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20 luglio 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY (17)


A tutti. Mi si consenta una nota strettamente personale (anzi, proprio per restare in tema, “Strettamente confidenziale”). Il signor Folchieri, noto schedatore e raccoglitore di cinema che conosco soltanto al telefono, mi ha fatto pervenire la fotocopia di un frammento della pagina ove Giuseppe Marotta teneva la sua (allora) famosa rubrica di corrispondenza con i lettori. Contraddistinta appunto dal titolo che ho prima citato fra virgolette. La fotocopia è tratta dal numero 33 (anno VI) della (allora) notissima rivista “FILM - “sottotitolo: ”Settimanale di Cinematografo, Teatro e Radio” - del 14 agosto 1943. Nella rubrica Marotta risponde abbastanza a lungo (47 righe di tondo 6) al sottoscritto. Evidentemente gli avevo scritto una lettera in difesa di Giovanni Mosca, che allora i giovani ed in giovanissimi (non avevo ancora 14 anni) adoravano. E Marotta –che pubblicava le risposte ma non le domande, non so se per guadagnare spazio o per pigrizia, io non so se ne sarei capace – scrive che dovrà rassegnarsi o ad essere l’unico lettore di “Strettamente confidenziale” oppure dovrà ammettere che Mosca “ha inventato non soltanto l’umorismo moderno, ma anche la bussola, il grammofono e l’attaccabottoni”. Dopodiché si mette a parlare d’altro e apre una digressione piena di simpatia per Guareschi, godibile ma che non c’entrava niente con Mosca (anche se allora i due nomi, per via del “Bertoldo” andavano di pari passo e così dovevano fare anche nel dopoguerra, con “Candido”). Lo scrivo qui per far comprendere ai lettori di “Filmdoc” che la mia deve essere chiaramente una malattia infantile e che pertanto debbo essere scusato. Il brano fotocopiato mi ha fatto, perché negarlo, impressione Da quell’estate del 1943 sono passati 61 anni –siamo grosso modo a metà dei 45 giorni badogliani, fra il 25 luglio e l’8 settembre, due date decisive nella storia d’Italia recente, che hanno in certo senso cambiato la mia vita ed il mio modo di pensare - e in quel vertiginoso passato vedo aggirarsi un giovinetto quasi quattordicenne che si chiama non “guidogozzano” ma ”claudiogfava” e già allora immaginava di scrivere sui giornali usando l’iniziale del suo secondo nome per foggiarsi una firma da scrittore americano d’epoca. Confesso che della lettera (adesso mi è tornata in mente) mi ero completamente dimenticato. Vedermela di fronte, dopo tanti anni e dopo tutto quel che è successo da allora, mi ha fatto una impressione enorme. Soprattutto pensando alla fragilità dell’occasione. Chi si ricorda ai nostri giorni di Marotta e dello stesso Mosca, pur rilanciato nel dopoguerra per la polemica politica e monarchica senza confini? E fra sessantunanni – dico 61 per simmetria ma ne basteranno dieci – a maggior ragione chi si ricorderà di me? La fatale futilità dell’esistere e del morire, mi salta agli occhi. Meglio passare a qualche lettera non mia ma altrui:

Sono stata all’anteprima del film di Castellitto (“Non ti muovere”) e vorrei chiederle che cosa pensa delle scene di sesso che in codesto ma anche in altri film sembrano diventare obbligatorie e sempre più materialistiche tanto che si può chiedere dove intenda arrivare il cinema, a farsi scuola di pratiche sessuali o semplicemente di manuali per le giovani generazioni visto che i film ormai sono visibili a tutti. Io non rimpiango i tempi in cui i miei mi vietavano “Scandalo al sole” ma insomma c’è un limite a tutto. E i giornali che presentano film come questi in anteprima dovrebbero almeno avvisare i lettori, non le pare ?
Con molta stima, Iolanda BENSI


Quello che lei solleva è un problema grave, un problema, come si dice, di fondo. In effetti riguarda non solo il cinema ma tutte le manifestazioni pubbliche della nostra esistenza che hanno subìto cambiamenti impensabili, appunto 40/50 anni fa (“Scandalo al sole” è del 1959: è assolutamente impossibile restituire, ad uso delle generazioni più giovani di oggi , l’emozione che il film di Delmer Daves suscitò allora; nella stessa misura in cui solo i cinefili ricordano i nomi di molti interpreti: da Richard Egan a Sandra Dee, dall’eccellente Dorothy McGuire a Troy Donahue, da Arthur Kennedy a Constance Ford).
In effetti basta pensare alle sfilate di moda che trovano clamorosi spazi televisivi e che spesso sembrano esibire modelli di “Intimo”, mentre si tratta di abiti “esterni” e per tutti i giorni, per rendersi conto del totale cambiamento di comportamento e di convenzioni che reggono la vita di oggi rispetto a quella non dico di “Strettamente confidenziale” ma di quella di “Scandalo al sole” (lo cito ancora una volta perché lo ha citato lei). Per quel che riguarda le scene d’amore di cui moltissimi film contengono oggi esemplificazioni puntuali e (quasi) minuziose, va detto che il film di Castellitto – sulle tracce di un romanzo scritto, come lei sa, da sua moglie Margaret Mazzantini – le usa almeno con una certa logica narrativa. All’interno del dramma che il protagonista rivive quasi scongelando un momento maniacale della sua esistenza precedente. E comunque con logica narrativa maggiore di quanto non accade in molti film contemporanei ove la ginnastica amorosa – presa a prestito dal film porno senza tuttavia giungere alla conclusioni definitive – è spesso ancor più sfacciata ed immotivata in omaggio ad un rituale d’epoca. Che è ribadito dalla volgarità orripilante del linguaggio medio, che si ormai insinuato a testa alta nel cinema, in quello nostrano ed in quello doppiato, con la stessa aggressiva improntitudine plebea.Potrei continuare - eventualmente riprenderemo il discorso – ma non ho più spazio. Rimando al prossimo numero l’inattesa lettera “anarchica” di una lettrice che si firma, mi pare di capire, “Simona”. Ed un’altra lettera che contiene una commossa testimonianza di fedeltà ai grandi caratteristi italiani del passato (c’è molto di “retro” nella puntata di oggi...).
(Film D.O.C., anno 12, n. 58, Mag.-Ago. 2004)

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