Ill.mo Doc Holliday,
ho visto il film "Chocolat" e mi è piaciuta moltissimo l'attrice Juliette Binoche, che avevo già visto ne "L'amore che non muore". Mi può dire se la Binoche è francese o svizzera e se prima ha fatto del teatro? Con molta stima.
ANTONELLA DELLA CASA - (Arenzano)
Andiamo con ordine. Per quanto mi risulta (si veda il "Dictionnaire Larousse du Cinéma ") la Binoche - non è un nome d'arte - è indicata come attrice francese, nata a Parigi, per l'esattezza il 9 marzo, nel 1964. Sempre che da piccola per la sua grazia naturale, sia stata soprannominata "Brioche". Sua madre era un'attrice, suo padre uno scultore. I due si separarono quando lei era ancora molto piccola e Juliette è stata allevata in un pensionato cattolico. Secondo una fonte sembra anche che nell'adolescenza sia stata cassiera in un supermercato. In ogni caso ha frequentato (credo per poco, vista la carriera successiva) le lezioni del Conservatorio Nazionale d'Arte Drammatica ed ha esordito in teatro giovanissima. Ha interpretato (suppongo si trattasse di parti secondarie) testi di Molière, Pirandello, Jonesco.
Poi l'esordio cinematografico nel 1982 e qualche apparizione in televisione. Ovviamente anche al cinema le toccano, all'inizio, parti secondarie (con Godard e con Doillon, ad esempio) ma già nel 1985, ad appena 21 anni, è protagonista in un film di André Téchiné , "Rendez vous" - ha conservato il titolo originale anche in italiano - premiato per la miglior regia al Festival di Cannes. Nella voce dedicata all'attrice contenuta nella "Guide des Films" di Jean Tulard a sigla C.B.M (Claude Bouniq-Mercier) se ne parla assai bene e si conclude così…"Un beau film qui utilise la violence des sentiments, comme élément moteur, en des scènes fulgurantes d'une grande intensité dramatique. Interprétation remarquable de Juliette Binoche et de Lambert Wilson qui s'imposent ici comme des grands acteurs". Da quel 1985 la carriera della Binoche, pur fra film di grande successo ed altri di successo minore, non ha più avuto vere esitazioni, mentre lo stesso destino non si può dire sia toccato a Wilson che, pur figlio del grande Georges Wilson e dotato di indubbio talento, non è mai riuscito a diventare una "vedette". Nel 1986 "Rosso sangue" (Mauvais sang) e nel 1991 "Gli amanti del Pont-Neuf" (Les amants du Pont Neuf) entrambi di Leo Carax segnano per la Binoche non solo due momenti del suo cammino di attrice ma anche l'inizio e la fine di una relazione con l'autore, meteora francese fulgente ma rapidamente accantonata della regia francese alla moda. Nel frattempo ha aggiunto nel 1988 un altro tassello alla sua scalata verso la notorietà interpretando la parte di Teresa ne "L'insostenibile leggerezza dell'essere" (The Unbearable Lightness of Being) che Phil Kaufman ha diretto dal romanzo di Milan Kundera. E' la prima volta che recita in inglese, cosa che nel cinema internazionalmente anglofono nel quale viviamo diventa, per attrici ed attori, sempre più importante. Non caso nel 1992 è, in Inghilterra, Anna Barton ne "Il danno" (Damage), uno degli ultimi film (e non dei migliori) del grande Louis Malle. Ritratto di un uomo politico (Jeremy Irons) che si innamora follemente della fidanzata del figlio e per lei affronta la distruzione di sé e della famiglia. Le cronache dicono che la Binoche, obbligata dalla parte a incontri amorosi con Irons - quelli che alcuni giornalisti amano definire "torridi" - in realtà lo odiasse, ricambiata. Sicché i rapporti sul "set" non debbono essere stati facili. Intanto la carriera dell'attrice prosegue in Francia ed all'estero, imponendosi per la disinvolta eleganza e la scaltra complessità dei toni. Essa incarna perfettamente quell'ideale di donna francese ancor giovane ma non più adolescente, borghese e controllata ma anche capace di maliziose rotture e di subitanee perdizioni sensuali che è sempre molto richiesta dal mercato, soprattutto dopo che gli anni hanno lievemente appassito la spietata eleganza