto che sembra quasi un vecchietto come noi e che continua, (dall’alto dei miliardi, è vero) ad inseguire i suoi sogni d’adolescente, fra fumetti spaziali e non spaziali. A questo punto non ho più voglia di stare al gioco.
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La signora Assunta Boido (ho letto giusto ??) mi aveva inviato un ritaglio del “Corriere della Sera” nel quale un lettore romano, Mario De’Scalzi Da Pozzo, si lamentava dalla capricciosità dei critici.
“ E’ possibile – diceva il lettore romano –che quello che i critici giudicano positivamente sia immancabilmente un mattone ? Una volta la sigla segnalato dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici era una sorta di marchio di garanzia. Ora è diventato un simbolo di bufala sicura. Non sarà il momento di una sana autocritica?” E dal canto suo la signora Assunta aggiunge: “..io sono abbastanza d’accordo. Ho visto “Femme fatale” e non ci ho capito niente: o sono diventata scema o i registi non fanno che prenderci in giro.. Ma anche i critici, perché mi hanno detto che all’incontro del lunedì (la signora accenna ad una ormai lontana “Stanza del Cinema” in cui mi ricordo benissimo si parlò del film ed un collega lo elogiò) ne è stato detto benissimo. E lei cosa dice ?”
Io dico che troppo tempo è passato per ritornare sui singoli film. Quel che invece mi pare importante è l’interrogativo generale sulla validità della critica (in genere, non solo per quel che riguarda il cinema) che le due lettere pongono, ed anche sul rapporto non di rado difficile che il cinema stabilisce con i suoi spettatori. Il discorso dovrebbe essere preso molto alla lontana, al di là della disponibilità di spazio della rubrica. Credo tuttavia che qualche cosa vada ricordata. Una certa disparità di reazioni fra la critica ed il pubblico c’è sempre stata. Fatalmente chi vede film per passione divenuta mestiere (o per mestiere divenuto passione, vai a sapere) consciamente o inconsciamente cerca di disegnarsi con occhi e interessi diversi rispetto allo spettatore medio che il critico trova intorno al se. Il critico vede molti più film, ed è quindi portato ad un complicato gioco di raffronti, mentre i suoi interlocutori spesso tendono a costruire alcune reazioni base (giustissime, badi: mi piace, non mi piace, che poi è quel che conta) e su queste a regolarsi. Infine non sottovaluti lo snobismo, implicito o esplicito: la mia funzione è quella di giudicare, quindi di essere al di sopra delle passioni del volgo, io penso all’eternità, o comunque ad un vasto periodo, il mio respiro è ampio come l’ansito dell’Oceano mentre quello dello spettatore medio è corto e breve, come quello del Mediterraneo, sono uno specialista e quindi conosco tante cose (tecniche, storiche, psicologiche, culturali, eccetera) che forzatamente sfuggono allo spettatore medio…solo i miei pari mi possono giudicare, e neppure tutti (non parliamo di Tizio, Caio e Sempronio, che sono asini calzati e vestiti, e in più son anche antipatici…..). E’ un dibattito vecchio come il mondo, mai risolto nella storia, prendiamone atto. Ed alla prossima volta la lettera della signora Pozza, che, anch’essa, si lamenta della difficoltà di capire il cinema di oggi…
“ E’ possibile – diceva il lettore romano –che quello che i critici giudicano positivamente sia immancabilmente un mattone ? Una volta la sigla segnalato dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici era una sorta di marchio di garanzia. Ora è diventato un simbolo di bufala sicura. Non sarà il momento di una sana autocritica?” E dal canto suo la signora Assunta aggiunge: “..io sono abbastanza d’accordo. Ho visto “Femme fatale” e non ci ho capito niente: o sono diventata scema o i registi non fanno che prenderci in giro.. Ma anche i critici, perché mi hanno detto che all’incontro del lunedì (la signora accenna ad una ormai lontana “Stanza del Cinema” in cui mi ricordo benissimo si parlò del film ed un collega lo elogiò) ne è stato detto benissimo. E lei cosa dice ?”
Io dico che troppo tempo è passato per ritornare sui singoli film. Quel che invece mi pare importante è l’interrogativo generale sulla validità della critica (in genere, non solo per quel che riguarda il cinema) che le due lettere pongono, ed anche sul rapporto non di rado difficile che il cinema stabilisce con i suoi spettatori. Il discorso dovrebbe essere preso molto alla lontana, al di là della disponibilità di spazio della rubrica. Credo tuttavia che qualche cosa vada ricordata. Una certa disparità di reazioni fra la critica ed il pubblico c’è sempre stata. Fatalmente chi vede film per passione divenuta mestiere (o per mestiere divenuto passione, vai a sapere) consciamente o inconsciamente cerca di disegnarsi con occhi e interessi diversi rispetto allo spettatore medio che il critico trova intorno al se. Il critico vede molti più film, ed è quindi portato ad un complicato gioco di raffronti, mentre i suoi interlocutori spesso tendono a costruire alcune reazioni base (giustissime, badi: mi piace, non mi piace, che poi è quel che conta) e su queste a regolarsi. Infine non sottovaluti lo snobismo, implicito o esplicito: la mia funzione è quella di giudicare, quindi di essere al di sopra delle passioni del volgo, io penso all’eternità, o comunque ad un vasto periodo, il mio respiro è ampio come l’ansito dell’Oceano mentre quello dello spettatore medio è corto e breve, come quello del Mediterraneo, sono uno specialista e quindi conosco tante cose (tecniche, storiche, psicologiche, culturali, eccetera) che forzatamente sfuggono allo spettatore medio…solo i miei pari mi possono giudicare, e neppure tutti (non parliamo di Tizio, Caio e Sempronio, che sono asini calzati e vestiti, e in più son anche antipatici…..). E’ un dibattito vecchio come il mondo, mai risolto nella storia, prendiamone atto. Ed alla prossima volta la lettera della signora Pozza, che, anch’essa, si lamenta della difficoltà di capire il cinema di oggi…
(Pubblicato sul n° 53 Maggio-Agosto 2003 p. 19)
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