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13 agosto 2010

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY (24)


Complimenti per Film DOC n° 65! Ho trovato tutto molto interessante! E quella copertina coi gatti ! Una meraviglia ! E mi servirà anche come calendario. Grazie e grazie anche alla bravissima Pongiglione che non delude mai i suoi ammiratori e ammiratrici, tra cui sono anch’io.
(firma illeggibile)
Genova, 8 novembre


Son stato molto incerto pubblicare la lettera, visto che rivolge complimenti, fra l’altro, anche a Elena Pongiglione, che, come è noto, è mia moglie da alcuni decenni. Tuttavia poiché è esplicitamente indirizzata alla rubrica, e quindi a me, compio un gesto in certo modo autoritario visto che essa esprime un entusiasmo reale, e la pubblico. Tanto più che Elena, ormai da molti anni, contribuisce con la sua vignetta ironica, collocata sempre nella seconda pagina di FilmDOC, a definire spirito, gusto e connotazione grafica, ma non solo grafica, della rivista.



Mi riferisco all’articolo su “Caccia al ladro” (Film DOC n° 64 –n.d.r.). Sono un frequentatore di Montecarlo ed ho visto quella pellicola ma non avevo riconosciuto quei posti ove Hitchcok aveva girato. Sono grato a”Film DOC” per avermeli fatti scoprire e alla prima occasione li visiterò. Posso sapere anche nelle risposte ai lettori se è vero che in America hanno girato una nuova versione del film ? C’è in ballo una scommessa. Grazie e ossequi.
Gianfranco Corvetti

Ho sempre pensato che gli esterni, non solo monegaschi, del film di “Hitch” fossero complessivamente riconoscibili, ma forse è una sensazione sbagliata, dovuta al fatto che la nostra memoria del cinema ha risvolti spesso bizzarri e in certo modo immotivati o superficiali, ma altrettanto spesso rivelatori (nel mio caso dell’antica sensibilità per le lingue ed i dialetti). Un esempio:ogni volta che mi è capitato di rivedere in “Caccia al ladro” la sequenza dell’inseguimento, ambientata, come si ricorderà nel mercato (all’aperto) dei fiori di Nizza, la mia prima reazione per così dire, è sempre stata sonora. Alla prima inquadratura automaticamente mi ricordo di essermi ritrovato nello stesso luogo (è successo più di mezzo secolo fa) e sento, come allora, la voce di un uomo, che rivolgendosi ad uno dei venditori, dice “Basta pià dui fleur” (Basta prendere due fiori). Credo sia stata l’unica volta, nei miei vari viaggi a Nizza all’epoca, in cui mi capitò veramente d’udire parlare nizzardo, l’estremo dialetto provenzale (il “nissart”) che pure, al momento della cessione alla Francia da parte del ama ufficialmente “Rouba capeu” (Ruba cappello). E poco più, creRegno di Sardegna, era l’idioma corrente della gente del popolo (credo lo fosse anche per Garibaldi, che pure era di genitori non nizzardi ma liguri e che in Marina aveva imparato il genovese).


Pubblico la lettera perché riguarda anche me e mi è sta consegnata di persona:

Ai critici del Ducale (intende, ovviamene, “La stanza del cinema”- n.d.r.)
Scusatemi se preferisco scrivere piuttosto che parlare. Ho notato, nel corso di questi anni, che talvolta le vostre valutazioni sui film sono molto discordanti. Si va addirittura da 1 stelletta a 4 stellette. E mi sono allora chiesta se non ci siano in un film alcuni elementi che dovrebbero avere valutazioni simili per tutti i critici, e trovar tutti d’accordo. Per esempio sulla recitazione, valida o no, il giudizio dovrebbe essere unanime, mi pare, così pure sul doppiaggio, sulla validità o meno dal’argomento trattato, interessante o banale, forse sulla colonna sonora, sulla dinamicità o lentezza della narrazione e così via. Tralascio ovviamente regia, sceneggiatura o quant’altro, che trascendono la mia competenza; ma sono indispensabili per determinare la bocciatura o la validità di un film, saltando magari tutti gli altri elementi ? E quando è che un sceneggiturs e una regia sono ben fatte ?Grazie e vi prego di non dare tutto per scontato…almeno per me!

Luciana Pozza

Mi pare una lettera molto interessante. La signora Pozza pone due ordini di problemi: la “differenza” di opinioni che avverte fra i critici mentre invece le sembrerebbero in certo senso non rinunciabili criteri di valutazione generali stabili e coerenti, come le scale Richter o Mercalli per i terremoti o i criteri di misurazione delle pulsazioni. Si badi: Non sto scherzando e non intendo essere ironico. E’ proprio la domanda fondamentale –come si valuta, come si misura l’are in generale , e il cinema in particolare ? - che scaturisce dalle intrecciate domande della signora, ad incitarmi a quel che i politici chiamano una pausa di riflessione. Vorrei che i colleghi del Gruppo Critici (ma non solo loro) si pronunciassero sul tema. E d’altro canto mi parrebbe utile (è stato fatto tante volte, che una in più non guasterebbe) procedere ad alla stesura di una sorta di essenziale glossario del cinema, per evitare di spiegarsi male o di non essere capiti per eccesso di tecnicismo verbale. Intendo tornare sull’argomento.



Rimando alla prossima puntata una sconsolata lettera di Giorgio Rosasco che, ahimè, mi trova totalmente consenziente, Ne riparleremo.


(Film D.O.C., anno 14, n. 66, Gen.-Feb. 2006)

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