della Deneuve. Via via la sua carriera si articola in una serie di film francesi e in una serie di film di altra nazionalità, consentendole appunto di mantenere contemporaneamente il suo status di attrice francese ma anche di attrice internazionale, al bisogno programmaticamente francese. Nel 1993 unisce il suo nome a quello di Krzystof Kieslowsi per il primo tre film "colorati" e cioè "Tre colori - Film Blu" (Trois couleurs: bleu) in cui è praticamente sempre in scena e dove incarna una donna che perde il marito ed il figlioletto e che si ricrea una sua dimensione di impegno totale. La sua interpretazione le varrà la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia. Invece che nel film del regista polacco avrebbe potuto diventare protagonista di "Jurassic Park" ma le solite storie rose alimentata da Internet dicono che abbia risposto al regista americano che avrebbe accettato solo al patto di interpretare il dinosauro. Dopo "Tre colori: Film Blu" Juliette prese del tempo perché dalla sua relazione con Andrè Halle (non ho fatto ricerche) doveva nascere Raphael mentre nel 1999 da una sua relazione con Benoit Magimel (idem) nasceva Hana. Naturalmente Juliette continuava il suo cammino verso una laboriosa notorietà. Nel 1995 interpreta, dal romanzo di Jean Giono, "L'ussaro sul tetto" (Le hussard sur le toit ) di Jean-Paul Rappeneau, al fianco di Olivier Martinez con cui avrà poi una relazione. Nel 1996 riceve l'Oscar - uno dei nove toccati al film - come migliore attrice non protagonista in "Il paziente inglese (The English Patient) di Anthony Minghella. Da allora ad oggi interpreta altri sei film - fra cui quello che è piaciuto alla lettrice, "La veuve de Saint Pierre" , laddove il titolo originale allude alla ghigliottina, "La vedova", che dovrebbe essere usata nella lontanissima isoletta francese di Saint Pierre vicino al Canada. Il successo di "Chocolat" (pur comprensibilissimo, vista l'astuta poeticità programmatica del film, per me resta ingiustificato) non intacca le qualità dell'astutissima Juliette, che offre qui una piccola antologia di controllatissimi vezzi e riesce ad assumere il volto e il corpo di una donna misteriosa che gira il mondo divulgando le qualità, amatorie e vivificanti per il cuore e la mente, del cioccolato.
Attrice di fama e di spessore reale, la Binoche è al tempo stesso un'attrice di reale talento ed un perfetto prototipo di diva di riporto, intelligentemente adatta ai bisogni merceologici del tempo…
Poi l'esordio cinematografico nel 1982 e qualche apparizione in televisione. Ovviamente anche al cinema le toccano, all'inizio, parti secondarie (con Godard e con Doillon, ad esempio) ma già nel 1985, ad appena 21 anni, è protagonista in un film di André Téchiné , "Rendez vous" - ha conservato il titolo originale anche in italiano - premiato per la miglior regia al Festival di Cannes. Nella voce dedicata all'attrice contenuta nella "Guide des Films" di Jean Tulard a sigla C.B.M (Claude Bouniq-Mercier) se ne parla assai bene e si conclude così…"Un beau film qui utilise la violence des sentiments, comme élément moteur, en des scènes fulgurantes d'une grande intensité dramatique. Interprétation remarquable de Juliette Binoche et de Lambert Wilson qui s'imposent ici comme des grands acteurs". Da quel 1985 la carriera della Binoche, pur fra film di grande successo ed altri di successo minore, non ha più avuto vere esitazioni, mentre lo stesso destino non si può dire sia toccato a Wilson che, pur figlio del grande Georges Wilson e dotato di indubbio talento, non è mai riuscito a diventare una "vedette". Nel 1986 "Rosso sangue" (Mauvais sang) e nel 1991 "Gli amanti del Pont-Neuf" (Les amants du Pont Neuf) entrambi di Leo Carax segnano per la Binoche non solo due momenti del suo cammino di attrice ma anche l'inizio e la fine di una relazione con l'autore, meteora francese fulgente ma rapidamente accantonata della regia francese alla moda. Nel frattempo ha aggiunto nel 1988 un altro tassello alla sua scalata verso la notorietà interpretando la parte di Teresa ne "L'insostenibile leggerezza dell'essere" (The Unbearable Lightness of Being) che Phil Kaufman ha diretto dal romanzo di Milan Kundera. E' la prima volta che recita in inglese, cosa che nel cinema internazionalmente anglofono nel quale viviamo diventa, per attrici ed attori, sempre più importante. Non caso nel 1992 è, in Inghilterra, Anna Barton ne "Il danno" (Damage), uno degli ultimi film (e non dei migliori) del grande Louis Malle. Ritratto di un uomo politico (Jeremy Irons) che si innamora follemente della fidanzata del figlio e per lei affronta la distruzione di sé e della famiglia. Le cronache dicono che la Binoche, obbligata dalla parte a incontri amorosi con Irons - quelli che alcuni giornalisti amano definire "torridi" - in realtà lo odiasse, ricambiata. Sicché i rapporti sul "set" non debbono essere stati facili. Intanto la carriera dell'attrice prosegue in Francia ed all'estero, imponendosi per la disinvolta eleganza e la scaltra complessità dei toni. Essa incarna perfettamente quell'ideale di donna francese ancor giovane ma non più adolescente, borghese e controllata ma anche capace di maliziose rotture e di subitanee perdizioni sensuali che è sempre molto richiesta dal mercato, soprattutto dopo che gli anni hanno lievemente appassito la spietata eleganza della Deneuve. Via via la sua carriera si articola in una serie di film francesi e in una serie di film di altra nazionalità, consentendole appunto di mantenere contemporaneamente il suo status di attrice francese ma anche di attrice internazionale, al bisogno programmaticamente francese. Nel 1993 unisce il suo nome a quello di Krzystof Kieslowsi per il primo tre film "colorati" e cioè "Tre colori - Film Blu" (Trois couleurs: bleu) in cui è praticamente sempre in scena e dove incarna una donna che perde il marito ed il figlioletto e che si ricrea una sua dimensione di impegno totale. La sua interpretazione le varrà la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia. Invece che nel film del regista polacco avrebbe potuto diventare protagonista di "Jurassic Park" ma le solite storie rose alimentata da Internet dicono che abbia risposto al regista americano che avrebbe accettato solo al patto di interpretare il dinosauro. Dopo "Tre colori: Film Blu" Juliette prese del tempo perché dalla sua relazione con Andrè Halle (non ho fatto ricerche) doveva nascere Raphael mentre nel 1999 da una sua relazione con Benoit Magimel (idem) nasceva Hana. Naturalmente Juliette continuava il suo cammino verso una laboriosa notorietà. Nel 1995 interpreta, dal romanzo di Jean Giono, "L'ussaro sul tetto" (Le hussard sur le toit ) di Jean-Paul Rappeneau, al fianco di Olivier Martinez con cui avrà poi una relazione. Nel 1996 riceve l'Oscar - uno dei nove toccati al film - come migliore attrice non protagonista in "Il paziente inglese (The English Patient) di Anthony Minghella. Da allora ad oggi interpreta altri sei film - fra cui quello che è piaciuto alla lettrice, "La veuve de Saint Pierre" , laddove il titolo originale allude alla ghigliottina, "La vedova", che dovrebbe essere usata nella lontanissima isoletta francese di Saint Pierre vicino al Canada. Il successo di "Chocolat" (pur comprensibilissimo, vista l'astuta poeticità programmatica del film, per me resta ingiustificato) non intacca le qualità dell'astutissima Juliette, che offre qui una piccola antologia di controllatissimi vezzi e riesce ad assumere il volto e il corpo di una donna misteriosa che gira il mondo divulgando le qualità, amatorie e vivificanti per il cuore e la mente, del cioccolato.
Attrice di fama e di spessore reale, la Binoche è al tempo stesso un'attrice di reale talento ed un perfetto prototipo di diva di riporto, intelligentemente adatta ai bisogni merceologici del tempo…
(Pubblicato su FILM D.O.C. n° 43 Maggio-Agosto 2001 p. 18)
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