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20 luglio 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY (5)

Da quando ho iniziato questa rubrica mi trovo per la prima volta con la pagina bianca e nessuna lettera a cui rispondere (bianca, si fa per dire, perché non è il bianco ingenuo ed aggressivo che nasce dal foglio di carta in attesa ma quello anonimo e minaccioso che squilla nella "scrivania" del computer). In genere una lettera arrivava sempre. A volte, dopo l'uscita di un numero di Film D.O.C. me ne sono giunte insieme anche tre o quattro, sufficienti per ricaricare per mesi la cartucciera di Doc Holliday. Questa volta, no. E' quasi un ammonimento. Significa forse che la rubrica ha esaurito il suo "elan vitale ?" Non posso escluderlo… Ho tenuto in vita mia troppe rubriche di posta con i lettori per non sapere che anch'esse, come tutte le umane istituzioni e creazioni e iniziative, sono soggette ad una sorta di fisiologia animale: nascono, crescono, hanno un periodo di fiorimento e di splendore, poi cominciano ad invecchiare e ad incanutire, esattamente come accade con i nostri corpi, con i partiti politici, con le aziende e le città e le nazioni (e le squadre di calcio, potrei aggiungere, andando all'infinito nell'elencazione). La prima che ebbi, a metà degli anni '50, si chiamava "Missive al Conte Mosca" ed appariva nelle pagine ormai dimenticatissime della rivista "Nomadi", organo della Federazione Italiana degli Alberghi della Gioventù. La dirigeva il mio amico Franco De Salvo che poi mi fece entrare al "Mercantile" e infine andò a Roma, dove risiede tuttora, per seguire Angelo Magliano, il quale, a sua volta, lasciò il "Mercantile" per diventare direttore del "Giornale d'Italia", testata allora importante nel giornalismo capitolino (su Magliano, ormai scomparso da tempo, ligure di Porto Maurizio, durante la Resistenza membro giovanissimo della "Franchi" di Edgardo Sogno, poi direttore del "Corriere Lombardo" e vincitore di un premio Viareggio, varrebbe la pena di intrattenersi più a lungo).
Il conte Mosca era un personaggio essenziale, comprotagonista de "La Certosa di Parma" di Stendhal: lo pseudonimo mi concedeva la possibilità di essere schifiltoso ed ironico così come mi piaceva di credere io fossi veramente (prima di compiere i trent'anni si hanno tante pazze idee per la testa). Mi arrivavano molte lettere di giovani ed ebbi la possibilità di divertirmi abbastanza scrivendo. Così come mi capitò anni dopo (è ancora di scena il "Mercantile") con una rubrica di corrispondenza che battezzai "Le mani in posta". Con un gioco di parole che allora mi parve spiritoso (a pensarci adesso, forse non lo era). Può darsi che qualche lettore, ora con i capelli bianchi, se ne ricordi ancora quando la situazione del giornalismo cittadino era diversa da ora, in un contesto che cominciava appena ad avvertire i prodromi della crisi ma che era ancora sospinto dal subitaneo entusiasmo del '45, quando il felice "shock" della pace aveva attivato mille nuove energie, si tirarono su in fretta i palazzi distrutti (mezza Genova era "in tocchi", come disse il Re a Mussolini parlando dell'Italia) e, in un'epoca ancora ottocentescamente "pre-container", il porto ritornava ad essere la linfa vitale e decisiva di una città che o è portuale o non esiste.
In sostanza conosco la musica. E resto in attesa. Se a qualche lettore la rubrica interessa veramente, mi scriva due righe, risponderò e saprò regolarmi. Se non riceverò nulla sarò il primo a rivolgermi a mia volta a Piero Pruzzo ed a Riccardo Speciale (l'uno è il direttore e l'animatore insostituibile di Film DOC, l'altro l'editore, nella sua qualità di Segretario Regionale dell'AGIS) ed a proporre un cambio, che peraltro era già stato ipotizzato. Mi farò concedere una rubrica solipsistica e delirante, in cui parlerò soltanto di me e porterò i lettori alla ribellione.
Naturalmente scherzo. Mi piacerebbe poter indulgere ai ricordi di un (vecchio) spettatore ed a considerazioni sui film che vedo e sui libri che leggo.
Dipende da voi. Fatemi sapere.

(Pubblicato sul n° 45 – Novembre-Dicembre 2001 p. 16)

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