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20 luglio 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY IV

Caro Doc Holliday, ho due domande per lei.
Cosa pensa dell'attività recente dei nostri beneamati cineclub genovesi? Non le pare che stiano perdendo di coraggio, puntando sempre di più su scelte commerciali ?
Cambiando argomento : ricordo che anni or sono Lei condusse uno splendido ciclo sul cinema muto tedesco per la RAI. Ne seguirono altri, altrettanto importanti, su Ferreri, Bunuel…. Ora più nulla. Perché?
Cordiali saluti.
MELA di Sampierdarena


Cercherò di rispondere nell'ordine.
1) Problema Cineclub. E' un problema difficile da risolvere. Ed anche da analizzare. Chi ha conosciuto l'Italia dell'immediato dopoguerra si ricorderà quali fossero l'avventurosa frequentazione, l'entusiasmo commosso e lievemente snobistico ed il gusto carbonaro con cui vennero animati e diretti i cineclub d'epoca (molto spesso eredi, è giusto ricordarlo, dei Cineguf propri delle organizzazioni degli Universitari fascisti, palestra iniziale di tanti giovani che poi cessarono di essere fascisti o si dimenticarono di esserlo stati, e non di rado si ritrovarono nelle sfere dirigenti dei principali partiti italiani, ancor più al centro e a sinistra che a destra). Vi si alimentò una sorta di mistica concettuale e verbale che fu tipica, in certo momenti, nelle scelte di film e di registi: quanto cinema muto, quanto cinema sovietico…un clima che Paolo Villaggio, frequentatore del Cineforum dell'Arecco, riassunse nella famosa frase: "La corazzata Potemkin: una boiata pazzesca!." Ma anche quanta intelligente passione, quale amore di divulgazione, di ricerca, di polemica e quale desiderio di diventare a propria volta protagonisti di cinema in un modo o nell'altro: non a caso dal primo Film Club genovese, quello che aveva la sede in Salita Santa Caterina e organizzava le proiezioni al Postelegrafonico, vennero fuori personaggi disparati ma di indubbio valore: Duccio Tessari, Renzo Marignano, Enrico Rossetti, Giulio Cesare Castello, Tullio Cicciarelli…..per non citarne che alcuni. Da allora ad adesso molti decenni sono trascorsi, mille cose son cambiate, soprattutto la composizione, sia sociale che numerica, delle masse dei telespettatori e la consistenza del mercato. Vale a dire il numero e la qualità delle copie disponibili, senza la quali, anche Catalano sarebbe d'accordo, non si proietta nulla e, soprattutto, non si fanno programmi né buoni né cattivi. Ho cercato di chiarire le situazione attuale in una lunga conversazione telefonica con Giancarlo Giraud, (per tradizione famigliare il nome va pronunciato all'italiana e non alla francese) noto animatore del Film Club "Amici del Cinema". Il quale mi ha detto che la situazione degli approvvigionamenti di film ad uso dei Cineclub è sempre più difficile: i film restano "in vita" sempre meno e sempre più rapidamente vengono avviati alla distruzione (esistono alcuni stabilimenti specializzati nella "macellazione" delle copie) per cui l'alternativa è sempre più quella di mutarsi in una sorta di seconda visione all'antica, cogliendo i film di un certo interesse subito dopo l'uscita e riproponendoli ai soci per una sorta di giudizio d'appello.. Naturalmente in molti casi si cerca di continuare con le rassegne, i cicli, le retrospettive: ad esempio, ricordava Giraud, agli Amici del Cinema sono andate bene due rassegne dedicate a Buñuel (16 film) ed a Bertrand Tavernier (addirittura 19 film, che dovrebbero praticamente costituire, forse con una o due eccezioni documentarie, l'opera omnia del regista di Lione). Mentre al Lumière, forse il più noto dei Cineclub genovesi, ha funzionato bene una retrospettiva di Herzog. Il reperimento delle copie, continua Giraud è diventato cosi difficile che ormai potrebbe costituire un problema anche una "personale" di autori relativamente recenti, come Amelio, Mazzacurati e lo stesso, notissimo, Moretti. Perfino il problema dei costi ci mette lo zampino. La Cineteca Nazionale pone come condizione l'assoluta gratuità della proiezione, ma almeno le 100.000 lire per volta, a titolo di "usura copia", sono di fatto inevitabili.

2) Problema TV. Credo, per semplificare estremamente una situazione molto complessa, che, rispetto ai miei tempi, si saldino due motivi. Da un lato l'obbiettiva difficoltà di reperire titoli acconci, poiché ormai le trattative sono fondamentalmente condotte per "pacchetti", sicché è più difficile pianificare richieste ed acquisizioni mirate in funzione di un uso monografico o monotematico. D'altro lato è tramontata la generazione di programmatori televisivi a cui io ho appartenuto in modo molto visibile per più di vent'anni. E non è stata sostituita se non da una generazione con obbiettivi e gusti ben diversi. Ma è un argomento su cui vorrei ritornare (anche per chiarire, innanzitutto a me stesso, il problema dei cicli da me firmati, un po' diversi, se interrogo la memoria, da quelli citati dal mio amabile corrispondente).


(Pubblicato sul n° 44 Settembre-Ottobre 2001 p. 18)

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