Blog - Crediti


L'audio e i video © del Blog sono realizzati, curati e perfezionati da Lorenzo Doretti, che ha anche progettato l'intera collocazione.
L'aggiornamento è stato curato puntualmente in passato da diverse collaboratrici ed attualmente, con la stessa puntualità e competenza, se ne occupano Laura M. Sparacello ed Elisa Sori.

11 agosto 2010

Ieri, mercoledì 11 agosto 2010, ho inserito nel blog un ricordo ed un ritratto di Bruno Cremer. Per mia colpa nel dettare il testo a Luisa ho commesso diverse imprecisioni ed alcuni piccoli errori stilistici. Pertanto l' ho ricorretto tutto e l'ho doverosamente ampliato, ove necessario. Tant'è vero che la misurazione iniziale era inferiore a quella attuale che conta , come ribadito nella parte finale, 8.716 battute. Chiedo scusa a tutti, e mi auguro che la figura del mio coetaneo Bruno Cremer riceva una giusta consacrazione.


CREMER, UN'ANTICA FEDELTA'

Il 7 agosto 2010 è morto a Parigi Bruno Cremer. Era nato a Saint- Mandé, in Val de Marne, a nove chilometri dalla capitale francese. Grande attore di carattere, aveva al suo attivo più di 80 film oltre a diverse apparizioni televisive, la più nota delle quali è la lunga serie in cui, dal 1991 al 2005, interpretò per almeno 54 episodi la figura del commissario Maigret. A proposito del personaggio è doveroso ricordare che, insieme a Jean Gabin, che lo interpretò in almeno tre film, il più conosciuto in Francia fu Jean Richard, tipico Maigret della televisione francese per almeno 25 anni. Il tutto a testimonianza della forza ipnotica della televisione ed a sconfessione dei giudizi del pubblico. Infatti, giustamente, Simenon considerava Jean Richard uno dei peggiori Maigret che avesse mai visto. Non possiamo conoscere la sua opinione sul Maigret di Bruno Cremer (lo scrittore morì nel 1989 e Cremer esordì nei panni del commissario nel 1991), ma certamente anche Simenon ne avrebbe avuto un’opinione favorevole. Il ritratto del commissario offerto dall’attore è infatti corposo, pesante e sottilmente intriso degli umori del personaggio, quale l’abbiamo potuto conoscere nei libri.
A questo riguardo ho pagato di persona. Quando a RaiDue regnavo incontrastato su tutta la “fiction” di acquisto, di fronte allo schiacciante successo francese (anche per me incomprensibile) della serie interpretata da Jean Richard, decisi a malincuore di importare il prodotto in Italia. Non fu un fallimento totale ma non ripeté l’enorme successo francese, giusto per ribadire la fondamentale differenza, con qualche eccezione, fra il pubblico televisivo italiano e quello di Francia. L’operazione conserva un sapore particolare visto che io sono considerato un simenoniano, e particolarmente un maigrettiano di assoluta fedeltà (approfitto per ricordare che nel 2004, insieme a Gianni Da Campo e Goffredo Fofi, partecipai alla stesura a tre mani di un libro intitolato appunto “Simenon, l’uomo nudo”). Appunto all’interno di questa assoluta fedeltà venne ascritta anche la mia prima e semi-sfortunata operazione di attingere al mercato simenoniano francese. Tanto più curioso appare quindi il mio rapporto con il Maigret di Bruno Cremer. Nel 1991 ebbe luogo a Parigi un tentativo, intelligente ma complessivamente sfortunato, di aprire nella capitale francese un mercato televisivo in grado di far concorrenza a quelli fortunatissimi di Cannes. Si chiamava, tanto per usare il “franglais”, “Paris Screening”, e chiuse dopo pochi anni. Debbo riconoscere che era una comoda iniziativa perché tutto aveva luogo all’interno di un grande albergo parigino, ove erano collocati gli uffici delle ditte venditrici e le salette di visionamento (non era ancora l’epoca dei DVD). In sostanza uno usciva dalla camera al mattino e senza lasciare il palazzo si costruiva un suo personale percorso professionale. In quella occasione io fui ovviamente il primo, fra gli acquirenti italiani, ad essere interpellato per visionare una nuova versione delle avventure del commissario Maigret, centrate su un attore francese di notevole peso (anche fisico). Si trattava appunto di Bruno Cremer, che io conoscevo molto bene, avendo egli contribuito in modo decisivo al successo di un piccolo film, ambientato in Indocina e girato nel 1965, e cioè “La 317ème Section” di Pierre Schoendoerffer (in Italia venne battezzato “317° Battaglione d’assalto”, scelta assurda dato che in francese “section” equivale a plotone, e comunque non lo vide nessuno). E’ un piccolo capolavoro, che segue il progressivo disfacimento di un reparto di ausiliari indigeni dell’esercito francese pressappoco ai tempi del crollo di Dien Bien Phu. Un film che consacrò fra gli appassionati il nome del regista, il quale fino a quel momento era stato soprattutto un fotografo dell’esercito, e ribadì il talento di due attori. Uno, che lavorò molto anche in Italia, è Jacques Perrin, qui nei panni di un giovane sottotenente appena uscito da Saint-Cyr. E l’altro è appunto Bruno Cremer, il quale disegna in modo impareggiabile la figura di un “adjutant” di origine alsaziana (si chiama Willsdorf), presumibilmente un “malgré nous”, reclutato a forza dai tedeschi come accadde appunto in Alsazia, che si era salvato in Russia e si salvò poi anche qui in Indocina. Non era il primo film di Cremer ma era il primo in cui acquistava una clamorosa dimensione divistica, grazie alla quale impose per decenni la sua controllata recitazione e la sua cauta ed eloquente forza visiva. Da quel momento sino ai giorni nostri ebbe la possibilità di disegnare dei grandi attori di carattere o dei coprotagonisti, in cui lo spessore, avaro ma eloquente, del suo modo di “jouer”, risaltava spesso con notevoli risultati. Fino a quando nel 1991, appunto, gli fu offerta la possibilità di essere (ancora) un Maigret del piccolo schermo. A Parigi io fui il primo italiano, grazie alla mia fama, a cui venne sottoposto il prodotto. Che io amai sin dall’inizio, gustando la collocazione scenografica, di costumi, di ambiente e di recitazione, che era tipica degli anni ’50. In effetti il commissario era una creatura letteraria che trascolorava dagli anni ’30 agli anni ’50, ma non oltre: tutto il suo mondo è rimasto prevalentemente un mondo d’epoca, in una Parigi di bistrôt, di telefoni a gettone, di locali tenuti da alverniati, di vecchi borghesi arroganti, di occasionali poliziotti corsi, vale a dire lo sfondo tipico di tanti romanzi di Simenon. Vedendo il programma lo apprezzai, ma mi resi anche conto che avrebbe fatto fatica ad affermarsi nel mercato televisivo italiano, proprio per le caratteristiche prima ricordate (non dimentichiamo che il Maigret televisivo tutt’ora preferito dai nostri connazionali, è quello rispettoso ma molto italianamente caratterizzato, tipico degli episodi interpretati da Gino Cervi, in una Francia ovvia ma ammiccante, che sa più di lambrusco che di pernod). Dopo un lungo tormento di coscienza dirottai la richiesta sui rappresentanti di RaiTre, che alla fine, in effetti, comprarono il programma e lo lanciarono in Italia, con qualche ovvia difficoltà (era il momento finale della mia carriera televisiva, in cui avevo bisogno di prodotti ad effetto immediato, tipo “Beautiful” o anche “Miami Vice”). Io sapevo che, date le caratteristiche stilizzate del programma, il successo in Italia, ove ci fosse stato, sarebbe arrivato molto lentamente. Il problema è che, per fortuna, il successo francese ha poi consentito di mantenere anche una più che decorosa programmazione italiana in una grande rete privata, come adesso mi sembra di ricordare. Nell’originale, come precisato all’inizio, in 14 anni di programmazione, dal 1991 al 2005, Bruno Cremer ha fatto a tempo ad impersonare il commissario Maigret in ben 54 episodi televisivi, imponendosi, come una delle figure simenoniane in televisione di più lungo cammino (con un solo difetto, che ho riscontrato in tutti gli interpreti del personaggio e perfino nei testi di Simenon: vi si fuma molto la pipa, ma contrariamente a quel che accade nella realtà, e lo dico da ex-fumatore incallito, non si è mai costretti a pulirla ed a svuotarla con tutti i ferretti esistenti che via via gli appassionati dell’ordigno sono obbligati a comprare). Mi è sempre rimasto il dubbio di avere sbagliato non acquistando al volo il programma e facendolo poi scivolare verso RaiTre, ma è uno dei tanti interrogativi professionali che mi porto dietro, visto che anche in Italia il Maigret di Cremer è stato ampiamente visto ed ha conquistato un alone assolutamente rispettabile. Ogni volta che mi ci cade l’occhio in televisione mi pongo il problema (“ho sbagliato io?”), ed ogni volta non ho una risposta. Però quel che conta è che su Cremer, grazie al film di Schoendoerffer, ero stato nel giusto sin dall’inizio. Questo è un particolare che non c’entra in questo contesto, ma va ricordato che qualche anno fa, grazie a Gian Luca Farinelli ed a Tatti Sanguineti, riuscì a far fare alla Cineteca di Bologna un omaggio al regista francese (lo conobbi personalmente in quell’occasione) mostrando il suo capolavoro “L’uomo del fiume” (“Le crabe-tambour”, dove purtroppo Cremer non c’era ma cedeva lo spazio allo straordinario Jean Rochefort). Omaggio ribadito quest’anno con la proiezione, in piazza Maggiore, di “317ème Section” introdotta da Serge Toubiana, per molti anni direttore dei “Cahiers du Cinéma”. Tardivamente ho avuto le mie piccole soddisfazioni.
Dopo una carriera decorosissima ma che avrebbe potuto essere anche più brillante, Bruno Cremer è morto di tumore. Era nato il 6 ottobre 1929, ed aveva quindi 11 giorni più di me. Sono curioso di capire come si evolverà questa rivelatrice vicinanza.



Claudio G. Fava

battute: 8.716

Nessun commento: