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25 agosto 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY (26)

A TUTTI. Dall’ultimo numero di “Filmdoc” mi si è accumulata nella cartella un numero notevole di lettere “inevase” (come si diceva nel gergo burocratico di un tempo, e forse anche in quello carcerario).
Cerco adesso di evaderle (!!). Più o meno nell’ordine di giacenza. E riducendo al minimo domanda e risposta così da sistemare il ”pregresso” (vedi gergo).



VITALIANO DARELLI mi aveva chiesto notizia del’”angelico giovinetto” di “Morte a Venezia” di Visconti. E’ svedese, si chiama Bjørn Andresen, è nato a Stoccolma il 26 gennaio 1955. “Morte a Venezia”era il suo secondo film, da allora ha lavorato una quindicina di volte fra cinema e TV. In Internet ho trovato suo risentite confidenze: dice non essere per niente omosessuale – è sposato ed ha avuto due figli - ma che l’esperienza è stata per più versi sgradevole: “Avevo solo 16 anni e Visconti e il suo team mi condussero in un locale gay e mi trovai molto a disagio” E continua su questo tono per diverse righe.
Sandro PASTORINO voleva sapere chi è il regista di “Ho incontrato anche zingari felici”, del 1967. E’ Aleksandar Petrovic, serbo, ovviamente allora jugoslavo, nato (1932) e morto (1994) a Parigi ma svoltosi preferibilmente in patria. In effetti fu uno dei noti autori jugoslavi del periodo ’60-’70. Gli “Zingari” gli valsero il Gran Premio a Cannes. Un altro suo film abbastanza conosciuto fu “Il maestro e Margherita” (1972) con Ugo Tognazzi e Mimsy Farmer. Considerato all’epoca in Jugoslavia molto importante, fu autore di libri di cinema ed insegnante all’Accademia di Arte Dammatica di Belgrado. Di fatto, per quanto mi risulta, è ormai praticamente dimenticato.
Dino CROVETTO. Vuol sapere chi era Nerone nel “Quo vadis” della RAI del 1985. Si tratta dell’eccellente Klaus Maria Brandauer. Il regista era Franco Rossi, autore di cinema forse ingiustamente dimenticato. Nel cast molti altri noti attori, anche di casa nostra: Barbara De Rossi, Massimo Girotti, Philippe Leroy, Leopoldo Trieste (un caro amico, intelligentissimo e in certo modo ingenuo), Gabriele Ferzetti, Françoise Fabian, Georges Wilson. Per non parlare del grandissimo Max von Sydow, l’apostolo Pietro.
Natale CORSO e ALDO SGORBINI chiedono che Film DOC pubblichi ritratti di grandi attori e spiegazioni su vecchi film trasmessi in TV. E’ una richiesta non facile da soddifare, anche per ovvi motivi di costi redazionali In ogni caso, e per mia fortuna, non è di mia competenza decidere in merito. Implicitamente ed esplicitamente giro la richiesta al direttore Piero Pruzzo.
Giovanna e Luca BOTTAZZI sono indignati per le parolacce che si odono nei film. E’ un discorso lungo, perché di fatto rispecchia il modo convulsamente volgare di parlare che è oramai di moda, soprattutto fra i giovani. Ma in realtà lo rispecchia oppure lo eccita e lo promuove? L’eterno problema dell’uovo e della gallina si ripropone qui con la schiacciante inevitabilità di sempre. Mi piacerebbe ritornare sul tema in una delle prossime puntate di PostaDOC.
Lauro DOMINICI mi pone una domanda su Garfield e mi chiede valutazioni e pareri tecnici sul film “Garfield 2”. Credo di non essere all’altezza e vorrei lasciare il campo a chi su intende di animazione più di me. Cercherò di avere una risposta da Claudio Bertieri.



Ultima lettera, per esteso:

Vorrei sapere, se si può, perché nei film moderni, sia italiani che stranieri, è sempre più difficile capire i dialoghi, specialmente se sono le giovani donne a parlare. Non saremo mica diventati tutti sordi. So di non essere il solo a protestare. Ma perché non imparano più la dizione, come invece facevano una volta ?Ah, se rimpiango la Simoneschi, la Pagnani e tante altre!
Fate qualcosa. Grazie, Salutissimi.

Armando GHIGLIONE (Nervi)

Andiamo nell’ordine:
1. Qualcosa facciamo. Almeno Bruno Astori ed io che, da dieci anni, mandiamo avanti, relativamente con pochi aiuti, il Festival “Voci nell’ombra” di Finale Ligure che intende appunto non solo celebrare ma anche analizzare il doppiaggio. Principalmente quello italiano. Di cui segnaliamo ogni anno, per il cinema e la televisione, i risultati migliori. premiando le voci maschili e femminili, le miglior direzioni, eccetera, in modo da dar vita ad una sorta di piccolo Oscar fonetico nazionale.
2. E’ vero. Le voci diventano sempore meno nitide e meno elegantemente articolate. L’ossequio alle ferree regole di pronuncia, un tempo severamente insegnate in Accademia, è sempre più sistematicamente infranto. Mentre, d’altro canto, aumentano i doppiatori “famigliari”, figli e nipoti di doppiatori, che imparano a doppiare in famiglia, diventando prodigiosi tecnicamente ma linguisticamente e foneticamente influenzati dal modo di parlare “circostante” che nel 90% dei casi è quello propriamentre romano e romanesco, visto che l’enorme maggioranza del doppiaggio italiano è pensato, organizzato ed eseguito a Roma.
3. In certo modo il doppiaggio risente della caduta vertiginosa dei modelli “ufficiali” di dizione. Per anni Radio e nei primi tempi anche la Televisione furono un modello fonetico da seguire. La scomparsa dei “lettori” di Telegiornale – lei si ricorda forse la figura irresistibile di “Guglielmo il dentone” impersonato da Alberto Sordi e diretto da Luigi Filippo D’Amico – ha lasciato il campo libero ad un banda di giornalisti e giornaliste dalle voci dialettali anarchiche e provocatorie, ora cupamente rotacistiche ora maniacalmente introverse. E il doppiaggio risponde ed amplifica.Non siamo tutti sordi, forse. Ma parli per lei. Io lo sto diventando, con l’aiuto dell’età, ogni giorno di più. Bel problema per un (teorico) intenditore di voci.


(Film D.O.C., anno 14, n. 70, Nov.-Dic. 2006)

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