Blog - Crediti


L'audio e i video © del Blog sono realizzati, curati e perfezionati da Lorenzo Doretti, che ha anche progettato l'intera collocazione.
L'aggiornamento è stato curato puntualmente in passato da diverse collaboratrici ed attualmente, con la stessa puntualità e competenza, se ne occupano Laura M. Sparacello ed Elisa Sori.

20 luglio 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY (13)

Innanzitutto una precisazione. Credo di aver commesso qualche pasticcio con le lettere. Se esiste qualcuno (o qualcuna) che ho menzionato in passato, promettendo risposte che non ho poi dato, sia gentile, mi scriva ripetendo il quesito. Altrimenti trascinerò sempre più avanti la mia colpa senza fondo. Veniamo rapidamente a due missive in sospeso, l’una più recente, l’altra meno. La prima, che abbrevio, eccola qui :

“...sono d’accordo con la signora che scrive di capire sempre meno nei film che si vedono oggigiorno. Io non so se lo facciano apposta ma a parte che tanti dialoghi non sono proprio chiari, anche proprio nella pronuncia, non capisco perché c’è bisogno di far scervellare tanto gli spettatori imbrogliando le carte (...) Ma i critici capiscono proprio tutto ? Dicano come fanno, dicano dove dobbiamo andare a imparare noi, poveri tapini. In attesa di risposta saluto rispettosamente “
SILVIA PALADINO, GENOVA

Spesso mi sono sentito fare domande eguali o simili. Che, tutte, hanno poi una stretta connessione con alcuni interrogativi fondamentali. A che cosa serve la critica ? Ha un senso la critica in generale e quella cinematografica in particolare? Forse più di altre forme d’ arte (la critica d’arte, la critica letteraria con tutte le sue innumerevoli articolazioni e specializzazioni, la critica musicale, eccetera) é quella che è (o forse era, o forse sembra soltanto essere) la forma di critica che ha più implicazioni popolari. Che quindi più di altre implica la necessità di farsi capire dai più e con la massima possibile chiarezza (francamente chi si si pone mai un problema di divulgata intelligibilità popolare per la critica d’ arte, che spesso è volutamente e minuziosamente incomprensibile e proprio da tale sua incomprensibilità trae fascino e autorità?). Alcune mie ideuzze che l’ho anch’io, ma prima di esporle, per quel poco che valgono, vorrei mutare questa domanda della signora Paladino in una domanda collettiva rivolta a tutti i collaboratori della rivista. Dal direttore Piero Pruzzo - al quale si deve se Film D.O.C non è un generico bollettino informativo sui programmi dei cinematografi, ma una vera, e autentica, rivista di cinema - ad Aldo Viganò, a tutti gli altri amici e colleghi del Gruppo Critici (da Mauro Manciotti a Massimo Marchelli, da Renato Venturelli a Natalino Bruzzone, via via invitandoli poi uno per uno) e più largamente ai collaboratori, ed ancor più alle collaboratrici della pubblicazione, che sono combattive e competenti. Perché esercitarla? E in che modo esercitarla ? Molti spettatori hanno spesso la sensazione di non capire il perché di certi giudizi (positivi o negativi, poco importa). E’ oscurità nostra o pigrizia altrui? O qualche altra cosa? E’ da molti anni prima di Ricciotto Canudo (“Le Barisien”) che si agita il problema. Vi prego, colleghe e colleghi (“Cheres confreres”, “Cari confratelli”, come si dice in francese) rispondetemi, e risponderete così anche alla signora Paladino.
----------------------------------
Caro D.O.C. Holliday, a me piace sempre andare a cinema, però.. però.. mi trovo un po’ a disagio nello scegliere in mezzo a tutti questi titoli di film in inglese. Mi creda non sono il solo, noto anche fra i giovani che al momento di prendere il biglietto e la cassiera chiede che film vogliono vedere loro sono incerti sul titolo da dire, perché ovviamente è in originale e non lo ricordano, e se la cavano dicendo: “è quello con..”. e dicono il nome del protagonista. Questa scena si ripete un po’ in tutti i cinema. Secondo lei perché i Distributori non traducono più i titoli dei film in italiano ? Una volta, molti anni fa, dal titolo del film in italiano si capiva subito il genere a cui apparteneva: Avventuroso, Bellico, Biografico, Brillante, Cappa e Spada, Comico, Commedia, Commedia sofisticata, Documentario, Drammatico, Fantascienza., Giallo, Melodramma, Musicale, Neorealista, Noir, Operistico, Operettistico, Romantico, Spionaggio, Sportivo, Storico, Western. Da notare nel corso degli anni quanti generi di film non troviamo più sugli schermi. Al giorno d’oggi, in certi film c’è anche una commistione di vari generi in prevalenza Drammatico–Fanta - Horrror- Violenza. Noi anziani abbiamo ragione o no di essere disorientati ?
Grazie per la risposta.
MARIO DI NERVI
Giustamente Mario di Nervi mi ringrazia per la risposta, sapendo che essa, fuori di dubbio, ci sarà. In effetti una puntata de “La posta di Doc Holliday” senza una domanda del nostro caro interlocutore nerviese, mi sembrerebbe incompleta e non conclusa. E questa domanda, in particolare, mi pare giustissima e motivatissima. Perché i titoli in inglese ? Credo che ciò sia dovuto ad un insieme di motivi, tutti sbagliati ma tutti, a modo loro, persuasivi. La goffa e ingenua persuasione che l’inglese, lingua dominante, debba essere comunque usata nelle manifestazioni riguardanti le masse o comunque in buona parte di esse. La tendenza al monolinguismo unificante tipica della pubblicità e di tante manifestazioni parlate e scritte della vita collettiva in Italia come in altre nazioni (pensi all’uso indiscriminato dell’inglese nei nomi delle società, degli uffici, dei servizi, spesso ad opera di persone che l’inglese lo conoscono poco ma che ritengono di buon gusto far credere di conoscerlo bene, come accadeva con il francese nella Russia degli Zar). La fretta semplificatrice e il gusto della moda (pensi alla pubblicità “No Martini, no party”). La debolezza culturale di una materia che da sempre è competenza dei direttori commerciali della società di distribuzione, i quali son tutto fuorché dei filologi; e ancora molti altri motivi., Tuttavia non credo che si possa tessere un elogio indiscriminato dei titoli di un tempo, per fascinosi che essi risuonino nella nostra memoria Pensi per un attimo ad un titolo come “I 400 colpi” (in francese fare “I 400 colpi” vuol dire “farne di cotte e di crude” ma in italiano ?).E’ un argomento divertente, credo che ci tornerò sopra alla prossima puntata. Molti cari saluti a tutti.
(Pubblicato su n° 54 Settembre Ottobre 2003 p. 21)

Nessun commento: